Printemps arabe

Les soulèvements populaires qui ont touché les pays arabes vers la fin de l’année 2010 ne sont qu’un prolongement des révolutions colorées.

بقلم

26-07-2017

 


الدعاية الإعلامية هي استخدام وسائل الاتصال للتأثير في عقول كتل بشرية كبيرة وعواطفها، وإغرائها وتحويل وجهة تفكيرها وقيمها بما يخدم أهدافاً اقتصادية وسياسية وثقافية وعسكرية لمنظمي تلك الدعاية، الأهداف التي تتنكر بملفات ذات جاذبية خاصة للمتلقي والتي غالباً ما تتعلق بالحقوق المدنية والحريات.

صدر الكثير من الكتب التي بحثت هذه المسألة، ومنها كتاب (المتلاعبون بالعقول) للناقد الأمريكي هيبريت شيلر، وكتاب (من دفع للزمار؟) للكاتبة فرانسيس ستنر سوندرز، وكتاب نعوم تشومسكي (السيطرة على الإعلام– الإنجازات الهائلة للبروباغندا) الذي قدمته المترجمة أميمة عبد اللطيف بأنه يكشف فلسفة وسياسة التحكم في أجهزة الإعلام ومؤسساته، ويعرض لنا التأثير العميق للإعلام وقدرة البروباغندا على خلق ثقافة الرأي العام. ويعطي الكتاب مثالاً عن أول نجاح هائل لعملية دعائية من هذا النوع أثناء إدارة الرئيس ويلسن الذي كان قد انتخب على أساس برنامج بعنوان (سلام دون نصر) في منتصف الحرب العالمية الأولى، وكان المواطنون الأمريكيون مسالمين جداً، وكان على الرئيس مناقضة برنامجه الانتخابي للدخول في الحرب، فشكلت إدارته لجنة (كريل) للدعاية التي نجحت خلال ستة أشهر في تحويل كل المشاعر السلمية إلى احتقان شعبي واسع ضد ألمانيا ورغبة عارمة في تدميرها، وقد قاد هذا النجاح إلى توظيف التكتيك نفسه لإثارة هستيريا شعبية ضد ما سمي بالخطر الشيوعي، وكذلك ضد كل ما هو إسلامي، فيما بعد.


Traduzzione: Nicola Quatrano (OSSIN)

Una densa folla, un’atmosfera festosa, giovani nel fiore degi anni, slogan incisivi, humor sottile e corrosivo, la foto di un’affascinante ballerina in posa per la posterità [1], giovani che passeggiano per le strade dopo il corteo, altri che baciano i poliziotti o offrono loro dei fiori, bottiglie d’acqua distribuite ai manifestanti, una coppia che abbozza un passo di danza in una strada di Algeri [2] …
Come non essere fieri di questi giovani algerini colmi di vitalità, che mostrano agli occhi del mondo la loro maturità politica, la loro disciplina e il loro pacifismo?
Come non inorgoglirsi per questo risveglio popolare capace di mettere fine a decenni di immobilismo politico che ha provocato il declino di molti settori socio-economici, provocato la fuga dei cervelli e gettato in mare una coorte di «harraga»?
E allora diciamolo: questa rivolta è benefica come la pioggia dopo la siccità, radiosa come un raggio di sole dopo una notte buia e promettente come un bocciolo che spunta dopo un lungo inverno.
Ma, al di là di queste immagini idilliache della contestazione, sorgono diversi interrogativi a proposito di queste manifestazioni popolari.
Sono spontanee? Com’è possibile che siano così bene organizzate? E’ naturale offrire fiori alle forze dell’ordine in un paese in cui non si usa farlo nemmeno in famiglia? Come si spiega il fatto che i giovani puliscano le strade dopo i cortei mentre gli altri giorni quelle stesse strade sono piene di spazzatura? Chi concepisce gli slogan e chi diffonde, attraverso i media sociali, gli avvisi delle manifestazioni o degli scioperi di studenti in tutto il territorio nazionale e perfino all’estero? Come mai l’ironia e il sarcasmo sono così ampiamente utilizzati come arma di protesta?
Per rispondere a queste domande, e a molte altre, bisogna tornare ai movimenti di contestazione non violenta simili a questo, che hanno scosso diversi paesi dall’inizio del secolo.

Le rivoluzioni colorate

Le rivolte che hanno sconvolto il paesaggio politico dei paesi dell’Est o delle ex Repubbliche sovietiche sono state chiamate «rivoluzioni colorate». La Serbia (2000), la Georgia (2003), l’Ucraina (2004) e il Kirghizistan (2005) ne costituiscono alcuni esempi.
Tutte queste rivoluzioni, conclusasi con successo, hanno avuto per protagonisti dei giovani attivisti locali filo-occidentali, studenti impetuosi, blogger impegnati e insoddisfatti del sistema.
Molti studi e libri hanno trattato questi fenomeni politici. A titolo di esempio, citiamo l’articolo esaustivo e dettagliatissimo sul ruolo svolto dagli Stati Uniti nelle «rivoluzioni colorate», di G. Sussman e S. Krader della Portland State University che riassume il fenomeno in questo modo:
«Tra il 2000 e il 2005, i governi alleati della Russia in Serbia, in Georgia, in Ucraina e in Kirghizistan sono stati rovesciati da rivolte senza spargimento di sangue. Nonostante i media occidentali sostengano in generale che si sia trattato di sollevazioni spontanee, di origine locali e popolari (potere del popolo), le «rivoluzioni colorate» sono invece il risultato di una vasta pianificazione. Gli Stati Uniti, soprattutto, e i loro alleati hanno esercitato sugli Stati postcomunisti un impressionante assortimento di pressioni e hanno utilizzato finanziamenti e tecnologie in funzione di “aiuto alla democrazia [3]” ».
Il coinvolgimento di numerose organizzazioni statunitensi è stato accertato in modo inequivoco. Parliamo della United States Agency for International Development (USAID), della National Endowment for Democracy (NED), dell’International Republican Institute (IRI), del National Democratic Institute for International Affairs (NDI), della Freedom House (FH), dell’Albert Einstein Institution (AEI) e dell’Open Society Institute (OSI) [4],[5].
Queste organizzazioni sono tutte statunitensi e sono finanziate dal governo USA o da capitali privati statunitensi [6]. A titolo di esempio, la NED è finanziata dal Congresso e i fondi vengono getsiti da un consiglio di amministrazione nel quale sono rappresentati il Partito Repubblicano, il Partito democratico, la Camera di Commercio degli Stati Uniti e il sindacato American Federation of Labor-Congress of Industrial Organization (AFL-CIO), laddove l’OSI fa parte della Fondation Soros, dal nome del suo fondatore George Soros, il miliardario statunitense, illustre speculatore finanziario.
Quanto al ruolo della NED, viene utile riprendere la dichiarazione (del 1991) di Allen Weinstein, direttore del gruppo di studio che ha promosso la fondazione di questa organizzazione: «Molto di quello che noi [NED] facciamo oggi veniva fatto segretamente, 25 anni fa, dalla CIA» [7]. Da parte sua, il presidente della NED, Carl Gershman, ha dichiarato nel 1999 che la «promozione della democrazia è diventata un terreno stabile dell’attività internazionale e un pilastro della politica estera statunitense» [8]. Insomma, tutte queste organizzazioni statunitensi sono specializzate nella «esportazione della democrazia», nella misura in cui questo serve alla politica estera degli Stati Uniti.
La NED lavora per il tramite di quattro organizzazioni distinte e complementari che le sono affiliate. Oltre all’IRI e al NDI, ingloba anche il Center for International Private Enterprise (CIPE — Camera di Commercio degli Stati Uniti) e l’American Center for International Labor Solidarity (ACILS — Centrale sindacale AFL-CIO), meglio noto come il Solidarity Center [9].
Diversi movimenti sono stati messi in campo per realizzare le rivolte colorate: Otpor(«Resistenza») in Serbia, Kmara («E’ abbastanza!») in Georgia, PORA («E’ l’ora») in Ucraina e KelKel («Rinascita») in Kirghizistan.
Il primo, Otpor, è quello che ha provocato la caduta del governo jugoslavo di Slobodan Milosevic. Guidato da Srdja Popovic, Otpor predica l’ideologia di resistenza individuale non violenta, teorizzata dal filosofo statunitense Gene Sharp. Professore emerito di scienze politiche all’Università del Massachusetts, quest’ultimo è stato anche ricercatore a Harvard e sarebbe stato, si dice, un candidato potenziale al premio Nobel per la pace nel 2009 [10], 2012 [11] e 2013 [12].

 

Srdja Popovic


La sua opera «From Dictatorship to Democracy» (Dalla dittatura alla democrazia) ha ispirato tutte le rivoluzioni colorate. Disponibile in 25 lingue (tra cui l’arabo), il libro può essere scaricato gratuitamente in Internet. Gene Sharp è il fondatore dell’Albert Einstein Institution che, ufficialmente, è una associazione senza scopo di lucro, specializzata nello studio dei metodi di resistenza non violenta nei conflitti. Questa organizzazione è finanziata, tra gli altri, dalla NED, dall’IRI e dall’OSI [13].

I contatti tra AEI e Otpor sono cominciati all’inizio dell’anno 2000. L’applicazione scrupolosa dei principi della resistenza individuale non violenta dettati da Gene Sharp ha permesso la rapida caduta del governo serbo. Si è trattato del primo successo della teoria «sharpiana» sul campo, il passaggio dalla teoria alla pratica.
Forti della loro esperienza nella destabilizzazione dei regimi autoritari, gli attivisti di Otpor, hanno fondato un centro per la formazione di rivoluzionari in tutto il mondo. Esso, il Center for Applied Non Violent Action and Strategies (CANVAS), ha sede nella capitale serba e il suo direttore esecutivo è proprio Srdja Popovic. CANVAS è finanziata, tra gli altri, dall’IRI, da Freedom House, oltre che da George Soros in persona [14].
Uno dei documenti che circolano in rete e che illustra il tipo di formazione fornita da questo centro è «La lotta non violenta in 50 punti» [15], ampiamente ispirata alle tesi di Gene Sharp. Esso indica 199 «metodi di azione non violenta». Possiamo riportarne qualcuno, rispettando la numerazione adottata nel manuale di CANVAS :

  • N°6 : Petizioni di gruppi o di massa
  • N°7 : Slogan, caricature e simboli
  • N°8 : Striscioni, manifesti e pannelli pubblicitari
  • N°12a : Messaggerie elettroniche di massa
  • N°25 : Mostrare ritratti
  • N°28 : Proteste rumorose
  • N°32 : Prendere in giro i governanti
  • N°33 : Fraternizzare col nemico
  • N°35 : Sketch e burle
  • N°36 : Teatro e concerti
  • N° 37 : Canzoni
  • N° 44 : Funerali scherzosi
  • N° 62 : Scioperi di studenti
  • N° 63 : Disobbedienza sociale
  • N° 147 : Non-cooperazione giudiziaria
  • N° 199 : Governo parallelo
Gli esperti serbi di CANVAS hanno efficacemente dato una mano agli attivisti in Georgia (2003) e in Ucraina [16] (2004), ma anche in Libano [17] (2005) e alle Maldive (2008) [18]. Hanno anche operato, ma con minore successo, in Albania, in Bielorussia, in Uzbekistan [19], in Iran [20] e in Venezuela [21].
Il logo adottato da Otpor (e poi da CANVAS) è stato molto utilizzato nelle rivolte successive. E’ un pugno stilizzato che è diventato, col tempo, il marchio della formazione CANVAS. E’ stato ampiamente utilizzato dagli attivisti dei paesi summenzionati.

 

 

Otpor (Serbia) Kmara (Georgia)
Javu (Venezuela) Rivoluzione Verde (Iran)

 

 

Le « primavere » arabe

Le sollevazioni popolari che hanno colpito i paesi arabi alla fine dell’anno 2010, sono null’altro che un prolungamento delle rivoluzioni colorate.
Erroneamente battezzate «primavere» dai media occidentali, hanno ricevuto gli stessi appoggi, gli stessi finanziamenti e lo stesso tipo di formazione [22], con l’aggiunta di uno sviluppo esponenziale delle nuove tecnologie di comunicazione e delle reti sociali.
Quindi, da attivisti, i manifestanti protagonisti delle rivolte si sono trasformati in cyber-attivisti, in quanto la rivolta si è sviluppata più nel cyber-spazio che in quello reale. L’organizzazione, la mobilitazione, gli inviti a manifestare, la sincronizzazione e la diversità delle azioni sul campo non sarebbero mai stati tanto efficaci senza le nuove tecnologie. Wael Ghonim, uno dei più noti attivisti della «primavera» egiziana, ci ha perfino scritto un libro intitolato «Rivoluzione 2.0» [23].
Le organizzazioni di «esportazione della democrazia» hanno aiutato a crare quello che Pierre Boisselet [24], un giornalista francese, ha chiamato «la lega araba del Net». In questo modo, molti attivisti-blogger provenienti da diversi paesi arabi sono stati formati alle nuove tecnologie e messi in rete tra di loro e con degli esperti [25].
Vi sono stati diversi incontri di questa «lega araba», ben prima dell’avvio delle «primavere» arabe (e altre ve ne sono state poi). Ricordiamo, per esempio il secondo «Arab Bloggers Meeting» che ha avuto luogo a Beirut dall’8 al 12 dicembre 2009, cui hanno partecipato più di 60 cyber-attivisti provenienti da 10 paesi arabi [26]. C’erano le «vedette» arabe del Net: i Tunisini Sami Ben Gharbia, Slim Ammamou e Lina Ben Mhenni, gli Egiziani Alaa Abdelfattah e Wael Abbas, il Mauritano Nasser Weddady, il Bahreini Ali Abdulemam, il Marocchino Hisham AlMiraat, il sudanese Amir Ahmad Nasr, la siriana Razan Ghazzaoui, ecc. [27]

 

Sami Ben Gharbia Alaa Abdelfattah Ali Abdulemam
Amir Ahmad Nasr Hisham AlMiraat Nasser Weddady
Lina Ben Mhenni Razan Ghazzaoui Slim Amamou

Alcuni esponenti della « Lega araba del Net »

 

E non è tutto. I giganti del Net (Twitter, YouTube, Google, Facebook, ecc.) hanno collaborato col Dipartimento di Stato USA e le organizzazioni di «esportazione della democrazia» per riunire i cyber-attivisti nel 2008, 2009 e 2010 [28]. Lo hanno fatto sotto l’egida dell’AYM (Alliance of Youth Movements), la cui mission è chiaramente spiegata sul suo sito: i) individuare dei cyber-attivisti nelle regioni di interesse; ii) metterli in contatto tra di loro, con degli esperti e degli esponenti della società civile; e iii) sostenere formandoli, consigliandoli e procurando loro una piattaforma per avviare i contatti e svilupparli col tempo [29].
La segretaria di Stato dell’epoca, Hillary Clinton, è intervenuta di persona al summit AYM del 2009. D’altronde quest’ultima ha sempre esaltato le nuove tecnologie durante tutte le «primavere» arabe. «Internet è diventato lo spazio pubblico del XXI secolo»; «le manifestazioni in Egitto e in Iran, alimentate da Facebook, Twitter e YouTube, riflettono la potenza delle tecnologie di connessione quali acceleratori del cambiamento politico, sociale ed economico» ha dichiarato il 15 febbraio 2011 [30].
Oltre all’addestramento per muoversi nel cyber-spazio, alcuni attivisti arabi sono stati iniziati alle tecniche di CANVAS anche per quanto riguarda l’organizzazione delle manifestazioni nello spazio reale. Un caso di scuola è quello dell’Egiziano Mohamed Adel, il portavoce del «Movimento del 6 aprile» [31]. Ha infatti affermato, in un’intervista ad Al Jazeera (trasmessa il 9 febbraio 2011), di avere fatto uno stage da CANVAS nell’estate del 2009, ben prima dei moti di piazza Tahrir [32]. Nell’occasione, prese familiarità con le tecniche di organizzazione delle folle e coi comportamenti da adottare di fronte alle violenze poliziesche: «Ero in Serbia e ho imparato l’organizzazione di manifestazioni pacifiche e i modi migliori per opporsi alla brutalità dei servizi di sicurezza», confidò in questa intervista. Poi fu lui stesso a formare altri formatori [33]. Questa informazione è stata confermata da Srdja Popovic: «Sì, è vero. Abbiamo soprattutto formato dei giovani del Movimento 6 aprile», ha confessato a un giornalista svedese [34].

 



Mohamed Adel e Srdja Popovic (Serbia, 2009)

Foto estratta dal documentario dal titolo : « Mondo arabo : l’onda d'urto » [35]


E’ per tale ragione che alcuni dei «metodi d’azione non violenta» raccomandati da CANVAS sono stati ampiamente osservati nel corso delle manifestazioni che hanno fatto tremare le piazze arabe. Specialmente il pugno di Otpor, firma di CANVAS, è stato abbondantemente utilizzato dai cyber-attivisti arabi, dall’Atlantico al Golfo.

 

Egitto Tunisia Marocco
Libia Bahrein Siria

 

 

 

Algeria


Algeria 2011: la «primaverizzazione» abortita

Come tutti i paesi arabi della zona MENA «Middle East and North Africa» (letteralmente, «Medio Oriente e Africa del Nord») secondo la classificazione della NED, nemmeno l’Algeria è stata risparmiata dall’ondata «primaverile» del 2011 giacché, bisogna dirselo, questo paese è uno dei (se non il) più oggetto di interesse della regione. Sono stati attivate le stesse reti e le già citate organizzazioni hanno lavorato per «esportarvi la democrazia».

La «primavera» non ha avuto tuttavia presa sulla popolazione algerina a causa, probabilmente, della memoria dolorosa del decennio nero e sanguinoso che tanti lutti aveva provocato in tutta la nazione. Ciò non toglie che gli attori della rivolta siano stati all’opera.

Quella contestazione venne organizzata dal Coordinamento nazionale per il cambiamento e la democrazia (CNCD), che raggruppa diversi partiti politici, ONG e sindacati. Tra i firmatari della prima versione del CNCD (in seguito si è divisa), troviamo la Lega algerina per la difesa dei diritti dell’uomo (LADDH), il Sindacato nazionale autonomo del personale dell’amministrazione pubblica (SNAPAP), il partito «Raggruppamento per la cultura e la democrazia» (RCD), il partito «Fronte delle forze socialiste» (FFS), Fodil Boumala, l’associazione «SOS Disparus» e il Rassemblement Actions Jeunesse (RAJ) [36].
Consultando i rapporti annuali della NED vediamo che la LADDH ha ricevuto sovvenzioni statunitensi nel 2002 [37], 2004 [38], 2005 [39], 2006 [40] e 2010 [41] (guarda la tabella che segue).

 

Ligue Algérienne de Défense des Droits de l’Homme (LADDH)

ANNO

Totale($)

2002

20 000

2004

---

2005

20 000

2006

40 000

2010

37 000


Lo SNAPAP, invece, ha stretti rapporti col Solidarity Center (uno dei quattro componenti della NED) come si legge nella pagina «Algeria» del sito di questa organizzazione [42].
Il 4 marzo 2011, agli esordi della «primavera» algerina, la direttrice del Dipartimento Internazionale del Solidarity Center, Cathy Feingold, scrisse una lettera al Presidente Abdelaziz Bouteflika, manifestandogli inquietudine per la violenza poliziesca contro i «manifestanti pacifici» in Algeria e precisando che «noi [il Solidarity Center] notiamo con viva preoccupazione che, tra le persone recentemente rimaste ferite, c’è anche il dirigente sindacale Rachid Malaoui, presidente del settore pubblico dell’Unione Sindacale Nazionale autonoma del personale dell’amministrazione pubblica (SNAPAP)» [43].
Cathy Feingold inviò una seconda lettera al Presidente Bouteflika il 14 ottobre 2011. Il nome del «militante di primo piano del CNCD», M. Malaoui, vi viene citato tre volte [44]. E la signora Feingold sembrava bene informata sulla situazione politica algerina (probabilmente in tempo reale).
Il RCD, invece, è un partito il cui presidente era Saïd Sadi quando le manifestazioni antigovernative riempivano le piazze di Algeri. Il nome di questo politico si trova nel cablo WikiLeaks 07ALGIERS1806 [45], in data 19 dicembre 2007. Il documento mostra che Saïd Sadi ha avuto discussioni politiche abbastanza «spinte» con l’ambasciatore statunitense a Algeri.
Il redattore del cablo aggiunge che Saïd Sadi paragonava il governo del presidente Bouteflika a «una banda di Tikrit», allusione fatta a Saddam Hussein e alla sua regione d’origine in Iraq. L’ex capo del RCD è giunto al punto di chiedere un «sostegno esterno»: «Sadi ha messo in guardia gli Stati Uniti dei pericoli a lungo termine che potrebbero derivare dal silenzio mantenuto su quello che egli percepisce come un deterioramento della democrazia algerina, come hanno dimostrato le elezione locali. Secondo Sadi, un sostegno estero è essenziale alla sopravvivenza della democrazia e al coinvolgimento proficuo dei giovani algerini - 70 per cento della popolazione – nella vita politica ed economica».
Sulla sua pagina Twitter, Fodil Boumala, cofondatore della CNCD, si presenta come «scrittore-giornalista, cyber-attivista, militante dei diritti dell’uomo, oppositore politico indipendente. Fondatore di Res Publica II (ONG) su Facebook & YouTube» [46]. Aggiungiamo che Boumala si è fatto conoscere dal pubblico algerino animando delle trasmissioni politiche alla televisione nazionale algerina.
Il 20 gennaio 2012, una conferenza dal titolo «La primavera araba, un anno dopo: rivolta, ingerenza e islamismo» è stata organizzata a Montreal [47]. Oltre me, gli altri conferenzieri invitati erano Fodil Boumala e Mezri Haddad (da Parigi in collegamento Skype).
Il dibattito è stato assai animato e la discussione molto viva. E’ stato durante una di queste discussioni che Fodil Boumala ha dichiarato che, in uno dei suoi viaggi negli Stati Uniti, era stato ricevuto dal presidente Obama in persona. Vero è che l’amministrazione USA ha facilmente aperto le porte dei suoi uffici più prestigiosi ai cyber-attivisti arabi, che sono stati ricevuti da responsabili di primo piano. Se quanto confessato da Fodil Boumala fosse vero, sarebbe tuttavia uno dei pochissimi ad avere ottenuto un incontro a questo livello di importanza.

Hillary Clinton e il cyber-attivista egiziano Bassem Samir (Washington 2010)

Secondo il sito e-Joussour, «SOS Disparus», questa organizzazione che compare tra i fondatori del CNCD, è «una associazione algerina di sostegno e consulenza giuridica e amministrativa alle famiglie delle migliaia di vittime di sparizione forzata in Algeria […]. «SOS disparus» è stata fondata nel 2001, dopo la nascita, nel 1998, in Francia, del Collettivo delle famiglie degli spariti in Algeria (CFDA) per iniziativa di un piccolo gruppo di famiglie. La nostra associazione lavora in costante collaborazione col CFDA che funge da interfaccia tra le famiglie algerine e le istanze internazionali di protezione dei diritti dell’uomo, come l’ONU o la Commissione africana dei diritti dell’uomo» [48].
Quindi «SOS disparus» lavorerebbe in stretta collaborazione con il CFDA, che è un’associazione di diritto francese registrata a Parigi (Francia).
D’altra parte, sul sito del CFDA, si può leggere che «a settembre 2001, il CFDA è riuscito ad aprire il suo primo ufficio in Algeria, col nome di SOS Disparu(e)s, a strutturare il movimento delle madri degli(delle) spariti(e) e offrire a tutte le vittime assistenza nelle procedure amministrative e giudiziarie, oltre che un’assistenza psicologica. In seguito, un altro ufficio di SOS Disparu(e)s è stato aperto a Orano e diversi comitati di famiglie sono stati creati nel resto del paese» [49].
Deve quindi constatarsi che «SOS disparus» non è alla fine altro se non una «succursale» algerina del CFDA, la sua casa madre francese.
Bisogna anche evidenziare che il CFDA non è sconosciuto alla NED, anzi! Tra tutte le organizzazioni che figurano nella lista «Algeria» della NED, è quella che ha ricevuto con maggiore regolarità sovvenzioni statunitensi. La tabella più sotto le riassume.


Collectif des Familles de Disparus en Algérie (CFDA)

Anno

Totale ($)

2005

40 000

2006

43 500

2007

46 200

2009

38 200

2010

40 000

2011

40 000

 

Da precisare che il CFDA e «SOS Disparus» lavorano spesso insieme, in coalizioni che comprendono anche altre associazioni similari, come «Soumoud» e «Djazaïrouna» [50], [51].
Infine notiamo che il RAJ ha ottenuto un finanziamento di 25 000 $ dalla NED nel 2011 [52].


Algeria 2019: la «primaverizzazione» in marcia

Dal 22 febbraio 2019, le piazze algerine conoscono una effervescenza senza precedenti. Qualcuno sostiene addirittura che non si è mai visto niente di simile dopo l’indipendenza del paese. La stampa nazionale e internazionale non lesinano elogi alla maturità politica dei giovani algerini, al loro grande senso dell’umorismo e alla loro organizzazione esemplare.
I media e numerosi «analisti», assidui frequentatori dei salotti televisivi, hanno anche parlato di «spontaneità» della rivolta. Una simile affermazione dimostra  incompetenza abissale, memoria corta o faziosità.

  • Della spontaneità delle rivolte non violente
«Queste manifestazioni sembrano spontanee. E’ questo che dà loro forza. Tuttavia quasi ogni dettaglio di esse è studiato […]. Qualche ingrediente sapientemente gestito e solo un anno di preparazione si dimostra più efficace delle bombe».
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, queste frasi non hanno niente a che vedere con l’Algeria o le rivolte delle piazze arabe. Esse sono tratte da un articolo scritto nel gennaio 2005 da Régis Genté e Laurent Rouy sulle rivoluzioni colorate [53], le cui conclusioni confermano quelle di G. Sussman e S. Krader, citate all’inizio di questo lavoro [54].
Sempre a questo proposito, ecco il commento di Ivan Marovic, ex attivista serbo di Otpor e formatore di CANVAS: «Le rivoluzioni vengono spesso considerate spontanee. Sembra che della gente sia semplicemente scesa in piazza. Ma sono in realtà il risultato di diversi mesi o anni di preparazione. E’ una cosa noiosissima fino a quando non si raggiunge un certo livello in cui si riesce a organizzare delle manifestazioni o degli scioperi partecipati. Se la cosa viene accuratamente pianificata, nel momento in cui cominciano, tutto si risolve in qualche settimana» [55].
In una delle sue numerose conferenze pubbliche, Sjrda Popovic spiega: «Vi hanno mentito sul successo e la spontaneità delle rivoluzioni non violente. Quando vi capita di vedere un giovane in piazza che fraternizza con la polizia o i militari, qualcuno lo ha organizzato in precedenza» [56].
A proposito delle attuali manifestazioni in Algeria, Michaël Béchir Ayari, ricercatore e analista politico, non crede alla spontaneità del movimento: «A Algeri, sono rari i manifestanti che affermano che questo movimento sia del tutto spontaneo. La maggior parte dice di non farsi illusioni, sapendo bene che vi sono attori nell’ombra appartenenti a diversi settori della società algerina, che alimentano il movimento senza averlo suscitato. Molti di questi partecipano infatti alle proteste o le appoggiano discretamente». [57]
Di fatti, l’apparente spontaneità di questi movimenti popolari è, non solo, «seducente», ma si accompagna sempre ad un effetto sorpresa, e l’incredulità di molti è umanamente comprensibile. Niente infatti eguaglia una bella rivolta spontanea e popolare per l’immaginario collettivo e il romanticismo rivoluzionario. La rivolta di David contro Golia, la rivalsa del debole contro il potente, del popolino armato solo della sua fede contro il tiranno onnipotente…
Eppure l’ex presidente statunitense Franklin D. Roosevelt (1882-1945) ci aveva ben avvertito: «In politica niente accade per caso. Se succede qualcosa, potete scommetterci che era stata programmata».
E il caso algerino non fa certo eccezione, come spiegherò più sotto.

  • Della partecipazione di cyber-attivisti algerini alla «lega araba del Net» e ai corsi di formazione di CANVAS
Non c’è alcun motivo perché degli Algerini non debbano essere stati inclusi nel programma di «esportazione della democrazia». L’Algeria è un paese giovane, ricco e geostrategicamente molto importante. Essa è governata da una classe politica che non è diversa dai suoi vicini «primaverizzati», oltre a costituire l’ultimo bastione del «fronte del rifiuto» arabo.
La lista dei partecipanti al secondo «Arab Bloggers Meeting» di Beirut, già citato in precedenza, rivela che vi erano anche dei cyber-attivisti algerini [58]. L’informazione è stata confermata dal celebre cyber-attivista tunisino Slim Amamou, quando gli è stato chiesto se avesse avuto dei contatti o degli scambi di esperienza con altri cyber-dissidenti del mondo arabo, tra cui l’Algeria: «Prima di tutto, c’erano rapporti già prima della rivoluzione [tunisina]. Vale a dire che la rivoluzione non è cominciata nel dicembre 2010. […] E ci si aiuta vicendevolmente […] la rete già esiste. I cyber-dissidenti e gli attivisti egiziani sono nostri amici. E abbiamo amici in Bahreïn, in Siria, in Yemen… In Algeria, io personalmente non ne ho tanti, ma sono certo che ci sono connessioni già attivate […]. Questo, era prima della rivoluzione. Loro ci hanno sostenuto e noi abbiamo sostenuto loro […]. Ed è reciproco: quando c’è bisogno di loro, loro ci sono; quando loro hanno bisogno di noi, noi ci siamo. Ed è tutta una rete, non ci sono frontiere. Dopo la rivoluzione, i rapporti ci sono ancora, e crescono ancora» [59].
In un articolo del New York Times del 13 febbraio 2011, David D. Kirkpatrick e David E. Sanger riferiscono le parole di Walid Rachid, uno degli esponenti del «Movimento del 6 aprile» egiziano: «Tunisi è la forza che ha smosso l’Egitto, ma quel che l’Egitto ha fatto sarà la forza che smuoverà il mondo».
Walid Rachid fa anche menzione del fatto che alcuni esponenti del suo movimento hanno avuto scambi di esperienze con movimenti giovanili smiliari in Libia, in Algeria, in Marocco e in Iran [60].
Per quanto concerne la formazione di CANVAS, Mohamed Adel ha riconosciuto di essere andato in Serbia insieme a quattrodici altri militanti Algerini ed Egiziani [61].
Riassumendo, si può dunque affermare che alcuni attivisti algerini sono stati addestrati alla gestione del cyber-spazio nell’ambito dei programmi di «esportazione della demcorazia» verso il mondo arabo, ma anche alle tecniche di azione non violenta, mantenendo nel contempo solidi contatti coi loro omologhi nei paesi arabi già «primaverizzati».

  • Della dualità della comunicazione nelle rivolte non violente
In un articolo a proposito del movimento Otpor, Slovodan Naumovic spiega che l’azione politica di questo movimento consiste nell’elaborare delle campagne di comunicazione dette negative e positive: «Le prime mirano a costruire un capitale di simpatia e di fiducia [verso il movimento] da parte della popolazione. […]  Le seconde, dette negative, utilizzano tecniche piene di immaginazione, di humor e di buon umore, e ricorrono spesso alla satira per rendere evidente l’assurdità del regime. L’azione negativa mira a screditare definitivamente il regime di fronte alla pubblica opinione». [62]
Questa dualità è stata ampiamente usata nelle manifestazioni delle piazze arabe, ma anche più recentemente in Algeria

 

Algeria 2019 Tunisia 2011
Algeria 2019 Egitto 2011
Algeria 20192019 Tunisia 201111 2011
Algeria 2019 Egitto 2011
Algeria 2019 Egitto 2011


Qualche esempio di campagna negativa

Diverse azioni sono state realizzate sul terreno per dare un’immagine attrenete e simpatica del movimento e, quindi, elaborare una campagna di comunicazione positiva. Citiamo ad esempio l’entusiasmo, il buon umore, l’insistere sul carattere non violento e cordiale delle manifestazioni, la distribuzione di bottiglie d’acqua, la pulizia delle strade dopo le manifestazioni, ecc.

 

Qualche esempio di campagna positiva


Da notare che questi sono proprio i «metodi di azione non violenta» dettati dal manuale CANVAS, in particolare i numeri 7, 8, 28, 32 e 37.
A proposito del ripulire le strade dopo le manifestazioni, che tanto ha colpito la stampa nazionale e internazionale, bisogna dire che si tratta di una pratica molto usata nelle manifestazioni non violente.
Già nel 2003, il movimento georgiano Kmara aveva fatto della ripulitura delle strade il proprio cavallo di battaglia di campagne battezzate «Clean Up Your Street» e «Clean Up Your Country» («Ripulite le vostre strade» e «Ripulite i vostri paesi»). Tali obiettivi semplici e pratici hanno tutti contribuito alla divulgazione delle finalità del movimento KMARA, rendendolo popolare in pochissimo tempo [63].
Più prossimi all’Algeria, anche gli attivisti egiziani sono ricorsi a questo metodo per attirarsi la simpatia del popolo e dare un’immagine positiva del movimento.
Chi conosce l’Egitto (e il Cairo in particolare) sa che la pulizia delle strade è stato il peggior fallimento dei vari governi del paese. Vedere dei giovani che puliscono le strade, non solo evidenzia l’incompetenza del governo, ma evoca il sogno di un futuro pulito, sano e di radiosa felicità.
E’ un po’ il caso anche dell’Algeria, dove la pulizia delle città lascia a desiderare, per non dire altro.

 

Pulizia delle strade dopo le manifestazioni (Egitto 2011)

  • Della fraternizzazione col «nemico» nelle rivolte non violente

Nel vocabolario di CANVAS, la non violenza ha per nemico le istituzioni cui è affidato l’uso della violenza nei regimi autocratici, in questo caso è la polizia e l’esercito. Per Sjrda Popovic, è indipensabile che i manifestanti non abbiano un’immagine minacciosa e aggressiva contro i pilastri della forza che sono la polizia e i militari: «Fin dagli esordi, abbiamo sempre tentato di fraternizzare con la polizia e l’esercito, offrendo loro fiori e dolci, piuttosto che gridare e lanciare pietre. Questo modello ha funzionato efficacemente nel mondo intero, soprattutto in Georgia e in Ucraina. Una volta che si sia compreso che i poliziotti sono solo degli uomini in uniforme, la percezione cambia e la persuasione opera». [64]
Come ha chiarito Popovic, quest’azione di simpatizzare coi detentori della forza è efficacissima e conforme ai principi della lotta non violenta. Ecco qualche immagine di distribuzione di fiori.

 

Serbia 2000 Georgia  2003
Ucraina 2004 Kirgizistan 2005
Le rivoluzioni colorate

 

Egitto Tunisia
Yemen Bahrein

Le "primavere" arabe


 

Algeria 2009



E la fraternizzazione non si limita a offrire fiori


Fraternizzazione col "nemico" (Algeria 2019)


Queste due ultime foto sono da confrontare con le seguenti

Tunisie 2011

Serbie 2000

  • Del’humor nelle rivolte non violente
Uno dei caratteri più evidenti delle manifestazioni algerine è certamente quella dell’humor. Cartelloni, slogan e accorgimenti testimoniano di una creatività senza limiti e di uno spiccato senso dell’humor.
Eppure questo tratto di carattere non è davvero proprio all’Algeria: fa parte integrante dei metodi di protesta utilizzati nella lotta non violenta.
Sjrda Popovic considera l’humor come uno strumento potentissimo: «L’humor fa davvero male perché quei tizi là si prendono sul serio. Quando cominciate a burlarvi di loro, questo fa male», [65]
Secondo il direttore di CANVAS, «[La creatività e l’humor sono] assolutamente cruciali. L’humor e la satira, marchio di fabbrica di Otpor, sono riusciti a far passare un messaggio positivo, ad attirare un pubblico il più ampio possibile e a dare ai nostri avversari – quei burocrati dalla testa grigia e squadrata – un’aria stupida e ridicola. Cosa ancora più importante, è riuscita a spezzare il clima di paura e ispirare la società serba esausta, delusa e apatica della fine degli anni ‘90». [66]

 

Humor (Algeria 2019)

Questo humor è apparso anche nei paesi arabi che hanno avuto dei movimenti di contestazione. Ecco qualche esempio egiziano.

Humor (Egitto 2011)

Un autro tipo di humor, questo più funebre, è indicato al numero 44 e si chiama «Simulacro di funerali» nel manuale di CANVAS. E’ stato utilizzato in Algeria il 1° marzo 2019, per simulare i funerali del presidente Bouteflika avvolto in una bandiera marocchina:

 

 

L’analisi della varie azioni realizzate durante le manifestazioni algerine dimostra che anche altri punti della lista dei «199 metodi di azione non violenta» di CANVAS sono stati utilizzati sul campo. Sarebbe però noioso enumeralrli qui tutti.

  • Dei recenti finnziamenti della NED
Dopo lo scandalo delle rivelazioni sui finanziamenti concessi agli attivsiti arabi dalla NED e da altre organizzazioni di «esportazione» della demcorazia durante la «primavera» araba, si sarebbe pensato cher questi «banchieri della rivolta» avessero cessato le loro attività o, almeno, avessero cominciato ad agire con maggiore discrezione. Non è così.
L’ultimo rapporto annuale della NED, per il 2018 sull’Algeria, dimostra che sono state finanziate 3 organizzazioni algerine (vedi la tavola seguente).


OrganizzazioneTotale ($)
Center for International Private Enterprise (CIPE) 234 669
Fédération Euro-Méditerranéenne Contre les Disparitions Forcées 30 000
Associazione Djazairouna 26 000
Finanziamenti NED 2018 (Algeria)
Sul sito ufficale del CIPE [67], si legge:
«Il CIPE è uno dei quattro istituti principali del National Endowment for Democracy e una filiale della US Chamber of Commerce.[…] Al CIPE, pensiamo che la democrazia sia al massimo quando il settore privato è in piena espansione. Collaborando coi nostri partner locali, associazioni professionali, camere di commercio, gruppi di riflessione, università e organizzazioni per la difesa dei diitti, il CIPE contribuisce a creare un ambiente favorevole alla prosperità delle imprese. Questo può accadere solo se le istituzioni fondamentali della demcorazia sono forti e trasparenti. Noi siamo a disposizione per dare una mano a costruire queste istituzioni. E’ la nostra mission, è la nostra forza».
Quindi si capisce bene che il CIPE è anche una organizzazione che ha per missione l’«esportazione della democrazia».
In Algeria il CIPE ha relazioni anche col think tank CARE (Circolo di Azione e Riflessione sull’Impresa) :
«In Algeria, questa organizzazione locale è partner storico di CIPE, CARE (il circolo di azione e riflessione sull’impresa), un’associazione di imprese e think tank algerini. Le consultazioni hanno rivelato che, a differenza di molti altri paesi in cui il CIPE opera, il consenso sui problemi in Algeria è prossimo al 100%» [68]
La «Fédération Euro-Méditerranéenne Contre les Disparitions Forcées» (FEMED) è un’organizzazione internazionale con sede in Francia. Raggruppa 26 associazioni di 12 diversi paesi. In Algeria le associazioni affiliate sono il CFDA, «SOS Disparus», Djazaïrouna e Somoud [69].
La presidente della FEMED è Nassera Dutour, fondatrice e (attualmente) portavoce del CFDA.
E’ superfluo ricordare che il CFDA e «SOS Disparus» sono stati membri attivi del CNCD nel 2011.
Più recentemente, a margine della rivolta popolare algerina, è nato un collettivo di organizzazioni dal nome «Collettivo della società civile algerina per un’uscita pacifica dalla crisi». Tra i componenti di questo gruppo, ritroviamo: la LADDH, il RAJ, Djazaïrouna, Somoud, «SOS Disparus» e lo SNAPAP [70].
Tutte queste organizzazioni hanno (o hanno avuto) rapporti con la NED.

  • Del ruolo del cyber-spazio nelle rivolte non violente
Va da sé che è lo spazio reale ad essere il teatro degli eventi e che è in questo spazio che si vince o si perde. Ecco cosa dice in proposito Sjrda Popovic: «La lotta non violenta si vince nel mondo reale, nelle piazze. Non riuscirete mai a cambiare la vostra società in senso democratico restando solo seduti a cliccare» [71].
Tuttavia l’uso del cyberspazio, questo spazio etereo e liberato, ha permesso di coordinare gli sforzi, organizzare le azioni da realizzare sul campo, condividere le informazioni e trasmettere le istruzioni perché le manifestazioni si uniformino ai principi di base della lotta non violenta, come spiegato in precedenza.
Inoltre le campagne positive e negative descritte prima si realizzano in internet, attraverso le reti sociali. A dire il vero, le azioni di questo tipo lanciate nel cyber-spazio sono state più numerose e virulenti di quelle realizzate nello spazio reale. Il cyber-spazio infatti non dorme e non ha limiti temporali e geografici. I video, le canzoni, le parodie delle canzoni, gli sketch e i clip adattati sono stati (e sono sempre) assai efficaci.
In proposito, occorre evidenziare che taluni video non avevano nulla di amatoriale, Al contrario, sono stati realizzati da professionisti e hanno certamente richiesto un supporto materiale e finanziario.
Per distrubuire ai manifestanti le istruzioni per conformarsi alla lotta non violenta sul terreno, sono stati divulgati dei video in internet. Per esempio, quello che è circolato per la preparazione della manifestazione del 1* marzo 2019 e intitolato «Qualche raccomandazione per la marcia di domani 01/03/2019… condividete fratelli» [72], contiene 16 istruzioni. Tra esse:

  • E’ vietato insultare o ingiuriare
  • Occorre evitare slogan religiosi/razzisti/regionali
  • E’ vietata ogni forma di violenza o vandalismo
  • E’ assolutamente vietato indossare passamontagna
  • Tutti devono avere la bandiera nazionale
  • Usate il telefono in posizione orizzontale e realizzate dei video di 1-2 minuti da inviare alle pagine
  • Portate delle bottiglie di acqua + dell’aceto [73], nel caso vengano usati gas lacrimogeni
  • Ripulite le strade dopo la manifestazione
  • Non dimenticate di scaricare l’applicazione VPN per evitare l’interruzione di Internet
E’ interessante notare che l’inizio e la fine del video sono punteggiati da espressioni che indicano la medesima appartenenza a un gruppo: «i nostri obiettivi», «la nostra causa», ecc.
Alla fine il video termina con una firma: il pugno di Otpor «algerinizzato».

 

Il potere della gente


D’altronde lo stesso pugno è stato utilizzato negli appelli a partecipare alle manifestazioni (proprio come nel 2011) e in manifesti e striscioni:

 

 

 

Questo video ricorda le analoghe direttive del «Movimento del 6 aprile», trasmesse via internet o distribuite ai manifestanti in piazza Tahrir, di cui ecco qualche esempio:

 

Alcune linee guida messe a disposizione dei manifestanti egiziani (2011)

 

  • Della longevità politica dei cyber-attivisti dopo la «rivoluzione»
Tanto il metodo della lotta non violenta è di temibile efficacia per ottenere la destituzione degli autocrati, tanto esso non ha alcuna incidenza negli avvenimenti successivi.
In un articolo sulle rivoluzioni colorate scritto nel 2007 dal giornalista Hernando Calvo Ospina su Le Monde diplomatique, si legge: «In questi paesi di "socialismo reale", la distanza tra governanti e governati facilita il compito della NED e della sua rete di organizzazioni, che fabbricano migliaia di "dissidenti" grazie ai dollari e alla pubblicità. Una volta ottenuto il cambiamento, però, la maggior parte di loro, e anche le loro organizzazioni di appartenenza, spariscono senza gloria dalla circolazione» [74].
Proprio come i loro «colleghi» che sono stati protagonisti delle rivoluzioni colorate, i cyber-attivisti arabi sono spariti dalla scena politica. La loro rapida evanescenza si deve al fatto che essi non dispongono di alcuna «competenza» (e dunque di alcuna utilità) negli eventi che seguono la caduta dei regimi. Occorre comprendere che la formazione dei dissidenti da parte delle organizzazioni statunitensi di «esportazione» della demcorazia è centrata esclusivamente sulla denuncia della stupidità dei regimi, senza nulla insegnare in termini di azione politica successiva.
In Tunisia, il cyber-attivista Slim Amamou è stato nominato segretario di Stato per i giovani e lo sport tre giorni dopo la fuga del presidente Ben Ali, nel primo governo Ghannouchi [75] post-benaliano. Comprendendo questo governo ancora molti ex ministri del presidente deposto, è stato accusato di essere un venduto [76]. E’ stato criticato in Internet per non essersi dimesso, come altri avevano fatto.
In Egitto, Ahmed Maher (cofondatore del «Movimento del 6 aprile») e Mohamed Adel sono stati arrestati a dicembre 2013 per non avere rispettato una legge anti-manifestazioni promulgata il mese precedente [77]. A marzo 2014, sono comparsi dinanzi la Corte di Appello di fronte alla quale avevano impugnato la condanna a tre anni di prigione loro inflitta, accusando i carcerieri di averli picchiati e maltrattati [78]. Ma invano: la pena inflitta ai due leader del «Movimento del 6 aprile» è stata confermata il mese successivo [79]. Sempre sulle rive del Nilo, il cyber-dissidente Alaa Abdelfattah è stato da poco scarcerato, dopo 5 anni di prigione [80].
La figura più in vista della contestazione yemenita, Tawakkol Karman[81], è in un triste esilio in Turchia mentre il suo paese viene messo a ferro e a fuoco. Va solo evideniato che il suo Premio Nobel gli ha almeno guadagnato l’ottenimento della nazionalità turca.

 

Mano nella mano: Tawakkol Karman e Hillary Clinton Foto scattata al Dipartimento di Stato (Washington), il 28 ottobre 2011


In Siria, uno degli attivsti più in vista nei media occidentali era Radwan Ziadeh [82]. Membro del Consiglio Nazionale Siriano (CNS) e finanziato dalla NED, questo dissidente ha rischiato di essere espulso dagli Stati Uniti (dove vive) perché la sua richiesta di asilo era stata respinta nel 2017 [83].

 

Hillary Clinton e Radwan Ziadeh


L’analisi degli eventi che hanno seguito sia le rivoluzioni colorate che le «primavere» arabe dimostra in modo chiarissimo che l’ideologia di resistenza individuale non-violenta sviluppata da Gene Sharp è eficace – quando funziona – solo nel rovesciamento degli autocrati. E’ per contro assai debole nella misura in cui non riesce a gestire in alcun modo il caos provocato da questo tipo di sconvolgimento politico. Non appena si esaurisce il ruolo attribuito agli attivisti, sono le forze politiche in campo, alla ricerca di qualsiasi cambiamento importante, ad occupare il vuoto creato dalla caduta del vecchio potere.
La rivolta tunisina, che pure era stata definita giovane, dinamica e «facebookiana», ha prodotto un presidente attuale che, con i suoi oltre 92 anni, è il più vecchio presidente del mondo.
In Egitto, il governo di tipo militare ha ridotto le libertà individuale molto più di quanto non avesse fatto il presidente Mubarak.
Lo Yemen, la Libia e la Siria sono paesi distrutti e i loro abitanti soffrono chi la violenza, chi l’insicurezza, chi l’esilio.
Questo vuol dire che le manifestazioni algerine ci porteranno al caos? Che non avevano giustificazioni? Che i giovani hanno torto a cercare di sbullonare gli autocrati che hanno congelato il paese in un letargo morboso?
Certamente no. Salvo che la storia mostra che le rivolte non violente non danno i risultati attesi perché esse perseguono interessi diveri da quelli del paese. E’ dunque assai importante fare in modo che questa contestazione popolare sia fondamentalmente autoctona e persegua solo ed esclusivamente gli interessi dell’Algeria.

  • Dell’elezione alla moda del «mi piace»
Dall’inizio delle manifestazioni, i nomi di persone candidate a «guidare il destino del paese» hanno inondato il cyber-spazio. Alcuni hanno avanzato una pedina, altri un’altra come se si trattasse di votare per un candidato di un reality show. Nessun programma presentato, nessun progetto spiegato né alcun embrione di agenda politica. I messaggi, le foto e i video condivisi a sazietà (probabilmente da troll cyber-attivisti), hanno elevato alcuni personaggi al rango di supremi salvatori della nazione.
E perché non proporre un governo chiavi in mano, visto che ci siamo? E’ quanto è stato proposto dal Comotato di inziativa e vigilanza civica (CIVIC) sul quotidiano El Watan mentre paracadutava il direttore del suddetto giornale al posto di Ministro della libertà di espressione [84]! Un nuovo ministero su misura, non è vero? Conoscendo l’impegno di questo giornale nella «primaverizzazione» dei paesi arabi, c’è da chiedersi che cosa sarà la vera espressione della libertà.
Sulla stessa lista compare un nome idolatrato da tutte le brave persone del cyber-spazio: il signor Mustapha Bouchachi. Sconosciuto dal grande pubblico solo qualche settimana fa, eccolo catapultato alle massime funzioni in termini di potenzialità.
In realtà il signor Bouchachi è stato presidente della LADDH dal 2007 al 2012 e i rapporti della NED mostrano che questa lega è stata finanziata quando lui era presidente (nel 2010).
D’altra parte il suo predecessore alla testa della LADDH, il signor Hocine Zahouane, l’ha accusato di avere rapporti col Dipartimento di Stato USA:  [85]
«Il signor Bouchachi è stato invitato dal Dipartimento USA per gli affari esteri a recarsi in Turchia e in Oman per assistere ai chiarimenti forniti da Condoleezza Rice e Saud Al Fayçal sulla politica statunitense del Grande Medio Oriente».[86]
In questo governo di fantasia, il portafoglio della Cultura e delle Arti spetta a null’altri se non allo scrittore Kamel Daoud. Quello stesso che aveva definito i suoi compatrioti degli «stupratori potenziali» nella vicenda di Colonia e che si era posto la domanda «In che cosa i musulmani sono utili all’umanità?»[87], oggi non smette di lodare i manifestanti esaltandone l’educazione, l’ordine, il senso ecologico, il rispetto per gli altri e, soprattutto, l’assenza di molestie sessuali durante le manifestazioni [88]. Non aveva sostenuto che il «mondo detto’arabo’ è un peso morto per il resto dell’umanità»? E di quale cultura deve diventare il difensore e promotore? Di quella che prima denigrava?
Queste tre persone non sono certo le uniche i cui nomi e i cui video si incongtrano nel cyber-spazio, anzi! Alcuni ex esponenti del CNCD oltre che alcuni noti islamisti sono venuti fuori dalla loro ibernazione politica, cavalcando l’onda della contestazione e agitandosi al suono degli «Irhal» e «Vattene».
I media sociali ci hanno quindi inondato di «candidature» improbabili come quelle di animatori di talk-show o di commentatori sportivi, come se la capaictà di governare un paese si misurasse sulla forza delle onomatopee emesse quando viene segnato un goal.
Mentre l’Algeria vive dei momenti critici, questa corsa alle poltrone e questi cambi di casacca per ragioni economiche sono assolutamente indecenti. Non è possibile criticare un sistema elettorale basato sulla «chkara» [89] e pretendere di sostiuirlo con un altro basato sui «like».

Conclusioni

Le manifestazioni pacifiche che hanno scosso il nostro paese e che hanno messo a dura prova il deleterio «sistema» che lo governava hanno evidenziato un volto assai positivo dei nostri giovani. Riuscire a «cacciare» un potere politico moribondo nella gioia e nel buon umore, senza alcun incidente di rilievo, è non solo esemplare, ma anche salutare per l’avvenire dell’Algeria.
Tuttavia il modus operandi di queste manifestazioni, conforme ai principi fondamentali della lotta non violenza di CANVAS mostra che, 19 anni dopo la Serbia e 8 anni dopo l’inizio delle «primavere» arabe, l’Algeria registra a sua volta una rivoluzione colorata. Questo modo di operare testimonia anche dell’esistenza di un gruppo di cyber-attivisti che sono stati formati dalle officine di «esportazione della democrazia» e che sono attive tanto nello spazio fisico che nel cyber-spazio.
E l’unica risposta a questo cartello ("Questa non è una Rivoluzione colorata"):

"Questa non è una Rivoluzione colorata"

è il celebre quadro di René Magritte ("Questa non è una pipa"):

 


Questo gruppo, insieme a talune ONG algerine, devono capire che il fatto di lavorare per interessi diversi da quelli del proprio paese può solo portare al caos, e gli esempi sono numerosi.
Quando nel 2000 venne chiesto a un giovane militante serbo di Otpor la sua opinione sugli Stati Uniti – che avevano aiutato e formato il movimento -, rispose di essere contro questo paese, ma che non lo disturbava troppo essere parzialmente controllato dalla CIA [90]. Un punto di vista leggermente diverso da quello di Slim Amamou che ha riconosciuto anch’egli di essere stato aiutato dagli USA, ma ha aggiunto che «se ne fotteva completamente» della CIA [91].
Che ingenuità! I finanziamenti concessi da queste organizzazioni «democratizzanti» non hanno ninete di filantropico, ma producono vantaggi per i paesi donatori. Una volta che la gente accetta il denaro, accetta anche le condizioni che lo accompagnano.
Secondo diversi osservatori, gli interessi a beneficio dei quali lavorano i cyber-attivisti possono essere sia interni che esteri (o una combinazione di entrambi). In tutti i casi, l’interesse del nostro paese deve essere posto al di sopra di ogni altra considerazione.
L’analisi della «rivoluzioni» non violente negli altri paesi dimostra che la fase che segue la caduta del tiranno è molto più delicata della precedente. E’ da essa che dipende il successo o il fallimento di una rivolta. L’arroganza, la testardaggine e l’ostinazione sono pessimi consiglieri in questo periodo.
Facciamo in modo che questa sollevazione popolare si concluda con successo, e che una nuova Algeria sorga. Un’Algeria piena di promesse per un popolo che tanto vi ha sperato.

 


Note
[1] Chamseddine Bouzghala, « "Poetic protest", histoire d'une photo qui a marqué la mobilisation algérienne », France 24, 9 marzo 2019,

[2] Khalid Mesfioui, « Manif anti-système à Alger: ce beau couple qui a dansé sous la pluie », Le 360, 23 marzo 2019,

[3] G. Sussman et S. Krader, « Template Revolutions : Marketing U.S. Regime Change in Eastern Europe », Westminster Papers in Communication and Culture, University of Westminster, London, vol. 5, n° 3, 2008, p. 91-112,

[4] Leggere, ad esempio, Ian Traynor, « US campaign behind the turmoil in Kiev », The Guardian, 26 novembre 2004,

[5] Vedere l’eccellente documetario di Manon Loizeau, « États-Unis à la conquête de l’Est », 2005. Lo si può guardare all’indirizzo che segue:

[6] Per maggiori dettagli, leggere Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, Capitolo 2 : Les révolutions colorées.

[7] F. William Engdahl, « Géopolitique et “révolutions des couleurs” contre la tyrannie », Horizons et débats, n° 33, ottobre 2005,

[8] Michael Barker, « Activist Education at the Albert Einstein Institution: A Critical Examination of Elite Cooption of Civil Disobedience », Indymedia, 21 luglio 2012,

[9] National Endowment for Democracy (NED), «Idea to Reality: NED at 25 »,http://www.ned.org/about/history

[10] Ruaridh Arrow, « Gene Sharp : Author of the nonviolent revolution rulebook », BBC, 21 febbraio 2011,

[11] Mikael Holter, « Peace Institute Says Nobel Rankings Favor Sharp, Echo of Moscow», Bloomberg, 2 ottobre 2012,

[12] TVC, « Academic Gene Sharp nominated for Nobel Peace Prize », 9 ottobre 2013,

[13] Michael Barker, Op. Cit.

[14] Maidhc Ó. Cathail, « The Junk Bond “Teflon Guy” Behind Egypt’s Nonviolent Revolution », Dissident Voice, 16 febbraio 2011,

[15] Disponibile in diverse lingue (compresi arabo e farsi), questo manuale può essere scaricato gratuitamente dal sito ufficiale di CANVAS

[16] Slovodan Naumovic, « Otpor ! Et « La révolution électorale » en Serbie », Socio-anthropologie, 2009, N°23-24, p. 41-73,

[17] Ahmed Bensaada, «La rivoluzione della monnezza», 13 ottobre 2015,

[18] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Yes! Magazine, 7 ottobre 2010,

[19] Slovodan Naumovic, Op. Cit.

[20] William J. Dobson, « The Dictator's Learning Curve: Inside the Global Battle for Democracy », Random House Canada Limited, Toronto, 2012

[21] Max Blumenthal e Dan Cohen, « Come è stato inventato Juan Guaidò, leader del colpo di Stato in Venezuela », www.ossin.org, 31 gennaio 2019,

[22] Per maggiori dettagli, leggere uno dei libri di Ahmed Bensaada : « Arabesque américaine - le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe », Éd. Michel Brulé, Montréal (Canada), 2011, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016.

[23] « Wael Ghonim: Creating A 'Revolution 2.0' In Egypt », NPR, 9 febbraio 2012,

[24] Pierre Boisselet, « La “ligue arabe” du Net », Jeune Afrique, 15 marzo 2011,

[25] Per maggiori informazioni, leggere Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, Capitolo 3 : Les nouvelles technologies.

[26] Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », 8-12 dicembre 2009,
Da notare che questo incontro formativo è stato co-finanziato dall’OSI di G. Soros

[27] Per vedere le foto del « Second Arab Bloggers Meeting 2009 »,

[28] Ahmed Bensaada, « Gli Stati Uniti e la « primavera » araba », www.ossin.org, dicembre 2011,

[29] Movements.org, « About »  http://www.movements.org/movements/pages/about/

[30] « Hillary Clinton milite pour la liberté sur Internet », Le Monde, 16 febbraio 2011,

[31] Fondato da Ahmed Maher e Israa Abdel Fattah, il « Movimento del 6 aprile », è stata la punta di lancia della contestazione popolare in Egitto e il principale artefice della caduta di Hosni Mubarak.

[32] Al Jazeera, « People & Power — Egypt : Seeds of change », 9 febbraio 2011,

[33] Id.

[34] Tomas Lundin, « La révolution qui venait de Serbie », Svenska Dagbladet, 2 marzo 2011,

[35] Sofia Amara, « Monde arabe : onde de choc », Canal + (Spécial Investigation, 52 min), 2011.

[36] Algeria Watch, « Pour une Coordination nationale pour le changement et la démocratie : Communiqué », 23 gennaio 2011,

[37] Sourcewatch, « Algerian League for the Defense of Human Rights »,

[38] Id.

[39] NED, « Algeria », 2005 Annual Report,

[40] NED, « Algeria », 2006 Annual Report,

[41] NED, « Algeria », 2010 Annual Report,


[43] Cathy Feingold, « Letter from AFL-CIO International Director Cathy Feingold to Algerian President Abdelaziz Bouteflika, », 4 marzo 2011,

[44] Cathy Feingold, « Letter from AFL-CIO International Director Cathy Feingold to Algerian President Abdelaziz Bouteflika », 14 ottobre 2011,

[45] WikiLeaks, « Câble 07ALGIERS1806 »,http://wikileaks.mediapart.fr/cable/2007/12/07ALGIERS1806.html

[46] Twitter, « Fodil Boumala », https://twitter.com/FodilBoumala1

[47] Conferenza « Le printemps arabe, un an après: révolte, ingérence et islamisme », Università del Québec a Montréal,  20 gennaio 2012,

[48] e-Joussour, « SOS disparus », http://www.e-joussour.net/node/1104

[49] Collectif des Familles de Disparu(e)s en Algérie (CFDA), « Historique et présentation »,

[50] Appello della « Coalition d’associations de victimes des années 1990 », 8 ottobre 2011,

[51] Adlène Meddi, « Algérie : les victimes des violences des années 1990 élaborent une contre-charte », El Watan, 24 settembre 2010,

[52] NED, « Algeria », 2011 Annual Report

[53] Régis Genté e Laurent Rouy, « Dans l’ombre des “révolutions spontanées” », Le Monde diplomatique, gennaio 2005,

[54] G. Sussman e S. Krader, Op. Cit.

[55] Tina Rosenberg, « Revolution U », Foreign Policy, 16 febbraio 2011,

[56] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », YouTube, 22 novembre 2011,

[57] Michaël Béchir Ayari , « En Algérie, la rue met le pouvoir face à ses contradictions », ICG, 7 marzo 2019,

[58] Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », Op, Cit.

[59] Algérie-Focus, « Interview de Slim404, le blogueur tunisien devenu ministre », 28 giugno 2011,

[60] David D. Kirkpatrick e David E. Sanger, « A Tunisian-Egyptian Link That Shook Arab History », New York Times, 13 febbraio 2011,

[61] Sofia Amara, « Monde arabe : onde de choc », Op. Cit.

[62] Slovodan Naumovic, « Otpor ! Et « La révolution électorale » en Serbie », Op. Cit.

[63] Kandelaki, G. and G. Meladze, « Enough! Kmara and the Rose Revolution in Georgia ». In Joerg Forbrig and Pavol Demeš (Eds.), Reclaiming Democracy. Civil society and Electoral Change in Central and Eastern Europe. Pp. 101- 125. Washington DC (2007),

[64] Bryan Farrell e Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Op. Cit.

[65] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », Op. Cit.

[66] Bryan Farrell e Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Op. Cit.

[67] Center for International Private Enterprise (CIPE), https://www.cipe.org/

[68] CIPE, « Algeria », https://www.cipe.org/projects/algeria/

[69] FEMED, « Associations algériennes membres de la FEMED »,

[70] El Watan, « Collectif de la société civile algérienne pour une sortie de crise pacifique : Feuille de route pour l’instauration de la nouvelle République », 20 marzo 2019,

[71] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », Op. Cit.

[72] YouTube, « Quelques recommandations pour la marche de demain 01/03/2019…partagez mes frères », messo online il 28 febbraio 2019,

[73] Nota: la 7° direttiva riguardante l’aceto per proteggersi dai gas lacrimogeni era stata una raccomandazione fatta dai cyber-attivisti tunisini a quelli egiziani, come raccontano Kirkpatrick e Sanger, Op. Cit.

[74] Hernando Calvo Ospina, « Quand une respectable fondation prend le relai de la CIA », Le Monde diplomatique, luglio 2007

[75] Mohamed Ghannouchi era primo ministro del governo tunisino sotto la presidenza di Ben Ali.

[76] Lea-Lisa Westerhoff, « Slim Amamou : Ministre gazouilleur », Écrans, 10 febbraio 2011,

[77] Laura King e Amro Hassan, « 3 prominent Egyptian activists say they have been abused in prison », Los Angeles Times, 10 marzo 2014,

[78] Id.

[79] AFP, « En Égypte, peines de prison confirmées pour plusieurs figures de la révolte de 2011 », Libération, 7 aprile 2014,

[80] Egypt Today, « Activist Alaa Abdel Fattah released after 5 years in prison », 29 marzo 2019,

[81] Per maggiori dettagli, leggere Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, pp. 132-14

[82] Id, pp. 148-158

[83] The Washington Post, « Syrian activist was State Dept. ally; now US won't grant him asylum », 2 luglio 2017,

[84] Nazef Ali, « Amendement et mise en œuvre de l’appel du CIVIC », El Watan, 27 marzo 2019,

[85] Tahar Fattani, « Zehouane s'en prend au FFS l’accusant d’instrumaliser les droits de l’homme », L’expression, le 21 marzo 2010,

[86] Per maggiori dettagli, leggi Ahmed Bensaada, « Kamel Daoud, Cologne contre-enquête », Ed. Frantz Fanon, Alger, 2016

[87] France Inter, « Kamel Daoud livre son analyse des manifestations en Algérie et sur le régime Bouteflika », 8 marzo 2019,

[88] Etimologicamente « le sac ». Espressione che fa riferimento alla corruzione

[89] Gérard Mugemangando e Michel Collon, « “Être en partie contrôlé par la CIA ? Ça ne me dérange pas trop” », Investig’Action, 1 ottobre 2000,

[90] Algérie-Focus, « Interview de Slim404, le blogueur tunisien devenu ministre », Op. Cit.





TOTALE ($)

 

Traducción: Purificación González de la Blanca


Escondida en un sinnúmero de valles bucólicos de los montes Zagros, la ciudad de Paveh se encuentra en la provincia de Kermanshah. Esta región del extremo oeste de Irán, en la frontera de Irak, está poblado principalmente por los kurdos sunitas, lleva con orgullo el "chalouar" y el cinturón de tela ancho. Situado a unos treinta kilómetros de la frontera entre Irán e Irak, Paveh no habría podído mantener más que el encanto rústico de su paisaje y de sus caminos sinuosos a lo largo de los huertos de árboles frutales si esta no fuera su posición geoestratégica, la intenciones bélicas de los países vecinos y la manipulación de las minorías étnicas de Irán.

 

Danza kurda en Irán: "chalouar" y ancho cinturón de tela

 

Ya en 1979 Paveh fue el epicentro de la rebelión kurda tras la caída del Sha y la proclamación de la República Islámica de Irán. [1] Es en esta región que durante la guerra Irán-Irak, los opositores iraníes de la Organización de Muyahidines del pueblo iraní (Mujaheddin-e-Khalq, MEK), un movimiento militar armado por las autoridades iraquíes trataron de invadir Irán marchando hacia Kermanshah. Fueron aplastados por el ejército iraní. [2]

 

Paveh, a una treintena kilómetros de la frontera entre Irak-Irán

 

El 7 de junio, Teherán fue golpeado por un doble atentado terrorista sangriento doble, que causó 17 muertos y decenas de heridos. Según fuentes oficiales, cuatro de los cinco terroristas eran iraníes de origen kurdo. [3] Algunos de ellos eran de Paveh [4] [5], como Serias Sadeghi, un individuo conocido por los servicios de seguridad iraníes y considerado un reclutador notorio para Daech en el Kurdistán iraní. [6] Algunas fuentes, por otro lado, dijo que estos terroristas estaban involucrados en el pasado en los ataques contra los salones de belleza femeninos en la región Paveh, considerados contrarios a la moral. [7]


Vídeo atribuido a los terroristas que han perpetrado los attentados de Teherán.
El individuo con capucha negra es probablemente Serias Sadeghi

 

Mientras que en Noruega, el jefe de la diplomacia iraní, el Sr. Javad Zarif, acusó a Arabia Saudí de estar detrás de estos ataques y otros que afectaron a la frontera oriental del país a finales de abril. "Tenemos información que muestra que Arabia Saudita está participando activamente en la promoción de los grupos terroristas que operan en el este de Irán", dijo al tiempo que añadía: "En Occidente, las mismas actividades de tipo se llevan a cabo, de nuevo, al abusar de la hospitalidad diplomática de nuestros otros vecinos". [8]

 

 

M. Javad Zarif acusa a Arabia Saudita de ser responsable del terrorismo en Irán

 

Hay que decir que los saudíes, impulsados por el apoyo del indecente presidente  Trump, no se han molestado en proferir amenazas veladas contra Irán. De hecho, unas semanas antes del ataque fatal, Mohammed Ben Salmane, Vice-Príncipe heredero del reino de Arabia (que recientemente se convirtió en el príncipe de la corona), hizo la siguiente declaración: "No vamos a esperar a que la batalla se lleva a cabo en Arabia Saudita. En su lugar, lo haremos de tal modo que ellos tengan que  entrar en acción en Irán". [9]

Apenas unas horas antes de los ataques terroristas, el ministro de Exteriores saudí, Adel Jubeir, había declarado, por su parte,  que Irán debe ser castigado por su interferencia en la región y el apoyo de las organizaciones terroristas. [10]

 

 

Adel Jubeir y Mohammed Ben Salmane


Esta temeridad de empuje tartarinesque de los Al Saud, casualmente, fraguó justo después de la visita del presidente de Trump que les reservó nada menos que su primer viaje al extranjero, por primera vez en la historia de los Estados Unidos.

Recibido a cuerpo de rey, con la danza del sable y un grotesco  collar de oro, el presidente de Estados Unidos arrastró su mecha rebelde en el palacio saudí, en donde  desfilaron Melania e Ivanka pelo al viento [11] y, por supuesto, con la firma de contratos astronómicos, incluyendo 110 mil millones dólares en ventas de armas para contrarrestar la "amenaza iraní" (sic). [12] Una manera como otra para desenfocar el sujeto de derecho "JASTA" (justicia contra Patrocinadores del Terrorismo), aprobada durante el gobierno de Obama y especialmente dirigidos al reino wahabí. [13]


Donald "Ibn" Trump recibido con gran pompa en la casa Saud

 

Trump no vuelve sin embargo hacia su torre Manhattiana después de haber reunido al “mundo musulmán”  sobre, en su expresión, "esta tierra sagrada donde se encuentran los lugares sagrados del Islam". [14] Olvidados sus propósitos islamófobos [15], su "prohibición musulmana" [16], sin hablar de su proyecto de  "Archivos musulmanes". [17] Trump ha aprovechado la ocasión para recalentar el concepto de "Bush" de la "batalla entre el bien y el mal" e instó a los líderes musulmanes a "combatir el extremismo islámico". [18] El Presidente Trump y el Rey Salman no perdieron la oportunidad para señalar con el dedo a Irán, su enemigo común. El primer acusado de "apoyar el terrorismo" y el segundo llamado una "punta de lanza del terrorismo global". [19] Se les olvidó mencionar que sus países son parte del club de los mayores patrocinadores del terrorismo yihadista global.

En cuanto al mundo musulmán, hay que reconocer una cierta continuidad entre Trump y su predecesor, Obama. Había comenzado su primer mandato abordando pomposo "discurso de El Cairo" en el mundo musulmán. [20] Por desgracia, conocemos el resultado de su sermón demagógica, la mal llamada "Primavera árabe" está ahí para recordarnoslo a diario. La única diferencia, ciertamente no despreciable, es la elección de la ubicación. Obama eligió la tierra de los Hermanos Musulmanes, mientras que Trump escogió la del wahabismo.

 

 

Trump y los dirigentes de los países musulmanes (Ryad, 21 de Mayo de 2017)

 

 

Obama y su famoso "discurso de El Cairo" (El Cairo, 4 de junio de 2009)

 

La  política de Estados Unidos, decididamente no tiene más que efectos nefastos  sobre el mundo árabe y sus instituciones. La acción de Obama ha acabado con lo que quedaba  de la "Liga Árabe", y la  de que Trump está causando una enorme grieta en los cimientos de CGG (Consejo de Cooperación del Golfo).

En efecto, la visita de Trump  en la "tierra santa del Islam" ha tenido otra consecuencia. Además del ataque contra Irán, el Reino de Arabia ha cortado unilateralmente las relaciones diplomáticas con su vecino Qatar por su "apoyo al terrorismo". [21] Por suerte que el ridículo no mata.

Pieza "Shakespeariana, como la ha calificado el periodista británico Robert Fisk [22]? O real bufonería farsa, sería términos más apropiados. No porque Qatar no es compatible con el terrorismo yihadista (un hecho conocido durante años y que acaban de descubrir los "sabuesos" de Arabia!), Sino porque Arabia Saudita y los Estados Unidos son peores!

La verdadera razón hay que buscarla por otra parte. Y es la alianza estratégica entre Doha y Teherán desafiando a los deseos de la administración Trump y los de sus amigos saudíes. Por otra parte, ya que estamos tan seguros de que Qatar coquetea con el terrorismo islámico, ¿por qué ninguno de los países occidentales - tan sensible al respecto! - se ha pronunciado contra este país?

Después de terrorismo científico que mató a los científicos iraníes [23], la información de terrorismo que dirige su programa nuclear [24], una nueva temporada de ataques terroristas, injustos e irrazonables, acaba de abrir en territorio iraní por la de sus vasallos de Estados Unidos y Arabia Saudita.

La instrumentalización de la juventud [25] (como en las elecciones presidenciales de 2009), exacerbación de las tensiones étnicas, la explotación de los conflictos religiosos o lingüísticos será el medio de elección para tratar de desestabilizar el país.

 

 

El puño de OTPOR (con dos dedos verdes), símbolo de la “revolución verde”, otra nueva “revolución” coloreada Made in USA (Irán, verano 2009)

 

Sin embargo, habría sido preciso deambular por la Avenida "Vali-e-Asr", en Teherán, las noches precedentes a la reciente elección presidencial para ver esta multitud densa y feliz, esta  hermosa joven  iraní, coreando consignas y repartiendo  folletos a favor sus candidatos, para comprender su sed de paz y felicidad.

 

 

La juventud iraní en las calles de Teherán durante las elecciones presidenciales (17 de mayo de 2017)

 

Sin embargo, habría sido suficiente enfilar las rutas pintorescas de Paveh  y su región , admirar sus maravillosos paisajes montañosos,  maravillarse ante esta naturaleza generosa y fecunda ,  contemplar sus bellos pueblos  que aparecen a opción de una curva, para comprender el orgullo de estos hombres vestidos de “chalouars” y anchos cinturones de tejido,  y su profundo apego a su tierra y a la quietud de una vida tranquila y serena.

 


El magnífico pueblo de Quri Qaleh cerca Paveh (Provincia de Kermanshah, Irán)

 



 

[1] BBC, « 1979: Kurdish revolt grows in Iran », 23 août 1979, http://news.bbc.co.uk/onthisday/hi/dates/stories/august/23/newsid_2535000/2535165.stm

[2]Wikipedia, « Operation Mersad », https://en.wikipedia.org/wiki/Operation_Mersad

[3] Louis Imbert, « Iran : après les attentats, les réseaux djihadistes kurdes dans la ligne de mire de Téhéran », Le Monde, 14 juin 2017, http://www.lemonde.fr/proche-orient/article/2017/06/14/iran-apres-les-attentats-les-reseaux-djihadistes-kurdes-dans-la-ligne-de-mire-de-teheran_5144003_3218.html

[4] Thomas Erdbrink, « Iran Kurds Are Implicated in Terrorist Attacks in Tehran », The New York Times, 9 juin 2017, https://www.nytimes.com/2017/06/09/world/middleeast/iran-attack-isis-terrorism.html?_r=0

[6] Ara Bendix, «Iranian Kurds Likely Responsible for ISIS Attacks in Tehran», The Atlantic, 10 juin 2017, https://www.theatlantic.com/news/archive/2017/06/iranian-kurds-likely-responsible-for-isis-attacks-in-tehran/529917/

[7] Voir référence 3

[8] AFP, « Golfe : l'Iran propose un mécanisme de paix et accuse Ryad», Romandie, 13 juin 2017, https://www.romandie.com/news/Golfe-l-Iran-propose-un-mecanisme-de-paix-et-accuse-Ryad/804927.rom

[9] Louis Imbert, « L’Iran se sent acculé par l’agressivité des États-Unis et de l’Arabie saoudite », Le Monde, 8 juin 2017, http://www.lemonde.fr/proche-orient/article/2017/06/08/l-iran-se-sent-accule-par-l-agressivite-des-etats-unis-et-de-l-arabie-saoudite_5140535_3218.html

[10] Al Arabiya English, « Saudi FM: Iran must be punished for its interference in the region », 6 juin 2017, http://english.alarabiya.net/en/News/gulf/2017/06/06/Saudi-FM-Qatar-must-change-its-policies.html

[11] Huffington Post, « Melania et Ivanka Trump sans voile en Arabie saoudite... comme Michelle Obama que Donald Trump jugeait "insultante"», 20 mai 2017, http://www.huffingtonpost.fr/2017/05/20/melania-et-ivanka-trump-sans-voile-en-arabie-saoudite-comme-m_a_22100587/

[12] AFP, «Accueil royal et méga-contrats pour Trump en Arabie saoudite», La Libre, 20 mai 2017, http://www.lalibre.be/actu/international/accueil-royal-et-mega-contrats-pour-trump-en-arabie-saoudite-59206d94cd70022542ef4e34

[13] Le Monde, « Loi « Jasta » : vent de tempête entre Riyad et Washington », 30 septembre 2016, http://www.lemonde.fr/idees/article/2016/09/30/loi-jasta-vent-de-tempete-entre-riyad-et-washington_5006066_3232.html

[14] AFP, « A Ryad, Trump appelle les musulmans à lutter contre l’extrémisme », Libération, 21 mai 2017, http://www.liberation.fr/planete/2017/05/21/a-ryad-trump-appelle-les-musulmans-a-lutter-contre-l-extremisme_1571104

[15]7 sur 7, « Les propos antimusulmans de Trump, le rêve de l'EI », 8 novembre 2016, http://www.7sur7.be/7s7/fr/14716/Presidentielles-USA/article/detail/2966989/2016/11/08/Les-propos-antimusulmans-de-Trump-le-reve-de-l-EI.dhtml

[16] Elodie Hervé, « Muslim Ban": ce qu'il faut savoir du décret anti-immigration de Trump », BFMTV, 30 janvier 2017, http://www.bfmtv.com/international/muslim-ban-ce-qu-il-faut-savoir-du-decret-anti-immigration-de-trump-1092935.html

[17] Le Figaro, « USA : Trump suggère de ficher les musulmans », 20 novembre 2015, http://www.lefigaro.fr/flash-actu/2015/11/20/97001-20151120FILWWW00396-usatrump-suggere-de-ficher-les-musulmans.php

[18] Adrien Jaulmes, « À Riyad, Trump appelle les musulmans à "combattre l'extrémisme islamiste"», Le Figaro, 21 mai 2017, http://www.lefigaro.fr/international/2017/05/21/01003-20170521ARTFIG00196--ryad-trump-appelle-les-musulmans-a-combattre-l-extremisme-islamiste.php

[19] Voir référence 13

[20] La Paix Maintenant, « Discours d’Obama au Caire (texte intégral en traduction française) », The Guardian, 4 juin 2009, https://www.lapaixmaintenant.org/discours-d-obama-au-caire-texte/

[21] Europe 1, « L'Arabie et ses alliés rompent avec le Qatar, accusé de "soutenir le terrorisme" », 5 juin 2017, http://www.europe1.fr/international/larabie-legypte-les-mirats-et-bahrein-rompent-avec-le-qatar-3351101

[22] Robert Fisk, « This is the real story behind the economic crisis unfolding in Qatar », The Independent, 8 juin 2017, http://www.independent.co.uk/voices/qatar-crisis-economy-diplomatic-links-torn-middle-east-russia-hacking-real-story-robert-fisk-a7778616.html

[23] Dan Raviv, « U.S. pushing Israel to stop assassinating Iranian nuclear Scientists », CBS, 1er mars 2014, http://www.cbsnews.com/news/us-pushing-israel-to-stop-assassinating-iranian-nuclear-scientists/

[24] Martin Untersinger, « Stuxnet : comment les Etats-Unis et Israël ont piraté le nucléaire iranien », Le Nouvel Observateur, 04 juin 2012, http://tempsreel.nouvelobs.com/rue89/rue89-internet/20120604.RUE0433/stuxnet-comment-les-etats-unis-et-israel-ont-pirate-le-nucleaire-iranien.html

[25] Ahmed Bensaada, « États-Unis : déstabilisation 2.0 », Afrique Asie, juin 2017, http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=443:2017-06-02-15-53-29&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

 


 

Este artículo ha sido publicado en francés en el número de julio-agosto 2017 de la revista Afrique Asie (pp 34-35).

 

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Escondida en un sinnúmero de valles bucólicos de los montes Zagros, la ciudad de Paveh se encuentra en la provincia de Kermanshah. Esta región del extremo oeste de Irán, en la frontera de Irak, está poblado principalmente por los kurdos sunitas, lleva con orgullo el "chalouar" y el cinturón de tela ancho. Situado a unos treinta kilómetros de la frontera entre Irán e Irak, Paveh no habría podído mantener más que el encanto rústico de su paisaje y de sus caminos sinuosos a lo largo de los huertos de árboles frutales si esta no fuera su posición geoestratégica, la intenciones bélicas de los países vecinos y la manipulación de las minorías étnicas de Irán.


أحمد بن سعادة


ترجمة: علي إبراهيم

4 نيسان/أبريل 2019


حشد كبير, أجواء احتفالية, شباب في مقتبل العمر, شعارات جذرية, فكاهة خفيفة ولاذعة, صورة لراقصة باليه شابة تشعل مواقع التواصل(1), شبان ينظفون الشوارع بعد المسيرات, شبان آخرون يقبّلون رجال الشرطة أو يقدمون لهم الورود, عبوات مياه يتم توزيعها على المتظاهرين, ثنائي يرسم خطوات راقصة في أحد شوارع العاصمة(2)...

كيف للمرء أن لايفتخر بهذه الشبيبة الجزائرية الطافحة بالحياة, والتي أظهرت للعالم نضجها السياسي وانضباطها وسلميتها؟

كيف يمكن للمرء أن لايتباهى بهذه اليقظة الشعبية القادرة على إنهاء عقودٍ من الجمود السياسي الذي ولّد الميوعة لدى قطاعات اجتماعية وافتصادية عديدة, وتسبب بهجرة الأدمغة وبإلقاء أفواج المهاجرين غير الشرعيين في البحر؟

ليكن مايقال أن: هذه الإنتفاضة تحمل الخير مثل المطر بعد الجفاف, والإشعاع مثل الضوء بعد ليلٍ مظلم وهي واعدة مثل البرعم الذي ينمو بعد شتاءٍ طويل.

لكن خلف هذه الصور المثالية للإحتجاج, ترد إلى الذهن عدة أسئلة حول هذه التظاهرات الشعبية.

هل هي عفوية؟ كيف يمكن لها أن تكون على هذه الدرجة من حسن التنظيم؟ هل من الطبيعي تقديم الورود إلى قوات حفظ النظام في بلدٍ لايتواجد فيه مثل هذا التقليد حتى داخل العائلات؟ كيف للشباب أن يقوموا بتنظيف الشوارع بعد المسيرات وفي بقية الأيام تتنائر القمامة في نفس الشوارع؟ كيف يتم تصميم الشعارات, ومن هو الذي يقوم بتوصيل بلاغات الطلاب عن مواعيد التظاهرات والإضرابات إلى وسائل التواصل الإجتماعي في كل أنحاء البلاد وحتى في الخارج؟ لماذا يتم استخدام الفكاهة والسخرية بشكلٍ واسع كسلاح مطلبي؟

للإجابة على هذه الأسئلة وغيرها، يجب العودة إلى حركات الإحتجاج اللاعنفي المماثلة التي هزّت مختلف البلدان منذ بداية هذا القرن.


الثورات الملونة

تم إطلاق اسم "الثورات الملونة" على الإنتفاضات التي هزّت المشهد السياسي في البلدان الشرقية أو الجمهوريات السوفييتية السابقة.  صربيا (سنة 2000), جورجيا (2003), أوكرانيا (2004) وقيرغيزيا (2005) هي بعض الأمثلة عن تلك الثورات.

استندت جميع تلك الثورات التي تكللت بنجاحٍ باهر على حراكٍ يقوم به ناشطون شباب موالون للغرب وطلاب متحمسون ومدونون ملتزمون غير راضين عن النظام.

تم تكريس العديد من الدراسات والكتب لدراسة هذه الإضطرابات السياسية. نذكر هنا على سبيل المثال المقال التفصيلي والشامل حول دور الولايات المتحدة في "الثورات الملونة" الذي كتبه كلاً من ج.سوسمان و س.كرادر من جامعة بورتلاند وقد ذكرا في ملخص المقال ما يلي:

" ما بين سنة 2000 وسنة 2005 تمت الإطاحة بالحكومات الحليفة لروسيا في كلٍ من صربيا وجورجيا وأوكرانيا وقيرغيزيا من خلال انتفاضات غير دموية. بالرغم من أن وسائل الإعلام الغربية عموماً تزعم أن تلك الإنتفاضات كانت عفوية وأصيلة وشعبية (سلطة الشعب), فإن "الثورات الملونة" هي في الحقيقة نتاج تخطيطٍ واسع. فقد مارست الولايات المتحدة وحلفاؤها مختلف أشكال الضغوط على الدول التي تكونت في فترة مابعد الشيوعية واستخدمت الأموال والتكنولوجيا لخدمة "مساعدة الديمقراطية"(3)

تم إثبات تورط الكثير من المنظمات الأميركية بشكلٍ لا لبس فيه. من جملة هذه المنظمات نذكر المنظمة الأميركية للتنمية (USAID), الوقف القومي من أجل الديمقراطية (NED), المعهد الجمهوري الدولي (IRI), المعهد القومي الديمقراطي للشؤون الدولية (NDI), فريدوم هاوس (FH), مؤسسة ألبرت إينشتاين (AEI), ومعهد المجتمع المنفتح (OSI).

(4,5)

جميع تلك الهيئات والوكالات أميركية وتتلقى التمويل إما من الميزانية الأميركية أو من الرساميل الخاصة الأميركية (6). علي سبيل المثال فإن الوقف القومي للديمقراطية يتم تمويله من ميزانية يتم التصويت عليها من قبل الكونغرس وتتم إدارة موارده بواسطة مجلس إدارة يوجد فيه ممثلين للحزب الجمهوري والحزب الديمقراطي وغرفة التجارة الأميركية واتحاد العمل-مجلس المنظمة الصناعية, بينما يعتبر معهد المجتمع المنفتح جزءاً من مؤسسة سوروس التي يملكها الملياردير الأميركي جورج سوروس وهو مضارب مالي شهير.

حول الدور الحقيقي للوقف القومي للديمقراطية, من المثير للإهتمام استعادة التصريح  الذي أدلى به ألن وينشتاين (سنة 1991), وهو مدير مجموعة الدراسات التي قادت إلى إنشاء ذلك الوقف, وقد جاء في التصريح ما يلي: " إن الكثير مما نفعله في الوقف القومي للديمقراطية اليوم بدأ بشكلٍ سري قبل 25 عاماً عن طريق وكالة المخابرات الأميركية"(7). وفي سنة 1999, أعلن كارل غيرشمان, رئيس الوقف, أن "الترويج للديمقراطية قد أصبح أحد أهم ميادين النشاط الدولي الأميركي ودعامة للسياسة الخارجية الأميركية"(8). باختصار, فإن جميع هذه الهيئات الأميركية متخصصة في "تصدير الديمقراطية" حين يكون ذلك في خدمة السياسة الخارجية الأميركية.

يعمل الوقف القومي للديمقراطية عبر أربع هيئات منفصلة ولكنها تتبع له بشكلٍ تام. فبالإضافة إلى المعهد الجمهوري الدولي والمعهد الديمقراطي للشؤون الدولية, يضم الوقف أيضاً مركز المشروع الخاص الدولي CIPE- غرفة التجارة الأميركية والمركز الأميركي للتضامن العمالي العالمي ACILS والمعروف باسم مركز التضامن(9).

تم إنشاء العديد من الحركات من أجل قيادة الإنتفاضات الملونة وأهمها: أوتبور (Otpor, االمقاومة) في صربيا, كمارا (Kmara, كفى!) في جورجيا, بورا (PORA, حان الوقت) في أوكرانيا, كيلكيل (KelKel, النهضة) في قيرغيزيا.

كانت حركة أوتبور وراء سقوط حكومة سلوبودان ميلوسيفيتس في صربيا. هذه الحركة التي يديرها سرديا بوبوفيتش تروّج لتطبيق إيديولوجيا المقاومة الفردية اللاعنفية التي نظّر لها الفيلسوف وعالم السياسة الأميركي جين شارب, وهو أستاذ فخري في العلوم السياسية في جامعة ماساشوستس, كما عمل كباحث في جامعة هارفارد وكان من المرشحين لنيل جائزة نوبل للسلام سنة 2009 (10) ,سنة 2012(11) و سنة 2013 (12).


 

سرديا بوبوفيتش

 

شكّل كتابه "من الدكتاتورية إلى الديمقراطية" الأساس الذي استندت عليه جميع الثورات الملونة. هذا الكتاب الذي تمت ترجمته إلى 25 لغة (من ضمنها اللغة العربية)، يمكن تحميله عن طريق الإنترنت بشكلٍ مجاني. جين شارب هو المؤسس لمؤسسة ألبرت اينشتاين, وهي تدّعي أنها منظمة غير ربحية متخصصة في دراسة أساليب المقاومة اللاعنفية خلال الصراعات. هذه المنظمة تتلقى التمويل من جهاتٍ عديدة, من بينها الوقف القومي للديمقراطية والمعهد الجمهوري الدولي ومعهد المجتمع المنفتح (13).

بدأت الإتصالات بين حركة أوتبور ومؤسسة ألبرت اينشتاين منذ بداية سنة 2000. أدّى التطبيق الدقيق لمبادئ المقاومة الفردية اللاعنفية التي سنّها جين شارب إلى السقوط السريع للحكومة الصربية, وقد شكّل ذلك الحدث النجاح الأول لنظرية شارب على أرض الواقع, وانتقال من النظرية إلى التطبيق.

بعد شعورهم بالقوة نتيجة الخبرة في زعزعة استقرار الأنظمة التسلطية, أسس ناشطو أوتبور مركزاً لتكوين وتدريب الثوار من جميع أنحاء العالم. يوجد هذا المركز في العاصمة الصربية بلغراد وهو يحمل اسم مركز  الإستراتيجيات والأعمال اللاعنفية التطبيقية (CANVAS), ويديره سرديا بوبوفيتش. يتلقى مركز كانفاس التمويل من المعهد الجمهوري الدولي وفريدوم هاوس ومن جورج سوروس شخصياً وغيره من الجهات(14).

"الصراع اللاعنفي في خمسين نقطة"(15) هو واحد من الوثائق المتوافرة على شبكة الإنترنت التي تبين ماهية التدريب الذي يقوم به هذا المركز وهو يتبى بشكلٍ كبير نظريات جين شارب. يشير هذا الكتاب إلى 199 "طريقة من طرق العمل اللاعنفي".  ويمكننا ذكر بعض تلك الطرق مع الحفاظ على الترقيم ذاته الوارد في الكتاب:

-        رقم 6. عرائض مهنية أو شعبية

-        رقم 7. شعارات, رسوم كاريكاتيرية ورموز

-        رقم 8. رايات, ملصقات ولوحات اعلانات

-        رقم 12أ. رسائل الكترونية جماهيرية

-        رقم 25. ملصقات للوجوه

-        رقم 28. احتجاجات صاخبة

-        رقم 32. السخرية من المسؤولين الرسميين

-        رقم 33. التآخي مع العدو

-        رقم 35. مشاهد تمثيلية ونكات

-        رقم 36. مسرح وحفلات موسيقية

-        رقم 37. أغاني

-        رقم 44. جنازات تمثيلية

-        رقم 62. إضرابات طلابية

-        رقم 63. عصيان مدني

-        رقم 147. تعطيل القضاء

-        رقم 199. حكومة موازية

ساعد خبراء كانفاس الصرب بشكلٍ فعال الناشطين في جورجيا (سنة 2003) وأوكرانيا (2004)(16), وأيضاً في لبنان (2005)(17) والمالديف (2008)(18). انخرط هؤلاء الخبراء أيضاً, لكن بنجاحٍ أقل في ألبانيا وبيلاروسيا وأوزبكستان(19) وإيران وفنزويلا (21).

تم استخدام شعار أوتبور (ومن بعدها كانفاس) بشكلٍ كبير في الإنتفاضات اللاحقة. الشعار عبارة عن قبضة مضمومة تحولت, مع مرور الوقت, إلى علامة فارقة لتشكيلات كانفاس. كما استخدمه الناشطون في البلدان المذكورة آنفاً.

 

 

 

صربيا جورجيا
فنزويلا إيران


"الربيع العربي"

ليست الإنتفاضات الشعبية التي أصابت البلدان العربية في نهاية سنة 2010 سوى امتداد للثورات الملونة.

استفادت هذه الإنتفاضات, التي أطلق عليها الإعلام الغربي بشكلٍ مضلل  اسم "الربيع", من نفس الداعمين ونفس الممولين ونفس المنظمات (22) إضافة إلى الإستفادة من التطور المذهل السرعة في مجال تقنيات الإتصال الجديدة وشبكات التواصل الإجتماعي.

وهكذا تحول الناشطون من متظاهرين منخرطين في الثورات إلى ناشطين على الإنترنت, لأن رحى الثورة دارت في الفضاء الإلكتروني أكثر من الفضاء الحقيقي. لم يكن ممكناً أبداً أن يكون  التنظيم والحشد والنداء من أجل التظاهر والتزامن والتنوع في الأعمال التي يجب القيام بها على الأرض  بمثل تلك الفاعلية لولا التقنيات الجديدة.

وائل غنيم ، أحد أشهر الناشطين في "الربيع" المصري ، كتب كتابًا بعنوان "Revolution 2.0" .

(23)

ساهمت هيئات "تصدير الديمقراطية" في تأسيس ما أسماه الصحفي الفرنسي بيير بواسليه (24)  "الجامعة العربية على شبكة الإنترنت". حيث تم تدريب العديد من الناشطين والمدونين من مختلف الدول العربية على استخدام التقنيات الجديدة كما تم إنشاء شبكة تربط فيما بينهم وبين الخبراء (25).

جرت عدة لقاءات اجتمعت فبها هذه "الجامعة العربية" قبل وقتٍ طويل من بداية "الربيع العربي" (وتتابعت تلك اللقاءات بعد ذلك). دعونا نشير إلى اللقاء الثاني, على سبيل المثال, الذي عقد في بيروت من 8 إلى 12 كانون الأول/ديسمبر سنة 2009 والذي جمع أكثر من 60 ناشط على الإنترنت قدموا من عشرة بلدان عربية (26). من بين "نجوم" الإنترنت العرب الذين حضروا: التونسيون سامي بن غربية, سليم عمامو ولينا بن مهني, المصريان علاء عبد الفتاح ووائل عباس, الموريتاني ناصر ودّادي, البحريني علي عبد الإمام, المغربي هشام المراط, السوداني أمير أحمد نصر, السورية رزان غزاوي , إلخ (27).

 

 

سامي بن غربية علاء عبد الفتاح علي عبد الإمام
امير احمد نصر شام المرات ناصر ودادى
لينا بن مهني رزان غزاوي سليم عمامو


بعض أعضاء
"الجامعة العربية على شبكة الإنترنت"


ليس ذلك فقط. فقد تعاونت كبريات شركات الإنترنت (تويتر، يوتيوب, غوغل, فيسبوك, إلخ) مع وزارة الخارجية الأميركية وهيئات "تصدير الديمقراطية" من أجل جمع ناشطي الإنترنت سنة 2008, 2009 و 2010 (28). جرى ذلك برعاية تحالف الحركات الشبابية (AYM — Alliance of Youth Movements) الذي يعلن عن مهمته بوضوح على موقعه الإلكتروني: 1) التعرف على ناشطي الإنترنت في المناطق المعنية, 2) إقامة التواصل فيما بينهم، ومع خبراء وأعضاء المجتمع المدني, 3) دعم هؤلاء الناشطين عبر تدريبهم وتقديم النصائح لهم وتزويدهم بمنبر للقيام بالإتصالات وتطويرهم (29).

شاركت وزيرة الخارجية الأميركية السابقة هيلاري كلينتون شخصياً بمداخلة في اجتماع AYM سنة 2009. لم تتوقف هيلاري عن كيل المديح للتقنيات الجديدة طوال مرحلة "الربيع العربي". وفي هذا الصدد أعلنت كلينتون بتاريخ 15 شباط/فبراير سنة 2011 أن: "الإنترنت تحولت لتصبح الساحة العامة في القرن 21", وأن "التظاهرات في مصر وإيران, التي تمت تغذيتها من خلال الفيسبوك وتويتر ويوتيوب, تعكس قوة تقنيات الإتصال بصفتها عامل تسريع في عملية التغيير السياسي والإجتماعي والإقتصادي" (30).

إضافةً إلى التدريب الخاص بالفضاء الإلكتروني, اطلع الناشطون العرب على تقنيات كانفاس في مجال التحكم على المظاهرات التي تجري على أرض الواقع. هنالك حالة نموذجية في هذا المجال هي حالة المصري محمد عادل, الناطق بإسم "حركة 6 نيسان/أبريل" (31). فقد أكد في لقاءٍ خاص مع الجزيرة (أذيع يوم 9 شباط/فبراير 2011) أنه تلقى دورة تدريبية لدى كانفاس خلال صيف 2009, أي قبل أحداث الشغب في ميدان التحرير (32). لقد أصبحت تقنيات تنظيم الحشود والسلوك الواجب اتباعه في مواجهة العنف البوليسي أمراً مألوفاً لديه, و صرح في اللقاء ذاته  :"لقد كنت في صربيا وتدربت على تنظيم التظاهرات السلمية وعلى أفضل السبل في مواجهة وحشية القوى الأمنية". فيما بعد قام بتدريب عناصر آخرين(33). تم تأكيد هذه المعلومات من قبل سرديا بوبوفيتش الذي اعترف لصحفي سويدي: " نعم, هذا صحيح. لقد قمنا بتدريب شبان من حركة 6 نيسان/أبريل" (34).



محمد عادل وسرديا بوبوفيتش في صربيا 2009

الصورة من الفلم الوثائقي:"العالم العربي:موجة الصدمة" [35]


 

لذلك لاحظنا "الطرق اللاعنفية" التي أوصت بها كانفاس خلال التظاهرات التي هزت الشارع العربي. ولاحظنا خصوصاً استعمال قبضة أوتبور على نطاقٍ واسع من قبل ناشطي الإنترنت العرب من المحيط إلى الخليج.

 

 

مصر

تونس

المغرب
ليبيا البحرين

سوريا

 

 

 

الجزائر


الجزائر 2011: "الربيع" الذي أجهض

مثل جميع الدول العربية في منطقة الشرق الأوسط وشمال أفريقيا حسب تصنيف الوقف القومي للديمقراطية, لم تكن الجزائر في منأى عن موجة "التربيع" سنة 2011, لأن الجزائر واحدة بل ربما أكثر البلدان إثارةً للأطماع في المنطقة. تم تفعيل نفس الشبكات وكانت المنظمات المذكورة سابقاً تنتظر سقوط الجزائر في محفظة "تصدير الديمقراطية".

لكن لم يكن "للربيع" من تأثير على الشعب الجزائري, ربما بسبب الذاكرة الأليمة للعشرية السوداء الدامية التي أثكلت البلاد. مع أنه تم وضع العناصر الفاعلة للإنتفاضة موضع الخدمة.

قامت التنسيقية الوطنية من أجل التغيير والديمقراطية (CNCD), وهي تضم أحزاباً سياسية عديدة ومنظمات غير حكومية ونقابات, بتنظيم الإحتجاجات ضد الحكومة. كان من بين الموقعين على البيان الأول للتنسيقية (والتي انقسمت فيما بعد) اللجنة الجزائرية للدفاع عن حقوق الإنسان, والنقابة الوطنية المستقلة للعاملين في الإدارة العمومية, وحزب "التجمع من أجل الثقافة والديمقراطية", وحزب "جبهة القوى الإشتراكية", وفوضيل بومالا, وجمعية "إس أوإس للمفقودين" وتجمع العمل الشبابي (36).

إن مراجعة التقارير السنوية للوقف القومي للديمقراطية تبين أن اللجنة الجزائرية للدفاع عن حقوق الإنسان قد تلقت مبالغ مالية أميركية في سنوات 2002(37), 2004(38), 2005(39), 2006(40), و2010 (41)

(انظر الجدول أدناه):

 

اللجنة الجزائرية للدفاع عن حقوق الإنسان

السنة

المبلغ ($)

2002

20 000

2004

---

2005

20 000

2006

40 000

2010

37 000

 

 

أمّا النقابة الوطنية المستقلة للعاملين في الإدارة العامة, فتربطها صلة وثيقة بمركز التضامن (وهو واحد من المكونات الأربعة للوقف القومي للديمقراطية) وهذا الأمر يمكن التأكد منه من خلال تصفح موقع المركز والنقر على رابط "الجزائر" (42).

بتاريخ 4 آذار/مارس 2011, حين كان "الربيع" الجزائري في مرحلته الجنينية, قامت كاثي فينغولد, مديرة القسم الدولي في مركز التضامن, بكتابة رسالة إلى الرئيس عبد العزيز بوتفليقة. حيث أبدت في تلك الرسالة قلقها بخصوص العنف البوليسي ضد "المتظاهرين السلميين" في الجزائر وذكرت بالتحديد مايلي:" نحن [مركز التضامن] نلاحظ بقلق بالغ أنه من بين الجرحى يبرز اسم المسؤول النقابي السيد رشيد معلاوي رئيس القطاع العام في النقابة الوطنية المستقلة للعاملين في الإدارة العامة" (43).

أرسلت كاثي فينغولد رسالةً ثانية إلى الرئيس بوتفليقة بتاريخ 14 تشرين الأول/اكتوبر 2011. في تلك الرسالة يرد اسم رشيد معلاوي "المناضل البارز في التنسيقية الوطنية من أجل التغيير" ثلاث مرات (44). ويبدو من خلال الرسالة أن السيدة فينغولد على اضطلاع جيد بالحراك السياسي الجزائري (وربما على مدار الساعة).

من جهته, التجمع من أجل الثقافة والديمقراطية , هوحزب كان يرأسه سعيد سعدي حين اندلاع التظاهرات المعادية للحكومة في شوارع الجزائر العاصمة. ورد اسم هذا السياسي في وثائق ويكليليكس, الحزمة رقم 07ALGIERS1806, التي يعود تاريخها إلى 19 كانون الأول/ديسمبر 2007 (45). تبين هذه الوثيقة أن سعيد سعدي خاض نقاشات سياسية "متقدمة" جداً مع السفير الأميركي في الجزائر.

أورد كاتب الحزمة ملاحظته حول أن سعيد سعدي كان يقارن بين حكومة الرئيس بوتفليقة و"عصابة تكريت", في إشارة إلى صدام حسين ومسقط رأسه في العراق. ذهب الرئيس السابق لحزب التجمع من أجل الثقافة والديمقراطية إلى حد طلب "دعمٍ خارجي": "حذّر سعدي الولايات المتحدة من الخطر البعيد المدى جراء الصمت على ما يراه من تدهور للديمقراطية الجزائرية, وهو ما تشهد عليه الإنتخابات البلدية. يرى سعدي أن الدعم الخارجي هو أمر حيوي من أجل ديمومة الديمقراطية والإنخراط المنتج للشبيبة الجزائرية – وهي تشكل 70% من السكان – في الحياة السياسية والإقتصادية".

على حسابه في موقع تويتر, يقدم فوضيل بومالا, المشارك بتأسيس التنسيقية الوطنية, نفسه على أنه "كاتب, صحافي, ناشط انترنت, مناضل من أجل حقوق الإنسان, معارض سياسي مستقل, مؤسس للمنظمة غير الحكومية Res Publica II" (الجمهورية الثانية- من المترجم) (46). يضاف إلى ذلك أن الجمهور الجزائري قد تعرف إلى بومالا عبر مشاركته في البرامج السياسية في التلفزيون الوطني الجزائري.

بتاريخ 20 كانون الثاني/يناير 2012, تم تنظيم ندوة في مونتريال بعنوان "الربيع العربي بعد سنة على انطلاقه: الثورة, التدخل والإتجاه الإسلامي" (47). شاركت أنا شخصياً في تلك الندوة, التي دعي إليها فوضيل بومالا وميزري حداد (من باريس عبر السكايب) .

كانت المناظرة والردود حيويةً جداً. وخلال أحد تلك الردود أعلن بومالا أنه أثناء إحدى رحلاته إلى الولايات المتحدة تم استقباله من قبل الرئيس باراك أوباما شخصياً. صحيح أن الإدارة الأميركية قد فتحت أبوابها ومكاتبها الفخمة بكل سهولة أما ناشطي الإنترنت العرب الذين تم استقبالهم من قبل مسؤولين رفيعي المستوى. لكن إذا كان اعتراف بومالا صحيحاً, فإن ذلك يعني أنه من بين الأشخاص النادرين الذين حصلوا على فرصة اللقاء على هذا المستوى المهم.

 

هيلاري كلينتون والناشط على الإنترنت المصري باسم سمير (واشنطن 2010)

 

 

بحسب موقع جسور-الكترونية, فإن منظمة "إس او إس مفقودين" , التي يرد اسمها في قائمة مؤسسي التنسيقية الوطنية من أجل التغيير والديمقراطية, هي "جمعية جزائرية لتقديم الدعم والإستشارة القانونية والإدارية إلى عائلات الآلاف من ضحايا الفقدان القسري في الجزائر [...]. تأسست "إس او إس مفقودين" سنة 2001, أي بعد تأسيس تعاونية عائلات المفقودين في الجزائر التي يعود تاريخ تأسيسها إلى سنة 1998 بمبادرة من مجموعة صغيرة من عائلات المفقودين. يمكن أيضاً قراءة النص التالي على الموقع:" إن جمعيتنا تعمل بتعاونٍ مستمر مع تعاونية عائلات المفقودين التي تعتبر صلة الوصل بين العائلات الجزائرية والمؤسسات الدولية الخاصة بحماية حقوق الإنسان, مثل الأمم المتحدة أو اللجنة الأفريقية لحقوق الإنسان" (48).

أي أن "إس او إس مفقودين" تعمل بشكلٍ وثيق مع تعاونية عائلات المفقودين التي تعتبر جمعية حقوقية فرنسية مسجلة في باريس.

ومن جهةٍ ثانية, يمكننا أن نقرأ على الموقع الخاص للتعاونية أنه في "أيلول/سبتمبر 2001, تمكنت التعاونية من افتتاح أول مكتبٍ لها في الجزائر, تحت اسم "إس او إس مفقودين" ومن هيكلة حركة أمهات المفقودين ومن تقديم المساعدة الإدارية والقانونية إلى جميع الضحايا إضافةً إلى المساعدة النفسية. بعد ذلك, تم افتتاح مكتب آخر للمنظمة في مدينة وهران وتم تأسيس عدة لجان للعائلات في بقية أنحاء البلاد" (49).

من الواضح إذن أن "إس او إس مفقودين" ليست في نهاية المطاف سوى "فرعٍ" جزائري تابع لتعاونية عائلات المفقودين, المنظمة الفرنسية الأم.

من البديهي أن تعاونية عائلات المفقودين في الجزائر ليست منظمة مجهولة بالنسبة للوقف القومي من أجل الديمقراطية, بل العكس هو الصحيح. إذ أنه من بين جميع الهيئات الواردة في قائمة "الجزائر" الخاصة بالوقف القومي, فإن تعاونية عائلات المفقودين هي المنظمة التي تلقت أكثر من الجميع وبشكلٍ منتظم مبالغ مالية أميركية. الجدول أدناه يلخص تلك المبالغ:

 

تعاونية عائلات المفقودين في الجزائر

السنة

المبلغ ($)

2005

40 000

2006

43 500

2007

46 200

2009

38 200

2010

40 000

2011

40 000

 

 

من الواجب الإشارة أن التعاونية و "إس او إس مفقودين" يقومان بأعمالهما سويةً, في تحالفات تضم جمعيات أخرى تحمل السمات ذاتها مثل جمعية "صمود" وجمعية "جزائرنا" (50, 51).

وأخيراً, نلفت إلى أن  تجمع العمل الشبابي قد حصل على مبلغ 25 ألف دولار أميركي من الوقف القومي من أجل الديمقراطية سنة 2011 (52).

 

الجزائر 2019: "التربيع" السائر

منذ 22 شباط/فبراير 2019, يشهد الشارع الجزائري حالة غليان لا سابق لها. البعض يقولون أنهم لم يشاهدوا مثل هذه التظاهرات الشعبية منذ إستقلال البلاد. لا تكفّ الصحافة الوطنية والعالمية عن كيل المديح للنضج السياسي الذي أظهره الشباب الجزائري ولحسه الفكاهي العالي ولتنظيمه النموذجي.

كما أبرزت وسائل الإعلام و الكثير من "المحللين" الذين يتكرر ظهورهم على شاشات التلفزة "عفوية" الإنتفاضة. إن مثل هكذا تأكيد ينم عن عدم كفاءة لا قرار له, عن ذاكرةٍ قصيرة أو عن انحيازٍ لأجندة محددة.

 

عن عفوية الإنتفاضات اللاعنفية

"إن هذه التظاهرات تبدو عفوية. من هنا قوتها. مع ذلك, فقد تم التخطيط لكل تفصيلٍ تقريباً [...] بعض المكونات التي تم ترتيبها بكل مهارة وسنة من التحضير تعطي فاعلية أكثر من القنابل".

بالعكس مما نظن, فإن هذه العبارات لا علاقة لها بالجزائر أو بإنتفاضات الشارع العربي. بل إنها مأخوذة من مقال كتبه كلاً من ريجيس جنتي ولوران روي في شهر كانون الثاني/يناير 2005 يتحدث عن الثورات الملونة (53) وتتطابق خلاصته مع خلاصات كلٍ من ج.سوسمان وس.كرادر التي تمت الإشارة إليها في بداية هذا المقال (54).

حول ذات الموضوع, إليكم تعليق إيفان ماروفيتش, وهو ناشط صربي قديم في أوتبور ومدرب في كانفاس: "غالباً ما يتم اعتبار الثورات عفوية. بحيث يبدو أن الناس نزلوا إلى الشارع ببساطة. مع أن ذلك هو نتيجة لأشهرٍ عدة أو حتى سنواتٍ من التحضير. إنه عمل ممل جداً حتى تبلغ النقطة التي يمكنك فيها تنظيم مظاهرات وإضرابات حاشدة. إذا كان التخطيط محكماً لحظة البدء, ينتهي كل شيء خلال بضعة أسابيع"(55).

في إحدى ندواته العامة العديدة, يشرح سريدا بوبوفيتش أنه : "لقد تم الكذب عليكم حول نجاح عفوية الثورات اللاعنفية. حين تشاهدون شاباً في الشارع يتعامل مع  الشرطة أو الجيش بشكلٍ أخوي, اعلموا أن أحداً ما قد خطط لذلك من قبل" (56).

بخصوص المظاهرات الحالية في الجزائر, لا يؤمن الباحث والمحلل السياسي ميخائيل بشير عياري بعفوية الحركة, حول ذلك يقول: "في الجزائر العاصمة, نادرون هم المتظاهرون الذين يؤكدون أن هذه الحركة عفوية بالكامل. غالبيتهم يقولون أنه ليست لديهم أية أوهام حول وجود محركين في الظل قدموا من مختلف شرائح المجتمع الجزائري, ويقومون بتغذية هذه الحركة. عدد من هؤلاء المحركين يشاركون في التظاهرات أو يدعمونها في السر" (57).

في الحقيقة, فإن العفوية الظاهرية لهذه التحركات الشعبية ليست "جذّابةً" فقط, بل هي تترافق دوماً مع وقع المفاجأة وإن وجود الشك لدى عدد كبير من الأشخاص هو أمر بشري مفهوم. في الواقع, ليس هنالك ما يعادل ثورة عفوية جميلة وشعبية بالنسبة للمخيلة الجماعية والرومانسية الثورية. ثورة داوود على جالوت, ثأر الضعيف من القوي, ثأر الشعب المسلح بإيمانه من الطاغية الكلي الجبروت...

لكن الرئيس الأميركي الراحل فرانكلين روزفلت (1882-1945) كان قد حذّرنا بقوله : "في السياسة, لا شيء يحدث بالصدفة. وإذا حصل شيء ما, يمكنكم المراهنة أنه قد تم التخطيط لذلك".

والحالة الجزائرية ليست استثناءً كما سنشرح أدناه.

 

عن مشاركة ناشطي الإنترنت الجزائريين في "الجامعة العربية على شبكة الإنترنت" وتشكيلات كانفاس

ليس هنالك من سبب لكي لا يشارك أفراد جزائريون في برنامج "تصدير الديمقراطية". الجزائر بلد فتيّ وغني ومهم جداً من الناحية الجيوسياسية. وهي بلد تحكمه طبقة سياسية لا تختلف عن جيرانه "الذين ضربهم الربيع" إضافة إلى كونها المعقل الأخير "لجبهة الرفض" العربية.

إن الرجوع إلى قائمة المشاركين في "اجتماع المدونين العرب" الثاني الذي عقد في بيروت والذي ذكرناه سابقاً يبين أن ناشطين جزائريين على الإنترنت قد شاركوا في ذلك الإجتماع (58).

تم تأكيد ذلك من قبل ناشط الإنترنت التونسي المعروف سليم عمامو الذي تم سؤاله عمّا إذا كانت لديه اتصالات وتبادل للخبرات مع معارضين ينشطون على الإنترنت من العالم العربي والجزائر ضمناً فأجاب: " أولاً, تم نسج الصلات قبل الثورة [التونسية]. أي أن الثورة لم تبدأ في شهر كانون الأول/ديسمبر 2010. [...] وقد كنا نتبادل الدعم [...] الشبكة كانت موجودة. إن المعارضين والناشطين على الإنترنت المصريين هم أصدقاؤنا. ولدينا أصدقاء في البحرين وسوريا واليمن... في الجزائر. ليس لدي شخصياً الكثير من الأصدقاء, لكنني واثق أنه توجد روابط قد تم وضعها من قبل [...] هذا كان قبل الثورة. لقد قدموا لنا الدعم ونحن قدمنا لهم الدعم [...] كان الأمر متبادلاً : حين نكون بحاجةٍ لهم, نجدهم, وحين يكونون بحاجةٍ لنا, يجدوننا. كل ذلك ضمن شبكة كاملة, لا توجد حدود. بعد الثورة, لاتزال الصلات موجودة وهي تزداد" (59).

في مقالٍ نشرته صحيفة نيويورك تايمز بتاريخ 13 شباط/فبراير 2011, يورد كلاً من دايفيد كيرباتريك ودايفيد سانجر أقوال وليد رشيد, أحد أعضاء "حركة 6 نيسان/ابريل" المصرية : "كانت تونس  القوة الدافعة لمصر, لكن ما فعلته مصر سوف يكون القوة الدافعة للعالم".

يذكر وليد رشيد أيضاً أن أعضاءً من حركته تبادلوا خبراتهم مع الحركات الشبابية المماثلة في ليبيا والجزائر والمغرب وإيران" (60).

أما بخصوص تشكيلات كانفاس, فقد اعترف محمد عادل أنه ذهب إلى صربيا برفقة 14 ناشطاً جزائرياً ومصرياً (61).

بإختصار, يمكننا إذن التأكيد أنه تم تدريب ناشطين جزائريين على التحكم بالفضاء الإلكتروني في إطار "تصدير الديمقراطية" إلى العالم العربي, وكذلك تم تدريبهم على تقنيات العمل اللاعنفي, مع الحفاظ على أوثق الإتصالات مع زملائهم في البلدان العربية "التي ضربها الربيع".

 

عن ازدواجية التواصل في الثورات اللاعنفية

في مقاله الذي يتضمن بحثاً دقيقاً حول حركة أوتبور, يشرح سلوفودان ناوموفيتش أن العمل السياسي لهذه الحركة يقوم على تطوير حملاتٍ من التواصل تسمى حملات إيجابية وحملات سلبية: "الإيجابية تقوم على مراكمة رأس مال من التعاطف مع والثقة [بالحركة] لدى السكان. [...] السلبية تستند على التقنيات الحافلة بالمخيلة والفكاهة والمزاج الطيب والتي تستخدم غالباً أساليب ساخرة من أجل إظهار سخافة النظام. العمل السلبي يقوم على نزع مصداقية النظام بشكلٍ نهائي لدى الرأي العام" (62)

تم استعمال هذه الإزدواجية بشكلٍ واسع في مظاهرات الشارع العربي, وأيضاً في الجزائر مؤخراً.

 

 

الجزائر 2019

تونس 2011

الجزائر 2019

مصر 2011

الجزائر 2019

تونس 2011

الجزائر 2019

مصر 2011

الجزائر 2019

مصر 2011


بعض الأمثلة على حملة
سلبية

 

تم تنفيذ العديد من الأعمال في الميدان من أجل إعطاء صورة فاتنة ومحببة للحراك, وبالتالي تطوير حملة التواصل الإيجابية. من بين هذه الأعمال نذكر مثلاً, الحماسة, المزاج الطيب, الإلحاح على الطابع اللاعنفي والطفولي للتظاهرات, توزيع عبوات المياه, تنظيف وكنس الشوارع, إلخ.

 

بعض الأمثلة على حملة إيجابية

 

هنا تجدر ملاحظة أن هذه الأساليب تتطابق مع "مناهج العمل اللاعنفي" المذكورة سابقاً في كتاب كانفاس وخصوصاً الأرقام 7, 8, 28, 32 و 37.

فيما يخص النقطة المتعلقة بتنظيف الشوارع التي تم الترويج لها بشكلٍ كبير في الصحافة الوطنية والعالمية, يجب ملاحظة أن الأمر يتعلق  بممارسةٍ شائعة في المظاهرات اللاعنفية.

ففي وقتٍ سابق من سنة 2003, جعلت حركة كمارا الجورجية من قضية تنظيف الشوارع حصانها الرابح من خلال حملات دعائية بعنوان "نظفوا شوارعكم" و "نظفوا بلدكم". هذه الأعمال البسيطة والعملية ساهمت جميعها في نشر أهداف حركة كمارا وحوّلتها اسم الحركة إلى علامة مميزة في زمنٍ قصير جداً (63).

في منطقةٍ أقرب إلينا جغرافياً, استخدم الناشطون المصريون هذا الأسلوب أيضاً من أجل جذب التعاطف الشعبي وإعطاء صورة إيجابية عن الحراك.

من يعرف مصر (والقاهرة خصوصاً) يعلم أن الحفاظ على نظافة الشوارع هو أكبر فشل للحكومات المتعاقبة في ذلك البلد. إن قيام الشباب بتنظيف الشوارع لا يمثل تعبيراً رمزياً عن انعدام كفاءة الحكومة بل عن الحلم بمستقبلٍ نظيف وصحي ومشرق بالسعادة.

نفس الحالة تقريباً في الجزائر حيث النظافة غير مرضية كلياً, وهذا أقل ما يمكن قوله.

 

 

تنظيف الشوارع بعد المظاهرات في مصر سنة 2011


عن التآخي مع "العدو" في الإنتفاضات اللاعنفية

في مفردات كانفاس, فإن العدو للحركة اللاعنفية هي المؤسسات المفترض بها استخدام العنف في الأنظمة التسلطية, أي الشرطة والجيش. يرى سيردا بوبوفيتش أنه أمر حاسم بالنسبة للمتظاهرين أن لا يظهروا العدائية والتهديد في وجه ركائز القوة التي يمثلها الشرطة والجيش: "منذ البداية, تصرفنا بكل أخوّة مع الشرطة والجيش, حيث قدمنا لهم الورود والحلوى, بدلاً من الصراخ أو رمي الحجارة. نجح هذا الأسلوب في العالم بأسره, خصوصاً في جورجيا وأوكرانيا. حين تفهم أن رجال الشرطة ليسوا سور رجال يرتدون الزي الموحد للشرطة, يتغير إدراكك ويبدأ الإقناع بالعمل" (64).

كما حدّدها بوبوفيتش, فإن هذه الطريقة بالتعاطف مع من يملكون القوة فعّالة جداً وتتطابق مع مبادئ النضال اللاعنفي. إليكم بعض الأمثلة المصورة عن تقديم الورود في الثورات الملونة والربيع العربي والجزائر.

 

صربيا 2000

جورجيا 2003

أوكرانيا 2004

قيرغيزيا 2005


الثورات الملونة

مصر

تونس

اليمن

البحرين

"الربيع" العربي (2011)

 

الجزائر 2019

 

التآخي لا يقتصر على تقديم الورود.


التآخي مع "العدو" (الجزائر 2019)


قارونا الصورتين الأخيرتين مع الصورتين التاليتين:

 

تونس 2011

صربيا 2000

 

عن السخرية في الإنتفاضات اللاعنفية


إن واحدة من أكثر الخصائص التي تميز التظاهرات الجزائرية هي السخرية بكل تأكيد. حيث أظهرت اللافتات والشعارات و الأزياء إبداعاً بدون حدود وروحاً عالية من الدعابة.

لكن هذه السمة ليست خاصةً بالجزائر: إنها جزء لا يتجزأ من الأساليب المطلبية المستخدمة في النضال اللاعنفي.

يرى سيردا بوبوفيتش أن السخرية أداة قوية جداً : "السخرية توجع حقاً لأن الممسكين بالسلطة  يأخذون أنفسهم على محمل الجد. وحين تبدأ بالسخرية منهم, فإن ذلك يوجعهم" (65).

بحسب مدير كانفاس فإن " [الإبداع والسخرية] أمور حاسمة بشكلٍ مطلق. السخرية والهجاء, وهما علامتان فارقتان لحركة أوتبور, نجحا بتمرير رسالة إيجابية, وبجذب أوسع جمهور وبإعطاء خصومنا – أولئك البيروقراطيين ذوي الرؤوس الرمادية المربعة – مظهراً غبياً ومضحكاً. الأهم من ذلك أن السخرية كسرت حاجز الخوف وألهمت المجتمع الصربي المنهك والمحبط والمتبلد في فترة نهاية سنوات 1990" (66).

 

جربت هذا الريجيم (النظام) لكنني لم أنحف, سأغير النظام إذن

نظافة عامة

فكاهة (الجزائر 2011)

 

هذه السخرية الجزائرية سنة 2019 تمت مشاهدتها في البلدان العربية التي شهدت حركات احتجاجية. إليكم بعض الأمثلة من مصر سنة 2011.

 


فكاهة (مصر 2011)

 

سخرية أخرى, لكن سوداء, "الجنازات التمثيلية" وهي ترد برقم 44 في كتاب كانفاس, تم استخدامها في الجزائر بتاريخ 1 آذار/مارس 2019 من أجل محاكاة جنازة للرئيس بوتفليقة ملفوفاً بالعلم المغربي:

 


 

 

إن تحليل مختلف الأعمال التي تم تنفيذها خلال مسيرات الشارع الجزائري تبين أن نقاطاً أخرى من قائمة "199 أسلوب للعمل اللاعنفي" التي نشرتها كانفاس قد تم استعمالها في على أرض الواقع. إن تعداد هذه الأساليب في هذا المقال سوف يكون مبعثاً للضجر.


عن التمويل الأخير الذي قدمه الوقف القومي من أجل الديمقراطية (NED)

بعد عمليات الكشف المدوية عن الأموال التي قدمها الوقف القومي وغيره من هيئات "تصدير"  الديمقراطية إلى الناشطين العرب أثناء "الربيع" العربي, اعتقدنا أن "مصرفيي الإنتفاضة" هؤلاء توقفوا عن ممارسة نشاطاتهم أو أصبحوا أكثر مداراةٍ على الأقل. لم يحصل شيء من ذلك.

إذ يبين التقرير السنوي الأخير الذي أصدره الوقف القومي عن سنة 2018 وفي خصوص الجزائر أن ثلاث هيئات جزائرية تلقت التمويل (انظر الجدول التالي).


التمويل الذي قدمه الوقف القومي للديمقراطية سنة 2018 (الجزائر)

الهيئة

المبلغ ($)

مركز المؤسسات الخاصة الدولي (CIPE)

234 669

الإتحاد الأورو متوسطي ضد الإختفاء القسري

30 000

جمعية جزائرنا

26 000

 

 

 

على الموقع الخاص بمركز المؤسسات الخاصة الدولي (CIPE) يمكننا أن نقرأ مايلي (67):

" إن المركز أحد المعاهد الأربعة الرئيسية التابعة للوقف القومي للديمقراطية وهو فرع  لغرفة التجارة الأميركية. [...] نحن في المركز نعتقد أن الديمقراطية تبلغ ذروتها حين يكون القطاع الخاص في ذروة ازدهاره. بالتعاون مع شركائنا المحليين, ومن بينها الجمعيات المهنية, غرف التجارة, مجموعات البحث, الجامعات والمنظمات الحقوقية, يساهم المركز في خلق بيئةٍ ملائمة لإزدهار المؤسسات. لا يمكن أن يتم ذلك إلا حين تكون الهيئات الأساسية للديمقراطية قويةً وشفافة. نحن هنا للمساعدة في بناء هذه الهيئات. إنها مهمتنا. إنها قوتنا."

هكذا إذن, المركز هو الآخر هيئة مهمتها "تصدير الديمقراطية".

في الجزائر, للمركز علاقة مع مركز الأبحاث CARE (حلقة العمل والتفكير حول المؤسسات):

"في الجزائر لدينا شريك قديم هو مركز الأبحاث CARE, وهو تجمع من المؤسسات ومراكز الأبحاث الجزائرية. أظهرت المداولات أنه, على خلاف العديد من البلدان التي يعمل فيها المركز, هنالك إجماع يقارب 100% حول المشكلات التي تواجه الجزائر" (68).

الإتحاد الأورو متوسطي ضد الإختفاء القسري منظمة دولية مقرها فرنسا. تضم المنظمة 26 جمعية من 12 بلداً. من الجزائر هنالك 4 جمعيات هي: "تعاونية عائلات المفقودين في الجزائر", "إس او إس مفقودين", "جزائرنا" و"صمود" (69).

ترأس الإتحاد ناصرة دوتور, وهي التي أسست تعاونية عائلات المفقودين والناطقة حالياً بإسمها.

كانت هذه التعاونية وجمعية "إس او إس مفقودين" من بين الأعضاء النشطين في التنسيقية الوطنية للتغيير والديمقراطية سنة 2011.

على هامش الإنتفاضة الشعبية الجزائرية الأخيرة, أبصرت النور تعاونية للمنظمات تحت اسم "تعاونية المجتمع المدني الجزائري من أجل مخرجٍ سلمي للأزمة". من بين أعضاء هذا التجمع نجد : اللجنة الجزائرية للدفاع عن حقوق الإنسان, تجمع العمل الشبابي, جزائرنا, صمود, إس او إس مفقودين و والنقابة الوطنية المستقلة للعاملين في الإدارة العمومية (70) (SNAPAP) .

هذه المنظمات جميعها لها (أو كان لها) صلة بالوقف القومي من أجل الديمقراطية.


عن دور الفضاء الإلكتروني في الإنتفاضات اللاعنفية

من البديهي أن الفضاء الواقعي هو مسرح المظاهرات وأنه في هذا الفضاء يتم ربح المعارك ضد السلطة القائمة. إليكم ما يقوله سيردا بوبوفيتش حول هذا الموضوع: " يتم ربح النضال اللاعنفي في العالم الواقعي, في الشوارع. لن تغير مجتمعك أبداً نحو الديمقراطية إذا اكتفيت بالجلوس والنقر على لوحات المفاتيح" (71).

مع ذلك, فقد أتاح استخدام الفضاء الإلكتروني, ذلك الفضاء الأثيري والحر, تنسيق الجهود, وتنظيم الأعمال التي يجب القيام بها في الميدان, وتشارك المعلومات وإرسال التعليمات للمتظاهرين بالعمل وفقاً للمبادئ الأساسية للنضال اللاعنفي الذي تم الحديث عنه آنفاً.

من جهة ثانية, جرت الحملات الإيجابية والسلبية التي تم الحديث عنها سابقاً على شبكة الإنترنت, عبر شبكات التواصل الإجتماعي. في واقع الأمر, فإن هذا الشكل من الأعمال التي انطلقت في الفضاء الإلكتروني كانت أشد ضرراً وأكثر عدداً مما هي في الفضاء الواقعي. حيث أن الفضاء الإلكتروني لا ينام ويجعل الزمان والمكان مجرد مفاهيم. مقاطع الفيديو, الأغاني, المحاكاة الساخرة للأغاني, المشاهد التمثيلية والكليبات المحورة كانت (ولاتزال) فعالةً جداً.

لذلك, من المهم الإشارة إلى أن بعض الفيديوهات لم تكن من صنع الهواة. بل بالعكس, تم إخراجها من قبل محترفين وتطلب ذلك دعم مادي ومالي.

بخصوص التعليمات التي يتم إعطاؤها للمتظاهرين بالعمل وفقاً لمتطلبات النضال اللاعنفي في الميدان, فقد تم توزيع فيديوهات على الإنترنت. منها مثلاً, الفيديو الذي انتشر من أجل التحضير لمظاهرة الأول من آذار/مارس 2019 وهوبعنوان: "بعض التوصيات من أجل مسيرة يوم غد 01/03/2019...شاركوها يا أخوتي" (72), من بين التوصيات الستة عشر نذكر ما يلي:


ممنوع السب والشتم

تجنبوا الشعارات الدينية/العنصرية/المناطقية

جميع أشكال العنف والتخريب ممنوعة

يمنع منعاً باتاً ارتداء الأقنعة

على الجميع حمل العلم الوطني

استخدموا الهواتف المحمولة لتصوير مقاطع من المسيرة مدتها من دقيقة إلى دقيقتين وأرسلوها إلى الصفحات

اجلبوا عبوات ماء للشرب وعبوات من الخل (73) في حال استخدام الغازات المسيلة للدموع

نظفوا الشوارع بعد انتهاء المسيرة

لاتنسوا أن تحمّلوا تطبيق الشبكة الإفتراضية الخاصة لتفادي انقطاعات الإنترنت


من المثير للإهتمام أن بداية ونهاية الفيديو تتميز باستخدام كلمات تؤكد على الإنتماء إلى مجموعة : "أهدافنا", "قضيتنا", إلخ.

أخيراً, ينتهي الفيديو بتوقيعٍ هو : قبضة أوتبور "الجزائرية"


 


كما تم استخدام هذه القبضة في الدعوات إلى التظاهر (تماماً مثل سنة 2011) وفي الملصقات والرايات:

 

 

 

يذكّرنا هذا الفيديو بالتعليمات المماثلة التي كانت ترسلها حركة "6 نيسان/أبريل" في مصر عن طريق الإنترنت أو عبر توزيعها على المتظاهرين في ميدان التحرير سنة 2011 وهاكم بعض الأمثلة:

 

 

بعض الإرشادات المتاحة للمتظاهرين المصريين (2011)


عن الديمومة السياسية لناشطي الإنترنت بعد "الثورة"

بقدر ما هو أسلوب النضال اللاعنفي فعال بشكلٍ مرعب في عملية إسقاط المتسلطين, بقدر ما هو تأثيره معدوم على المرحلة التي تليه.

في مقالٍ كتبه الصحفي هرناندو كالفو أوسبينا سنة 2007 في صحيفة لوموند ديبلوماتيك حول الثورات الملونة, يمكن لنا أن نقرأ : " في هذه البلدان من بلدان "الإشتراكية الحقيقية" سهلّت المسافة القائمة بين الحكام والمحكومين مهمة الوقف القومي للديمقراطية (NED) وشبكاته التنظيمية التي صنّعت آلاف "المنشقين" بفضل الدولارات والدعاية. وما إن يتم التغيير حتى يختفي معظم هؤلاء, كما تختفي جميع أنواع منظماتهم, دون أي مجدٍ" (74).

كذلك اختفى ناشطو الإنترنت العرب من الساحة السياسية, بالضبط مثل "زملائهم" الذين قادوا الثورات الملونة. يعود تلاشيهم السريع إلى كون هؤلاء المنشقين لا يملكون أية "كفاءة" (وبالتالي أية فائدة) في الأحداث التي يلي سقوط الأنظمة القائمة. يجب أن نفهم أن تدريب المنشقين على يد الهيئات الأميركية العاملة على "تصدير" الديمقراطية يتركز حصرياً على إسقاط الأنظمة وليس على العمل السياسي الذي ينجم عنه.

ففي تونس, تمت تسمية الناشط على الإنترنت سليم عمامو وزيراً للرياضة والشباب بعد ثلاثة أيام من هروب الرئيس بن علي, في حكومة الغنوشي الأولى (75). وبما أن تلك الحكومة كانت لا تزال تضم في صفوفها العديد من وزراء الرئيس المخلوع, فقد تم اتهامه بأنه باع نفسه (76). كما تم توبيخه على شبكة الإنترنت لأنه لم يقدم استقالته من الحكومة كما فعل وزراء آخرون.

وفي مصر, تم سجن كلاً من أحمد ماهر (الذي شارك في تأسيس حركة 6 نيسان/أبريل) ومحمد عادل في شهر كانون الأول/ديسمبر2013 بسبب خرقهما قانون منع التظاهر الذي كان قد صدر قبل شهر (77). في شهر آذار/مارس مثل الإثنان أمام المحكمة للطعن في الحكم بسجنهما ثلاث سنوات ووجها الإتهامات للسجانين بصربهما وإساءة معاملتهما (78). لكن دون جدوي, فقد تم تثبيت الحكم بحق القياديين في "حركة 6 نيسان/أبريل" في الشهر التالي (79). وعلى ضفاف النيل أيضاً, أطلق سراح المنشق عن طريق الإنترنت علاء عبد الفتاح بعد قضائه حمس سنوات في السجن (80).

الوجه البارز في الإحتجاجات اليمنية, توكل كرمان (81) , تعيش حياةً رغيدة في تركيا بينما بلدها غارق في النار والدماء.هنا يجب التذكير أن حصولها على جائزة نوبل لم يكن بعيداً أبداً عن حصولها على الجنسية التركية.

 

 

يداً بيد: توكل كرمان وهيلاري كلينتون. الصورة في وزارة الخارجية (واشنطن) 28اكتوبر 2011


 

في سوريا, كان رضوان زيادة أحد أكثر الناشطين الذين يمكن رؤيتهم في الإعلام الغربي (82). هذا المنشق السوري, العضو في المجلس الوطني السوري والذي تلقى التمويل من الوقف القومي للديمقراطية, تم طرده من الولايات المتحدة (حيث يعيش) لأن طلبه للحصول على اللجوء قد تم رفضه سنة 2017 (83).


هيلاري كلينتون ورضوان زيادة


يبين تحليل الأحداث التي أعقبت الثورات الملونة و"الربيع" العربي بصورة ساطعة أن ايديولوجيا المقاومة الفردية اللاعنفية التي طورها جين شارب ليست فعّالة – حين تعمل – إلا بالإطاحة بالمتسلطين. في المقابل, تتبدى هذه الإيديولوجيا عن نقاط ضعف كبيرة في عدم إجابتها أبداً على حالة الفوضى التي تعقب هذا النوع من الإضطراب السياسي. ما إن ينتهي الدور المناط بالناشطين, حتى تملأ القوى السياسية, المتربصة بكل تغيير سياسي, الفراغ الذي نشأ عن اختفاء السلطة القديمة.

في الوقت الذي وصفت فيه الإنتفاضة التونسية بأنها شابة وديناميكية و"فيسبوكية", يبلغ عمر الرئيس الحالي لتونس 92 عاماً, وهو أكبر رئيس سناً في العالم.

في مصر, قيّدت الحكومة ذات الطابع العسكري الحريات الفردية كثيراً وبشكلٍ أكبر من زمن الرئيس مبارك.

اليمن, ليبيا وسوريا بلدان مدمرة وشعوبها تعيش في ظل العنف وانعدام الأمن والتشرد في المنافي.

هل من الواجب القول أن المظاهرات الجزائرية ستقودنا نحو الفوضى؟ وأن تلك التظاهرات لا مبرر لها؟ وأن الشبيبة تخطئ في الإطاحة بالمتسلطين الذين جمّدوا البلاد في خمولٍ مرضي؟

بالطبع لا. لولا أن التاريخ يبين أن الإنتفاضات اللاعنفية لا توصل إلى النتائج المرجوة لأنها تخدم أجندات (داخلية وخارجية) مغايرة لأجندات البلاد.

من المهم جداً إذن التأكد من أن هذا الإحتجاج الشعبي أصيل بشكلٍ جوهري ولايخدم سوى الجزائر والجزائر فقط.


عنالإنتخابات بموضة "اللايك"

منذ انطلاقة التظاهرات, غرق الفضاء الإلكتروني بأسماء الأشخاص المناسبين "لقيادة مصير البلاد". يطرح البعض بيدقاً ما, فيطرح غيرهم بيدقاً آخر كما لو أن الأمر يتعلق بالتصويت لمرشحٍ في تلفزيون الواقع. ليس هنالك من برنامج تم تقديمه, ولا رؤية تم شرحها ولا أجندة سياسية جنينية. الرسائل, الصور والفيديوهات التي تتم مشاركتها حد التخمة (ربما بواسطة ناشطين استفزازيين على الإنترنت) هي التي تدفع بعض الأشخاص إلى المقام الأعلى كمنقذٍ للأمة.

لماذا لا يتم اقتراح حكومة مضمونة في هذا الوقت؟ هذا ما تقدمت به لجنة المواطنة للمبادرات واليقظة (CIVIC) في صحيفة الوطن مع تنصيب مدير الصحيفة المذكورة كوزيرٍ لحرية التعبير (84)! وزارة جديدة تم تفصيلها على المقاس, أليس كذلك؟ حين نعلم انخراط هذه الصحيفة في عملية "تربيع" البلدان العربية, يجب التساؤل عمّا سيؤول إليه التعبير عن الحرية.

على نفس القائمة يظهر اسم تم تفخيمه من قبل جميع عباقرة الفضاء الإلكتروني: السيد مصطفى بوشاشي. شخص مجهول بالنسبة للجمهور العريض منذ بضعة أسابيع فقط, يقفز الآن إلى أعلى المناصب في بلدٍ في حالة الصيرورة.

يجب أن يعلم الجميع أن السيد بوشاشي كان رئيساً للجنة الجزائرية لحقوق الإنسان من سنة 2007 حتى سنة 2012 وأن تقارير الوقف القومي للدديمقراطية تبين أن هذه اللجنة قد تلقت التمويل خلال فترة رئاسته (سنة 2010).

من جهةٍ ثانية, فإن سلفه في رئاسة اللجنة, السيد حسين زهوان, اتهمه بأن له علاقة مع وزارة الخارجية الأميركية, يقول السيد زهوان (85):

" تم استدعاء السيد بوشاشي من قبل وزارة الخارجية الأميركية لكي يسافر إلى تركيا وعمان من أجل المشاركة في الشروحات التي ستقدمها كوندوليزا رايس وسعود الفيصل حول السياسة الأميركية في الشرق الأوسط الكبير."

في هذه الحكومة الخيالية, تم تسليم حقيبة الثقافة والفنون إلى الكاتب كمال داوود. هو نفس الشخص الذي نعت مواطنيه "بالمغتصبين بالقوة" في قضية مدينة كولونيا الألمانية والذي طرح السؤال "ما فائدة المسلمين للبشرية؟" (86) والذي لا يكف عن التبخير بالمتظاهرين مبرزاً أدبهم وتنظيمهم وحسهم البيئي واحترامهم للآخرين وانعدام التحرش الجنسي خلال المظاهرات خصوصاً (87). أليس هو من أكد أن "العالم المدعو بالعربي عبئ ثقيل على بقية البشرية"؟ وعن أية ثقافة سيكون المنافح والمروج؟ عن الثقافة التي كان يسيء إليها سابقاً؟

هؤلاء الأشخاص الثلاثة الذين تم ذكرهم ليسوا بالطبع الوحيدين الذين تملأ أسماؤهم الفضاء الإلكتروني, بل بالعكس. فهنالك أعضاء سابقون في التنسيقية الوطنية للتغيير والديمقراطية وكذلك اسلاميون سيئوا الصيت تم إخراجهم من سباتهم السياسي, ركبوا الموجة الإحتجاج ويرقصون على نغمة "ارحل" و "تنحى".

أغرقتنا وسائل التواصل الإجتماعي أيضاً "بترشيحات" مذهلة على شاكلة مقدمي برامج حوارية تلفزيونية أو معلقين رياضيين كما لو أن إدارة البلاد تقاس بقوة المحاكاة الصوتية المرسلة لحظة تسجيل هدف.

بينما تعيش الجزائر لحظات حرجة, فإن هذا التسابق على الكراسي التبديل الدوري في الولاءات أمر وضيع و غير لائق . لا يمكن انتقاد نظام انتخابي قائم على "الشكرة" (88) واستبداله بنظامٍ آخر قائم على "اللايك".


الخلاصة

إن المظاهرات السلمية التي عصفت ببلدنا والتي هزت "النظام" القبيح الذي يحكمها أظهرت وجهاً إيجابياً جداً عن شبيبتنا. إن النجاح في "إزاحة" سلطة سياسية محتضرة في جوٍ من الفرح والمزاج الطيب, دون حادثٍ يذكر, هو أمر ليس مثالياً فقط بل هو أمر خلاصي لمستقبل الجزائر.

لكن, طريقة عمل هذه المظاهرات المتطابقة مع مبادئ كانفاس الأساسية حول لنضال اللاعنفي تبين أنه بعد مرور 19 عاماً على أحداث صربيا و8 سنوات على بداية "الربيع" العربي, فإن الجزائر تشهد بدورها ثورة ملونة. إن هذه الطريقة العملياتية تدل على وجود مجموعة من الناشطين على الإنترنت تم تدريبهم في مخابئ "تصدير الديمقراطية" وهي مجموعة ناشطة بشكلٍ جيد سواء في الفضاء الإلكتروني أم على أرض الواقع.

وإن الجواب الوحيد على هذا الملصق:

 

لا للتدخل الأجنبي...هذه ليست ثورة ملونة

 

 

هو هذه اللوحة الشهيرة للفنان رينيه ماغريت:

 

هذا ليس غليون

 

يجب أن تفهم هذه المجموعة, وغيرها من المنظمات غير الحكومية الجزائرية, أن العمل من أجل مصالح الآخرين وليس مصلحة البلاد لا يمكن أن يقود سوى إلى الفوضى والأمثلة عديدة.

في سنة 2000, حين سئل ناشط صربي شاب في حركة أوتبور عن رأيه بالولايات المتحدة – التي ساعدت وكونت الحركة – أجاب أنه  ضد ذلك البلد, لكنه غير منزعج من كونه تحت السيطرة الجزئية للمخابرات المركزية الأميركية (89). هذا الرأي يختلف قليلاً عن رأي سليم عمامو الذي اعترف, هو أيضاً, أنه تلقى المساعدة من الأميركان لكنه "لايهتم أبداً" لأمر المخابرات الأميركية (90).

أية سذاجة ! إن المبالغ المالية التي تمنحها هذه الهيئات التي تريد "الدمقرطة" ليست أعمالاً خيرية, بل هي لفائدة البلدان المانحة. حين يقبل بعض الناس بالمال, فإنهم يقبلون بالشروط التي ترافقه.

وحسبما يرى العديد من المراقبين, فإن المصالح التي يخدمها هؤلاء الناشطون يمكن أن تكون مصالح داخلية أو خارجية (أو خليط من الإثنتين). في جميع الأحوال, يجب أن نضع مصلحة بلدنا فوق أي اعتبارٍ آخر.

إن تحليل "الثورات" اللاعنفية في البلدان الأخرى يدل على أن المرحلة التي تعقب سقوط السلطة أكثر أهمية من التي تسبق. على هذه المرحلة يتوقف نجاح أو فشل الإنتفاضة. إن الغرور, العناد والتصلب هم أسوأ أنواع المستشارين في هذه الفترة.

لنعمل كي تتحول هذه الإنتفاضة الشعبية إلى نجاحٍ باهر, لكي تولد جزائر جديدة. جزائر واعدة لشعبٍ طالما راوده الأمل.

 

 


[1]Chamseddine Bouzghala, « "Poetic protest", histoire d'une photo qui a marqué la mobilisation algérienne », France 24, le 9 mars 2019, https://www.france24.com/fr/20190309-poetic-protest-photo-danseuse-mobilisation-algerienne

[2]Khalid Mesfioui, « Manif anti-système à Alger: ce beau couple qui a dansé sous la pluie », Le 360, le 23 mars 2019, http://fr.le360.ma/monde/video-manif-anti-systeme-a-alger-ce-beau-couple-qui-a-danse-sous-la-pluie-186597

[3] G. Sussman et S. Krader, « Template Revolutions : Marketing U.S. Regime Change in Eastern Europe », Westminster Papers in Communication and Culture, University of Westminster, London, vol. 5, n° 3, 2008, p. 91-112, http://www.westminster.ac.uk/data/assets/pdf_file/0011/20009/WPCC-Vol5-No3-Gerald_Sussman_Sascha_Krader.pdf

[4] Lire, par exemple, Ian Traynor, « US campaign behind the turmoil in Kiev », The Guardian, 26 novembre 2004, http://www.guardian. co.uk/world/2004/nov/26/ ukraine.usa

[5] Voir l’excellent documentaire de Manon Loizeau, « États-Unis à la conquête de l’Est », 2005. Il peut être visionné à l’adresse suivante : https://www.youtube.com/watch?v=4NOdoOQsouE

[6] Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, Chapitre 2 : Les révolutions colorées.

[7] F. William Engdahl, « Géopolitique et “révolutions des couleurs” contre la tyrannie », Horizons et débats, n° 33, octobre 2005, http://www.horizons-et-debats.ch/33/33_16.htm

[8] Michael Barker, « Activist Education at the Albert Einstein Institution: A Critical Examination of Elite Cooption of Civil Disobedience », Indymedia, 21 juillet 2012, http://www.indymedia.ie/article/102162

[9] National Endowment for Democracy (NED), «Idea to Reality: NED at 25 », http://www.ned.org/about/history

[10] Ruaridh Arrow, « Gene Sharp : Author of the nonviolent revolution rulebook », BBC, 21 février 2011, http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-12522848

[11] Mikael Holter, « Peace Institute Says Nobel Rankings Favor Sharp, Echo of Moscow», Bloomberg, 2 octobre 2012, http://www.bloom berg.com/news/2012-10-02/peace-institute-says-nobel-rankings-favor-sharp-echo-of-moscow.html

[12] TVC, « Academic Gene Sharp nominated for Nobel Peace Prize », 9 octobre 2013, http://www.tvcnews.tv/?q=article/academic-gene-sharp-nominated-nobel-peace-prize

[13] Michael Barker, Op. Cit.

[14] Maidhc Ó. Cathail, « The Junk Bond “Teflon Guy” Behind Egypt’s Nonviolent Revolution », Dissident Voice, 16 février 2011, http://dissidentvoice.org/2011/02/the-junk-bond-%E2%80%9Cteflon-guy%E2% 80%9D-behind-egypt%E2%80%99s-nonviolent-revolution/

[15] Disponible en plusieurs langues (dont l’arabe et le farsi), ce manuel est téléchargeable gratuitement à partir du site officiel de CANVAS

[16] Slovodan Naumovic, « Otpor ! Et « La révolution électorale » en Serbie », Socio-anthropologie, 2009, N°23-24, p. 41-73, https://journals.openedition.org/socio-anthropologie/1248

[17] Ahmed Bensaada, « Liban 2005-2015 : d’une « révolution » colorée à l'autre », 14 septembre 2015,  http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=323:liban-2005-2015-dune-l-revolution-r-coloree-a-une-autre&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

[18] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Yes! Magazine, 7 octobre 2010, https://www.yesmagazine.org/peace-justice/how-we-brought-down-a-dictator

[19] Slovodan Naumovic, Op. Cit.

[20] William J. Dobson, « The Dictator's Learning Curve: Inside the Global Battle for Democracy », Random House Canada Limited, Toronto, 2012

[21] Eva Golinger, « La grève de la faim à la mode de Washington », Mondialisation.ca, 2 mars 2011, http://www.mondialisation.ca/index.php? context=va&aid=23482

[22] Pour plus de détails, lire un des livres de Ahmed Bensaada : « Arabesque américaine - le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe », Éd. Michel Brulé, Montréal (Canada), 2011, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016.

[23] « Wael Ghonim: Creating A 'Revolution 2.0' In Egypt », NPR, 9 février 2012, https://www.npr.org/2012/02/09/146636605/wael-ghonim-creating-a-revolution-2-0-in-egypt

[24] Pierre Boisselet, « La “ligue arabe” du Net », Jeune Afrique, 15 mars 2011, http://www.jeuneafrique.com/192403/politique/la-ligue-arabe-du-net/

[25] Pour de plus amples informations, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, Chapitre 3 : Les nouvelles technologies.

[26] Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », 8-12 décembre 2009, http://lb.boell.org/en/2014/03/03/second-arab-bloggers-meeting-statehood-participation

À noter que cette formation a été cofinancée par l’OSI de G. Soros

[27] Pour voir les photos du « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », https://www.flickr.com/groups/1272165@N24/pool/with/4193262712/

[28] Ahmed Bensaada, « Les États-Unis et le « printemps » arabe », Politis (n°2, pp. 59-61, Octobre-Novembre 2011), http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=147:les-etats-unis-et-le-l-printemps-arabe-r&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

[29] Movements.org, « About »  http://www.movements.org/movements/pages/about/

[30] « Hillary Clinton milite pour la liberté sur Internet », Le Monde, 16 février 2011, http://www.lemonde.fr/technologies/article/2011/02/16/hillary-clinton-militepour-la-liberte-sur-internet_1480855_651865.html

[31] Fondé par Ahmed Maher et Israa Abdel Fattah, le « Mouvement du 6 Avril », a été le fer de lance de la contestation populaire en Égypte et le principal artisan de la chute de Hosni Moubarak.

[32] Al Jazeera, « People & Power — Egypt : Seeds of change », 9 février 2011, http://www.youtube.com/watch?v=QrNz0dZgqN8&feature=player_ embedded

[33] Ibid.

[34] Tomas Lundin, « La révolution qui venait de Serbie », Svenska Dagbladet, 2 mars 2011, http://www.presseurop.eu/fr/content/article/522941-la-revolution-qui-venait-de-serbie

[35] Sofia Amara, « Monde arabe : onde de choc », Canal + (Spécial Investigation, 52 min), 2011.

[36] Algeria Watch, « Pour une Coordination nationale pour le changement et la démocratie : Communiqué », 23 janvier 2011, https://algeria-watch.org/?p=34161

[37] Sourcewatch, « Algerian League for the Defense of Human Rights », http://www.sourcewatch.org/index.php?title=Algerian_League_for_the_Defense_of_Human_Rights

[38] Ibid.

[39] NED, « Algeria », 2005 Annual Report,  http://www.ned.org/publications/annual-reports/2005-annual-report/middle-east-and-north-africa/description-of-2005-gra-1

[40] NED, « Algeria », 2006 Annual Report, http://www.ned.org/publications/annual-reports/2006-annual-report/middle-east-and-northern-africa/description-of-2006--1

[41] NED, « Algeria », 2010 Annual Report,  http://www.ned.org/publications/annual-reports/2010-annual-report/middle-east-and-north-africa/algeria

[42] Solidarity Center, « Algeria », http://www.solidaritycenter.org/content.asp?pl=863&sl=407&contentid=861

[43] Cathy Feingold, « Letter from AFL-CIO International Director Cathy Feingold to Algerian President Abdelaziz Bouteflika, », 4 mars 2011, http://www.solidaritycenter.org/files/algeria_cflettertobouteflika030411.pdf

[44] Cathy Feingold, « Letter from AFL-CIO International Director Cathy Feingold to Algerian President Abdelaziz Bouteflika », 14 octobre 2011, http://www.solidaritycenter.org/files/algeria_cfletter101411.pdf

[45] WikiLeaks, « Câble 07ALGIERS1806 », http://wikileaks.mediapart.fr/cable/2007/12/07ALGIERS1806.html

[46] Twitter, « Fodil Boumala », https://twitter.com/FodilBoumala1

[47] Conférence « Le printemps arabe, un an après: révolte, ingérence et islamisme », Université du Québec à Montréal,  20 janvier 2012, http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=152:conference-q-le-printemps-arabe-un-an-apres-revolte-ingerence-et-islamismeq&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

[48] e-Joussour, « SOS disparus », http://www.e-joussour.net/node/1104

[49] Collectif des Familles de Disparu(e)s en Algérie (CFDA), « Historique et présentation », http://www.algerie-disparus.org/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=20&Itemid=131

[50]Appel de la « Coalition d’associations de victimes des années 1990 », 8 octobre 2011, https://www.ldh-france.org/wp-content/uploads/IMG/pdf/cp-marche-declaration.pdf

[51] Adlène Meddi, « Algérie : les victimes des violences des années 1990 élaborent une contre-charte », El Watan, 24 septembre 2010, https://histoirecoloniale.net/Algerie-les-victimes-des-violences.html

[52] NED, « Algeria », 2011 Annual Report

[53] Régis Genté et Laurent Rouy, « Dans l’ombre des “révolutions spontanées” », Le Monde diplomatique, janvier 2005, http://www.monde-diplomatique.fr/2005/01/GENTE/11838

[54] G. Sussman et S. Krader, Op. Cit.

[55] Tina Rosenberg, « Revolution U », Foreign Policy, 16 février 2011, http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/02/16/revolution_u

[56] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », YouTube, 22 novembre 2011, https://www.youtube.com/watch?v=Z3Cd-oEvEog

[57] Michaël Béchir Ayari , « En Algérie, la rue met le pouvoir face à ses contradictions », ICG, 7 mars 2019, https://www.crisisgroup.org/fr/middle-east-north-africa/north-africa/algeria/en-algerie-la-rue-met-le-pouvoir-face-ses-contradictions

[58] Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », Op, Cit.

[59] Algérie-Focus, « Interview de Slim404, le blogueur tunisien devenu ministre », 28 juin 2011, http://www.youtube.com/watch?v=t9nr-TMKx1c&feature=player_embedded

[60] David D. Kirkpatrick et David E. Sanger, « A Tunisian-Egyptian Link That Shook Arab History », New York Times, 13 février 2011, http://www.nytimes.com/2011/02/14/world/middleeast/14egypt-tunisia-protests.html?pagewanted=1&_r=2

[61] Sofia Amara, « Monde arabe : onde de choc », Op. Cit.

[62] Slovodan Naumovic, « Otpor ! Et « La révolution électorale » en Serbie », Op. Cit.

[63] Kandelaki, G. and G. Meladze, « Enough! Kmara and the Rose Revolution in Georgia ». In Joerg Forbrig and Pavol Demeš (Eds.), Reclaiming Democracy. Civil society and Electoral Change in Central and Eastern Europe. Pp. 101- 125. Washington DC (2007), http://georgica.tsu.edu.ge/files/01-Politics/Rose%20revolution/Kandelaki&Meladze-d.u.pdf

[64] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Op. Cit.

[65] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », Op. Cit.

[66] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Op. Cit.

[67] Center for International Private Enterprise (CIPE), https://www.cipe.org/

[68] CIPE, « Algeria », https://www.cipe.org/projects/algeria/

[69] FEMED, « Associations algériennes membres de la FEMED », https://www.disparitions-euromed.org/fr/content/les-associations-alg%C3%A9riennes-membres-de-la-femed

[70] El Watan, « Collectif de la société civile algérienne pour une sortie de crise pacifique : Feuille de route pour l’instauration de la nouvelle République », 20 mars 2019, https://www.elwatan.com/edition/actualite/collectif-de-la-societe-civile-algerienne-pour-une-sortie-de-crise-pacifique-feuille-de-route-pour-linstauration-de-la-nouvelle-republique-20-03-2019

[71] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », Op. Cit.

[72] YouTube, « Quelques recommandations pour la marche de demain 01/03/2019…partagez mes frères », mise en ligne le 28 février 2019, https://www.youtube.com/watch?v=csqyMPGIOKs

[73] Remarque : la 7e directive concernant le vinaigre pour se protéger des gaz lacrymogènes avait été une recommandation des cyberactivistes tunisiens aux cyberactivistes égyptiens comme le rapportent Kirkpatrick et Sanger, Op. Cit.

[74] Hernando Calvo Ospina, « Quand une respectable fondation prend le relai de la CIA », Le Monde diplomatique, juillet 2007

[75] Mohamed Ghannouchi était premier ministre du gouvernement tunisien sous la présidence de Ben Ali.

[76] Lea-Lisa Westerhoff, « Slim Amamou : Ministre gazouilleur », Écrans, 10 février 2011, http://www.ecrans.fr/Ministre-gazouilleur,11973.html

[77] Laura King et Amro Hassan, « 3 prominent Egyptian activists say they have been abused in prison », Los Angeles Times, 10 mars 2014, http://www.latimes.com/world/worldnow/la-fg-wn-egypt-activists-abuse-20140310-story.html#axzz2vne85KIB

[78] Ibid.

[79] AFP, « En Égypte, peines de prison confirmées pour plusieurs figures de la révolte de 2011 », Libération, 7 avril 2014, http://www.liberation.fr/monde/2014/04/07/en-egypte-peines-de-prison-confirmees-pour-plusieurs-figures-de-la-revolte-de-2011_993736

[80] Egypt Today, « Activist Alaa Abdel Fattah released after 5 years in prison », 29 mars 2019, https://www.egypttoday.com/Article/2/67644/Activist-Alaa-Abdel-Fattah-released-after-5-years-in-prison

[81] Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, pp. 132-14

[82] Ibid, pp. 148-158

[83] The Washington Post, « Syrian activist was State Dept. ally; now US won't grant him asylum », 2 juillet 2017, https://www.recordonline.com/opinion/20170702/syrian-activist-was-state-dept-ally-now-us-wont-grant-him-asylum

[84] Nazef Ali, « Amendement et mise en œuvre de l’appel du CIVIC », El Watan, 27 mars 2019, https://www.elwatan.com/edition/contributions/amendement-et-mise-en-oeuvre-de-lappel-du-civic-27-03-2019

[85] Tahar Fattani, « Zehouane s'en prend au FFS l’accusant d’instrumaliser les droits de l’homme », L’expression, le 21 mars 2010, https://www.djazairess.com/fr/lexpression/74347

[86] Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Kamel Daoud, Cologne contre-enquête », Ed. Frantz Fanon, Alger, 2016

[87] France Inter, « Kamel Daoud livre son analyse des manifestations en Algérie et sur le régime Bouteflika », 8 mars 2019, https://www.youtube.com/watch?v=KDBaCmlwxk4

[88] "الرشوة"

[89] Gérard Mugemangando et Michel Collon, « “Être en partie contrôlé par la CIA ? Ça ne me dérange pas trop” », Investig’Action, 1er octobre 2000, http://michelcollon.info/Etre-en-partie-controle-par-la-CIA.html

[90] Algérie-Focus, « Interview de Slim404, le blogueur tunisien devenu ministre », Op. Cit.

 


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تونس 2011

Traduzzione: Nicola Quatrano (OSSIN)

 

Acciambellata in una delle tante valli bucoliche della catena dei monti Zagros, la città di Paveh si trova nella provincia di Kermanshah. Una regione dell’estremo ovest dell’Iran, ai confini con l’Iraq, maggioritariamente abitata da Curdi sunniti, fieri dei loro «chalouar» e della larga cintura di stoffa. Sita a una trentina di chilometri dalla frontiera irano-irachena, Paveh avrebbe potuto mantenere il fascino campestre del suo paesaggio e delle stradine sinuose che delimitano i suoi frutteti, se non fosse per la sua posizione geostrategica, le intenzioni bellicose dei paesi vicini e la strumentalizzazione delle minoranze etniche iraniane.

 

Danza curda in Iran: "chalouar" e larga cintura di tessuto

 

Già nel 1979, Paveh è stata l’epicentro della ribellione curda dopo la cacciata dello Scià e la proclamazione della Repubblica islamica dell’Iran [1]. E sempre in questa regione, durante la guerra Iran-Iraq, gli oppositori iraniani dell’Organizzazione dei mujaheddin del popolo iraniano (Mujaheddin-e-Khalq, MeK), un movimento militare armato dalle autorità irachene, tentarono di invadere l’Iran, avanzando verso Kermanshah. Vennero sgominati dall’esercito iraniano [2].

 

Paveh, ad una trentina di chilometri dalla frontiera Iraq-Iran

 

Lo scorso 7 giugno, Teheran è stata colpita da un doppio sanguinoso attentato terrorista che ha provocato 17 morti e decine di feriti. Secondo alcune fonti ufficiali, quattro dei cinque terroristi erano iraniani di origine curda [3]. Tra essi, alcuni erano originari di Paveh[4][5], in particolare Serias Sadeghi, un soggetto conosciuto dai servizi di sicurezza iraniani e ritenuto un reclutatore di Daesh nel Kurdistan iraniano[6]. Qualche fonte ha anche segnalato che questi terroristi furono coinvolti nel passato in attacchi contro alcuni saloni di bellezza femminile nella regione di Paveh, considerati luoghi immorali[7].


 

Video attribuito ai terroristi autori dell'attentato di Teheran.
L'individuo col cappuccio nero è probabilmente Serias Sadeghi
Di passaggio in Norvegia, il capo della diplomazia iraniana, sig. Javad Zarif, ha accusato l’Arabia Saudita di stare dietro questi ed altri attentati, verificatisi alla frontiera est del paese a fine aprile scorso. «Disponiamo di informazioni che dimostrano che l’Arabia Saudita è attivamente impegnata nella promozione di gruppi terroristi che operano nell’Est dell’Iran » ha dichiarato, aggiungendo poi «Nell’Ovest, anche sono in corso attività dello stesso genere, anche lì abusando dell’ospitalità diplomatica di altri paesi vicini»[8].

 

Javad Zarif accusa l’Arabia Saudita di essere responsabile del terrorismo in Iran

 

Bisogna dire che i Sauditi, gonfiati dall’indecente sostegno del presidente Trump, non hanno lesinato minacce appena velate contro l’Iran. Infatti, poche settimane prima dell’attentato, Mohammed bin Salman, il vice-principe ereditario del regno saudita (è diventato di recente il principe ereditario), fece la seguente dichiarazione: «Non attenderemo che la battaglia giunga in Arabia Saudita. Al contrario faremo in modo che la battaglia si svolga in territorio iraniano»[9].
Solo qualche ora prima degli attacchi terroristici, il ministro saudita degli affari esteri, Adel Jubeir, aveva da parte sua dichiarato che l’Iran doveva essere punita per la sua ingerenza nella regione e il suo appoggio a organizzazioni terroriste [10].

Adel Jubeir e Mohammed Ben Salmane

 

 

Questa impennata di temerarietà tartarinesca degli el-Saud è, come per caso, sbocciata appena dopo la visita del presidente Trump, che ha riservato loro niente di meno che il suo primo viaggio all’estero, una novità nella storia degli Stati Uniti.
Ricevuto fastosamente, con cavalleria, danza delle spade e grottesca collana d’oro, il presidente statunitense ha trascinato il suo ciuffo ribelle nei palazzi sauditi, portandosi appresso Melania e Ivanka coi capelli al vento[11] e, naturalmente, ha firmato contratti astronomici, in particolare 110 miliardi di dollari in vendita di armi per contrastare le «minacce iraniane» (sic !)[12]. Un modo come un altro per sfumare i proponimenti della legge «JASTA» (Justice against Sponsors of Terrorism Act), votata durante l’amministrazione Obama e che prendeva di mira specialmente il regno wahhabita[13].

 

 

 

Donald "Ibn" Trump ricevuto in pompa magna in casa Al Saoud

 

Trump non è tornato però alla sua torre di Manhattan se non dopo avere riunito il «mondo mussulmano» in, secondo la sua espressione, «questa terra sacra dove si trovano i luoghi santi dell’islam»[14]. Dimenticate le dichiarazioni islamofobiche [15], il suo «muslim ban»[16], senza parlare del progetto di «schedare i mussulmani»[17]. Trump ha approfittato dell’occasione per riciclare il concetto «bushiano» di «lotta tra il bene e il male» e ha invitato i leader mussulmani a «combattere l’estremismo islamista»[18]. Il presidente Trump e il re Salman non hanno perso l’occasione per puntare il dito contro l’Iran, loro comune nemico. Il primo lo ha accusato di «appoggiare il terrorismo» e il secondo lo ha definito «punta di lancia del terrorismo mondiale»[19]. Hanno solo dimenticato di precisare che i loro rispettivi paesi fanno parte del club dei più grandi sponsor del terrorismo jihadista mondiale.

Per quanto riguarda il mondo mussulmano, bisogna riconoscere una certa continuità tra Trump e il suo predecessore, Obama. Quest’ultimo aveva iniziato il suo primo mandato rivolgendo al mondo mussulmano il suo pomposo «discorso del Cairo»[20]. Purtroppo conosciamo i risultati del suo sermone demagogico, la sedicente «primavera araba» sta lì per ricordarcelo ogni giorno. L’unica differenza, certamente non anodina, sta nella scelta dei luoghi. Obama ha scelto la terra della Confraternita dei Fratelli Mussulmani, mentre Trump ha preferito quella del Wahhabismo.

 

 

Trump e i leader dei paesi mussulmani (Riyad, 21 maggio 2017)

 

Obama e il suo famoso "discorso del Cairo" (Il Cairo, 4 giugno 2009)

 

 

La politica statunitense decisamente produce solo effetti nefasti sul mondo arabo e le sue istituzioni. L’azione di Obama ha distrutto quel che rimaneva della «Lega araba», quella di Trump ha provocato una gigantesca crepa nelle fondamenta del CGG (Consiglio di cooperazione del Golfo).
Infatti la visita di Trump nella «terra santa dell’islam» ha prodotto un’altra conseguenza. Oltre all’attacco di prammatica contro l’Iran, il regno saudita ha unilateralmente rotto le relazioni diplomatiche col vicino Qatar, a cagione del suo «sostegno al terrorismo»[21]. Per fortuna il ridicolo non uccide.
Pièce «shakesperiana» come l’ha definita il giornalista britannico Robert Fisk [22]? Pagliacciata, o sceneggiata reale, sarebbero espressioni più appropriate. Non perché il Qatar non sostiene il terrorismo jihadista (una realtà nota da lustri e che solo oggi i «segugi» sauditi scoprono!), ma perché l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti fanno di peggio!
La vera ragione è da cercare altrove: il riavvicinamento strategico tra Doha e Teheran che sfida i desiderata dell’amministrazione Trump e dei suoi confidenti sauditi. D’altronde, giacché è oramai certo che il Qatar civetta col terrorismo islamista, perché nessuno dei paesi occidentali – tanto sensibili a questi temi – non ha mai preso seri provvedimenti contro questo paese?
Dopo il terrorismo che è costato la vita agli scienziati iraniani[23], il terrorismo informatico che ha preso di mira il programma nucleare [24], una nuova stagione di attacchi terroristi, ingiusta e irragionevole, si apre sul territorio iraniano ad opera degli Stati Uniti e dei suoi vassalli sauditi.
La strumentalizzazione dei giovani [25] (come durante le elezioni presidenziali del 2009), l’esasperazione delle tensioni etniche, l’utilizzazione dei conflitti religiosi o linguistici saranno i mezzi cui si ricorrerà per tentare di destabilizzare il paese.

 

Il pugno chiuso di OTPOR (con 2 dita verdi), simbolo della "rivoluzione verde" un'altra "rivoluzione" colorata Made in USA (Iran, estate 2009)

 

Eppure sarebbe bastato passeggiare lungo l’avenue «Vali-e-Asr», a Teheran, la sera che ha preceduto l recente elezione presidenziale,  per vedere una folla densa e gioiosa, questa bella gioventù iraniana, scandire slogan e distribuire volantini a favore dei loro candidati, per capire quanta sete di pace e felicità abbia.

 

I giovani iraniani nelle strade di Teheran durante le elezioni presidenziali (17 maggio 2017)

 

Eppure, sarebbe bastato attraversare le strade pittoresche di Paveh e della sua regione, ammirare i suoi meravigliosi paesaggi collinosi, meravigliarsi dinanzi a quella natura generosa e feconda, contemplare i bei villaggi che appaiono al termine di una curva, per comprendere la fierezza di quegli uomini abbigliati con «chalouar» e larghe cinture di stoffa, e cogliere il loro profondo attaccamento, non solo al loro territorio, ma anche alla quiete di una vita pacifica e serena.

 

Il magnifico villaggio di Quri Qaleh, vicino a Paveh (Provincia di Kermanshah, Iran)

 


Note:

[1] BBC, « 1979: Kurdish revolt grows in Iran », 23 agosto 1979,

[2]Wikipedia, « Operation Mersad »,https://en.wikipedia.org/wiki/Operation_Mersad

[3] Louis Imbert, « Iran : après les attentats, les réseaux djihadistes kurdes dans la ligne de mire de Téhéran », Le Monde, 14 iugno 2017,
[4] Thomas Erdbrink, « Iran Kurds Are Implicated in Terrorist Attacks in Tehran », The New York Times, 9 giugno 2017,

[6] Ara Bendix, «Iranian Kurds Likely Responsible for ISIS Attacks in Tehran», The Atlantic, 10 giugno 2017,

[7] Vedi riferimento 3

[8] AFP, « Golfe : l'Iran propose un mécanisme de paix et accuse Ryad», Romandie, 13 giugno 2017,https://www.romandie.com/news/Golfe-l-Iran-propose-un-mecanisme-de-paix-et-accuse-Ryad/804927.rom
[9] Louis Imbert, « L’Iran se sent acculé par l’agressivité des États-Unis et de l’Arabie saoudite », Le Monde, 8 giugno 2017,

[10] Al Arabiya English, « Saudi FM: Iran must be punished for its interference in the region », 6 giugno 2017,

[11] Huffington Post, « Melania et Ivanka Trump sans voile en Arabie saoudite... comme Michelle Obama que Donald Trump jugeait "insultante"», 20 maggio 2017,http://www.huffingtonpost.fr/2017/05/20/melania-et-ivanka-trump-sans-voile-en-arabie-saoudite-comme-m_a_22100587/

[12] AFP, «Accueil royal et méga-contrats pour Trump en Arabie saoudite», La Libre, 20 maggio 2017,http://www.lalibre.be/actu/international/accueil-royal-et-mega-contrats-pour-trump-en-arabie-saoudite-59206d94cd70022542ef4e34

[13] Le Monde, « Loi « Jasta » : vent de tempête entre Riyad et Washington », 30 settembre 2016,http://www.lemonde.fr/idees/article/2016/09/30/loi-jasta-vent-de-tempete-entre-riyad-et-washington_5006066_3232.html

[14] AFP, « A Ryad, Trump appelle les musulmans à lutter contre l’extrémisme », Libération, 21 maggio 2017,


[16] Elodie Hervé, « Muslim Ban": ce qu'il faut savoir du décret anti-immigration de Trump », BFMTV, 30 gennaio 2017,

[17] Le Figaro, « USA : Trump suggère de ficher les musulmans », 20 novembre 2015, http://www.lefigaro.fr/flash-actu/2015/11/20/97001-20151120FILWWW00396-usatrump-suggere-de-ficher-les-musulmans.php

[18] Adrien Jaulmes, « À Riyad, Trump appelle les musulmans à "combattre l'extrémisme islamiste"», Le Figaro, 21 maggio 2017,

[19] Vedi riferimento 13

[20] La Paix Maintenant, « Discours d’Obama au Caire (texte intégral en traduction française) », The Guardian, 4 giugno 2009,

[21] Europe 1, « L'Arabie et ses alliés rompent avec le Qatar, accusé de "soutenir le terrorisme" », 5 giugno 2017,

[22] Robert Fisk, « This is the real story behind the economic crisis unfolding in Qatar », The Independent, 8 giugno 2017,

[23] Dan Raviv, « U.S. pushing Israel to stop assassinating Iranian nuclear Scientists », CBS, 1° marzo 2014,http://www.cbsnews.com/news/us-pushing-israel-to-stop-assassinating-iranian-nuclear-scientists/

[24] Martin Untersinger, « Stuxnet : comment les Etats-Unis et Israël ont piraté le nucléaire iranien », Le Nouvel Observateur, 4 giugno 2012,

[25] Ahmed Bensaada, «Stati Uniti: destabilizzazione 2.0», www.ossin.org, giugno 2017, http://www.ossin.org/uno-sguardo-al-mondo/analisi/2114-stati-uniti-destabilizzazione-2-0


 


Versione francese di questo articolo

Versione spagnola di questo articolo



 

 


 


 


 

 

Traducción del francés: Purificación González de la Blanca

 

Una multitud densa, un ambiente festivo, jóvenes en la flor de la vida, lemas incisivos, humor sutil y corrosivo, una encantadora bailarina que, como en un paréntesis, posa para la posteridad [1], jóvenes que barren las calles después de las marchas, otros que abrazan a los policías o les ofrecen flores, botellas de agua distribuidas a los manifestantes, una pareja dibuja un paso de danza en una calle de Argel [2] ...

¿Cómo no estar orgullosos de esta juventud argelina llena de vitalidad, mostrando a los ojos del mundo su madurez política, su disciplina y su pacifismo? ¿Cómo no estar orgullosos de este despertar popular que podría poner fin a décadas de inmovilidad política que han llevado a la ruptura de much os sectores socioeconómicos, han provocado la fuga de cerebros y ha lanzado a cohortes de "harragas"? * (jóvenes que huyen a Europa en pateras)

Puede que se diga: esta revuelta es beneficiosa como una lluvia después de la sequía, que brilla como la luz después de una noche oscura y tan prometedora como un brote que alcanza su punto máximo después de un largo invierno. Pero más allá de estas imágenes idílicas de protesta, varias preguntas vienen a la mente sobre estas protestas populares.

¿Son espontáneas? ¿Cómo es que están tan bien organizadas? ¿Es natural ofrecer flores a la policía en un país donde esta tradición no se usa ni siquiera dentro de las familias? ¿Cómo es que los jóvenes limpian las calles después de las marchas mientras que los otros días estas calles están llenas de basura? ¿Cómo se diseñan los eslóganes y quién los envía, a través de las redes sociales, avisos de manifestaciones estudiantiles o huelgas en todo el territorio nacional e incluso en el extranjero? ¿Por qué este humor y sarcasmo son ampliamente utilizados como arma de reclamo?

Para responder a estas y muchas otras preguntas, es necesario volver a los movimientos de protesta no violentos similares que han sacudido a diferentes países desde principios de siglo.


Revoluciones de colores

Las revueltas que han trastornado el panorama político de los países de Europa del Este o las antiguas repúblicas soviéticas han sido calificadas de "revoluciones de colores". Serbia (2000), Georgia (2003), Ukrania (2004) y Kirghizstan (2005), son algunos ejemplos.

Todas estas revoluciones, que se han saldado con éxitos rotundos, se han basado en la movilización de jóvenes activistas locales pro-Occidentales, estudiantes inquietos y blogueros enganchados e insatisfechos con el sistema.

Muchos estudios y muchos libros han sido dedicados a estas convulsiones políticas.  Por ejemplo, el artículo completo y muy detallado sobre el papel de los Estados Unidos en las “revoluciones de colores", por G. Sussman y S. Krader de la Universidad Estatal de Portland, afirma en su resumen:

<< Entre 2000 y 2005, los gobiernos aliados de Rusia en Serbia, Georgia, Ucrania y Kirguistán fueron derrocados por revueltas sin sangre. Aunque los medios occidentales en general afirman que estos levantamientos son espontáneos, autóctonos y populares (el poder de la gente), las “revoluciones de colores" son en realidad el resultado de una intensa planificación. Los Estados Unidos, en particular, y sus aliados han ejercido un impresionante despliegue de presiones, en todas sus modalidades, sobre los estados poscomunistas y han utilizado la financiación y la tecnología al servicio de la “ayuda a la democracia>> [3]

La implicación de numerosas   organizaciones e instituciones estadounidenses   ha sido inequívocamente establecida.  Éstas incluyen la Agencia de los Estados Unidos para el Desarrollo Internacional (USAID), la Fundación Nacional para la Democracia (NED), el Instituto Republicano Internacional (IRI), el Instituto Nacional Demócrata para Asuntos Internacionales (NDI), Freedom House (FH), la Institución Albert Einstein (AEI) y la Open Society Institute (OSI) [4], [5].

Estas instituciones y agencias son todas estadounidenses y están financiadas por el presupuesto de los EE. UU. O el capital privado de los EE. UU. [6]. Por ejemplo, la NED está financiada por un presupuesto del Congreso y los fondos son administrados por una junta directiva que incluye al Partido Republicano, el Partido Demócrata, la Cámara de Comercio de los EE. UU. Y el sindicato

Federación Americana del Trabajo-Congreso de la Organización Industrial (AFL-CIO), mientras que la OSI es parte de la Fundación Soros, que lleva el nombre de su fundador George Soros, el multimillonario estadounidense, ilustre especulador financiero.

Con respecto al papel real de la NED, es interesante repetir la declaración (en 1991) de Allen Weinstein, director del grupo de estudio que condujo a la fundación de este cuerpo:  "Mucho de lo que [NED] estamos haciendo hoy, se hace secretamente desde hace 25 años por la CIA "[7].  Por su parte, el presidente de la NED, Carl Gershman, dijo en 1999 que «la promoción de la democracia se ha convertido en un campo establecido de la actividad internacional y en un pilar de la política exterior estadounidense". [8]. En resumen, todas estas agencias estadounidenses están especializadas en la “exportación de La democracia" siempre que sirva a la política exterior de los Estados Unidos.

La NED trabaja a través de cuatro organizaciones separadas y complementarias afiliadas a ella. Además de IRI y NDI, también incluye el Centro para la Empresa Privada Internacional (CIPE- Cámara de Comercio de los EE. UU.)   y   el   Centro Americano   para   la Solidaridad Laboral Internacional (ACILS - AFL-CIO), conocido como el Centro de Solidaridad [9].

Numerosos movimientos han sido creados en cada lugar para liderar las revueltas coloridas: Otpor ("Resistencia"), en Serbia, Kmara ("¡Es suficiente!") en Georgia, PORA ("Es hora"), en Ucrania y KelKel ("Renacimiento"), en Kirguistán. El primero de estos, Otpor, fue el que causó la   caída   del   gobierno yugoslavo de Slobodan Milosevic. Dirigido por Srdja Popovic, Otpor aboga por la aplicación de la ideología de resistencia individual no violenta, teorizada por el filósofo y científico político estadounidense Gene Sharp.

Profesor emérito de Ciencias Políticas en la Universidad de Massachusetts, también ha sido investigador en Harvard y presuntamente candidato potencial para el Premio Nobel de la Paz 2009 [10], 2012 [11] y 2013 [12].


Srdja Popovic


Su trabajo "De la dictadura a la democracia" fue la base de todas las revoluciones de colores.

Disponible en 25 idiomas (incluido el árabe), este libro puede ser gratuitamente descargado por Internet. Gene Sharp es el fundador de la Institución Albert Einstein, que oficialmente es una asociación sin fines de lucro que se especializa en el estudio de los métodos de resistencia no violentos en conflicto. Este organismo está financiado por, entre otros, NED, IRI y OSI [13].

Los contactos entre la AEI y Otpor comenzaron a principios de 2000. La aplicación escrupulosa de los principios de resistencia individual no violenta promulgada por Gene Sharp permitió la rápida caída del gobierno serbio. Este evento representa el primer éxito de la teoría “sharpiana” sobre el terreno, la transición de la teoría a la práctica.

Armados con su experiencia en regímenes autoritarios desestabilizadores, los activistas de Otpor fundaron un centro para la formación revolucionaria en todo el mundo. Esta institución, el Centro de Acción y Estrategias No Violentas Aplicadas (CANVAS), se encuentra en la capital serbia y su director ejecutivo es Srdja Popovic. CANVAS está financiado por, entre otros, IRI, Freedom House y el propio George Soros [14]. Uno de los documentos que circulan en la Web e ilustran la capacitación proporcionada por este centro es "La lucha no violenta en 50 puntos" [15], que está inspirada en gran medida en la tesis de Gene Sharp. Este libro menciona 199 "métodos de acción no violenta".

Mencionamos algunos de ellos utilizando la numeración adoptada en el manual de CANVAS:


• N ° 6. Peticiones colectivas o en grupo.

• No. 7: Lemas, caricaturas y símbolos.

• Nº 8: Banners, carteles y vallas publicitarias.

• No. 12a: Mensajería electrónica masiva

• N ° 25: Ver retratos.

• N ° 28: Protestas ruidosas

• No. 32: burlarse de los oficiales

• No. 33: Fraternizar con el enemigo.

• No. 35: Bocetos y engaños.

• N ° 36: Teatro y conciertos.

• No. 37: Canciones

• No. 44: Simulacro Funerario

• No. 62: Huelgas estudiantiles

• No. 63: Desobediencia social.

• No. 147: Cooperación no judicial

• No. 199: Gobierno paralelo


Los expertos serbios en CANVAS ayudaron efectivamente a activistas en Georgia (2003) y Ucrania [16] (2004), y también en Líbano [17] (2005) y Maldivas (2008) [18]. Y han participado, aunque con menos éxito, en Albania, Bielorrusia, Uzbekistán [19], Irán [20] y Venezuela [21].

El logotipo adoptado por Otpor (y más tarde por CANVAS) fue ampliamente utilizado en revueltas posteriores.    Es un puño estilizado que se ha convertido, con el tiempo, en la huella del entrenamiento CANVAS. Ha sido ampliamente utilizado por activistas en los países mencionados anteriormente.



Otpor (Serbia) Kmara (Georgia)
Javu (Venezuela) Revolución verde (Irán)


La primavera árabe

Los levantamientos populares que afectaron a los países árabes hacia finales de 2010 son solo una extensión de las revoluciones de colores. Falaciosamente calificadas como "primavera" por los medios de comunicación occidentales, se beneficiaron del mismo apoyo, la misma financiación y la misma capacitación [22], al tiempo que aprovecharon el desarrollo exponencial de las nuevas tecnologías de la comunicación y las redes sociales.

Así, activistas, manifestantes involucrados en las revueltas, se convirtieron en activistas cibernéticos porque la revuelta tuvo lugar más en el ciberespacio que en el espacio real. La organización, la movilización, los llamamientos a demostrar, la sincronización y la diversidad de Acciones sobre el terreno nunca habrían sido tan eficaces sin las nuevas tecnologías. Wael Ghonim, uno de los activistas más famosos de la "primavera" egipcia, incluso escribió un libro titulado "Revolución 2.0" [23].

Las organizaciones de "exportación de democracia" ayudaron a crear lo que Pierre Boisselet [24], un periodista francés, llamó "la Liga Árabe de la Red". Por lo tanto, muchos blogueros de diferentes países árabes se han capacitado en nuevas tecnologías y se han conectado en red entre sí y con expertos [25].

Varias reuniones conectaron esta "Liga Árabe" mucho antes del comienzo de la Primavera Árabe (y continuaron después). Por ejemplo, la segunda reunión de blogueros árabes, que tuvo lugar en Beirut del 8 al 12 de diciembre de 2009, reunió a más de 60 ciberactivistas de 10 países árabes [26].

Las "estrellas" árabes de la red se reunieron allí: los tunecinos Sami Ben Gharbia, Slim Amamou y Lina Ben Mhenni, los egipcios Alaa Abdelfattah y Wael Abbas, el mauritano Nasser Weddady, Bahreini Ali Abdulemam, el marroquí Hisham AlMiraat, Sudán Amir Ahmad Nasr, Sirio Razan Ghazzaoui, etc. [27]



Sami Ben Gharbia Alaa Abdelfattah Ali Abdulemam
Amir Ahmad Nasr Hisham AlMiraat Nasser Weddady
Lina Ben Mhenni Razan Ghazzaoui Slim Amamou

Algunos miembros de la “liga árabe de la NET “


Y eso no es todo. Los gigantes de la red (Twitter, YouTube, Google, Facebook, etc.) trabajaron con el Departamento de Estado de los EE. UU. Y las organizaciones de "exportación de la democracia" para reunir a los ciberactivistas en 2008, 2009 y 2010 [28]. Esto se hizo bajo el paraguas de la Alianza de Movimientos Juveniles (AYM), cuya misión está claramente publicada en su sitio web:

i) identificar a los ciberactivistas en las regiones de interés;

(ii) conectarlos con expertos y miembros de la sociedad civil; y

(iii) apoyarlos capacitándolos, aconsejándolos y proporcionándoles una plataforma para iniciar contactos y desarrollarlos a lo largo del tiempo [29].

La entonces secretaria de Estado, Hillary Clinton, habló en persona en la cumbre de AYM en 2009.   Esta última no dejó de cubrir de alabanzas las nuevas tecnologías usadas durante la "primavera" árabe. "Internet se ha convertido en el espacio público del siglo XXI";"Las manifestaciones en Egipto e Irán, impulsadas por Facebook, Twitter y YouTube, reflejan el poder de conectar las tecnologías como aceleradores del cambio político, social y económico”, dijo el 15 de febrero de 2011 [30].

Además de la capacitación en el ciberespacio, los activistas árabes han sido introducidos a las técnicas de CANVAS a fin de reportar las manifestaciones en tiempo real.  Un caso de escuela es el del egipcio Mohamed Adel, portavoz del "Movimiento del 6 de abril" [31]. De hecho, declaró en una entrevista con el canal Al Jazeera (emitida el 9 de febrero de 2011) que había realizado

un periodo de preparación en CANVAS durante el verano de 2009, mucho antes de los disturbios en la Plaza Tahrir. [32]. Se familiarizó con las técnicas de organización de masas y comportamientos a adoptar frente a la violencia policial:     "Estaba en Serbia y me entrené   para organizar manifestaciones pacíficas y los mejores medios para oponerse a la "La brutalidad de los servicios de seguridad", dijo en esta entrevista. Posteriormente, formó formadores [33].

Esta información fue confirmada por Srdja Popovic: "Sí, es cierto. En particular, capacitamos a jóvenes del Movimiento del 6 de abril ", confesó a un periodista sueco [34].



Mohamed Adel et Srdja Popovic (Serbie, 2009)

Foto perteneciente al documento titulado: «Mundo árabe: la onda de choque» [35]


Es por esta razón que los “métodos de acción no violenta” recomendados por CANVAS fueron ampliamente observados durante las manifestaciones que sacudieron las calles árabes.  En particular, el puño de Otpor, firma de CANVAS, ha sido muy utilizado por los ciberactivistas árabes, desde el Atlántico hasta el Golfo.


Egipto Tunisia Marruecos
Libya Bahreïn Syria



Argelia

 


Argelia 2011: la “primaverización” abortada

Al igual que los países árabes de la Zona MENA, «Middle East and North Africa», es decir de Medio Oriente Oriente y Norte de África, de acuerdo con la clasificación de NED, Argelia no se ha librado de la ola "primaverizadora" de 2011, porque, hay que decirlo, este país es uno de los más (si no el más) codiciados de la región. Las mismas redes se activaron y las instituciones mencionadas anteriormente esperaban que cayera en la bolsa de la "exportación de la democracia”.

Sin embargo, la "primavera" no hizo presa de la población argelina, probablemente por el doloroso recuerdo de un decenio negro y sangrante que llenó de luto a toda la nación. Pero los actores de la revuelta han continuado en el empeño.

El desafío al gobierno fue organizado por la Coordinación Nacional para el Cambio y la Democracia (CNCD), que reunió a varios partidos políticos, ONG y sindicatos.   Entre los firmantes de la primera versión de la CNCD (se dividió más adelante),   encontramos a la Liga Argelina para la Defensa de los Derechos Humanos (LADDH),  la   Unión  Nacional de Personal Autónomo de la Administración Pública (SNAPAP) ), el partido "Rally for Culture and Democracy" (RCD),  el partido "Front of Socialist Forces" (FFS), Fodil Boumala, la asociación "SOS Desaparecidos” y el Youth Action Rally (RAJ) [36] .

La consulta de los informes anuales de la NED muestra que LADDH recibió subvenciones de los EE. UU. En 2002 [37], 2004 [38], 2005 [39], 2006 [40] y 2010 [41] (ver el cuadro siguiente).


Liga Argelina de Defensa de los Derechos Humanos (LADDH)

Año

Cantidad ($)

2002

20 000

2004

---

2005

20 000

2006

40 000

2010

37 000


La SNAPAP, concretamente, está en estrecha relación con el Solidarity Center (uno de los cuatro componentes de la NED) como se explica en la página «Argelia» de la web de este organismo [42].

El 4 de marzo de 2011, en pleno embrión de la "primavera" argelina, la directora del Departamento Internacional del Centro de Solidaridad, Cathy Feingold, escribió una carta al Presidente Abdelaziz Bouteflika.   Expresó su preocupación por la violencia policial contra "manifestantes pacíficos” en Argelia y expuso que "nosotros [el Centro de Solidaridad] observamos con gran preocupación que entre los heridos recientemente estaba el líder sindical Sr. Rachid Malaoui, Presidente del sector público de la Unión Sindical Nacional del personal Autónomo de la Administración Pública (SNAPAP) "[43].

Cathy Feingold envió una segunda carta al presidente Bouteflika el 14 de octubre de 2011. El nombre de "el principal activista de la CNCD", el Sr. Malaoui, aparece tres veces [44]. Y la Sra. Feingold parecía estar bien informada sobre el activismo político argelino (probablemente en tiempo real).

Por su parte, el RCD es un partido cuyo presidente fue Saïd Sadi cuando las manifestaciones antigubernamentales ocuparon las calles de Argel. El nombre de este político fue mencionado en el cable de WikiLeaks 07ALGIERS1806 [45], con fecha 19 de diciembre de 2007. Este documento muestra que Saïd Sadi tuvo discusiones políticas "acaloradas" con el embajador de Estados Unidos en Argel. El editor del cable señaló que Said Sadi comparó al gobierno del presidente Bouteflika con “una pandilla de Tikrit", en alusión a Saddam Hussein y su región de origen en Irak. El ex líder de RCD llegó al extremo de pedir "apoyo externo": "Sadi advirtió a los Estados Unidos sobre los peligros a largo   plazo   de   permanecer   en silencio ante lo que consideraba el deterioro de la democracia argelina, como atestiguan las elecciones locales. En opinión de Sadi, el apoyo externo es esencial para la supervivencia de la democracia y el compromiso productivo de los jóvenes argelinos, el 70 por ciento de la población, en la vida política y económica ".

En su cuenta de Twitter, Fodil Boumala, cofundador de la CNCD, se describe a sí mismo como "escritor-periodista, ciberactivista, activista de derechos humanos, opositor político independiente, fundador de Res Publica II (ONG) en Facebook y YouTube" [46]. Agregue a eso que Boumala se dio a conocer al público argelino animando emisiones políticas en la televisión nacional argelina. El 20 de enero de 2012, se organizó en Montreal una conferencia titulada "La primavera árabe, un año después: revuelta, interferencia e islamismo" [47]. Además de mí, los oradores invitados fueron Fodil Boumala y Mezri Haddad (desde París a través de Skype). El debate fue muy animado y los intercambios muy vivos. Fue durante uno de estos intercambios cuando Fodil Boumala declaró que, durante uno de sus viajes a los Estados Unidos, fue recibido por el presidente Obama en persona. Es cierto que la administración estadounidense ha abierto fácilmente las puertas de sus más prestigiosos despachos a los ciberactivistas árabes, que han sido recibidos por personajes principales. Si la confesión de Fodil Boumala resulta ser cierta, debe ser uno de los pocos que haya conseguido una reunión a este importante nivel.


Hillary Clinton y el ciberactivista egipcio Bassem Samir (Washington 2010)


Según el sitio web e-Joussour, "SOS Desaparecidos», esta organización cuyo nombre aparece en la lista de fundadores de la CNCD, es «una asociación   argelina de apoyo y asesoramiento legal y administrativo a las miles de familias de víctimas de desaparición forzosa en Argelia. [...]. “"SOS desaparecidos" nació en 2001, después de la creación, en 1998, en Francia, del “Colectivo de Familias de Desaparecidos en Argelia” (CFDA) por iniciativa de un pequeño grupo de familias de desaparecidos. "Nuestra asociación trabaja en constante colaboración con la CFDA, que es la interfaz entre las familias argelinas y los organismos internacionales   para la protección de los derechos humanos, como la ONU o la Comisión Africana de DerechosHumanos" [48] .

Por lo tanto, "SOS desaparecidos" trabajaría en estrecha colaboración con el CFDA, que es una asociación según la ley francesa registrada, en París (Francia). Por otro lado, en el sitio web de la CFDA, di ce que «en septiembre de 2001, la CFDA pudo abrir su primera oficina en Argelia, bajo el nombre de SOS Disparu (e) s, para estructurar el movimiento de madres de Desaparecidos y ofrecer a todas las víctimas asistencia en sus procedimientos administrativos y judiciales, así como asistencia psicológica. Desde entonces, se ha abierto otra oficina de SOS Disparu (e) s en Orán y se han creado varios comités defamilia en el resto del país" [49].

Por lo tanto, se debe tener en cuenta que "SOS desaparecidos" es, en última instancia, solo una "rama" argelina de la CFDA, su empresa matriz francesa. Debemos darnos cuenta de que el CFDA no es desconocido para la NED, por el contrario. De todas las organizaciones   que figuran en   la lista «Argelia» de la NED, es la que ha   recibido las subvenciones más frecuentes de los Estados Unidos. La siguiente tabla las relaciona.


Colectivo de Familias de Desaparecidos en Argelia (CFDA)

Año

Cantidad ($)

2005

40 000

2006

43 500

2007

46 200

2009

38 200

2010

40 000

2011

40 000


Cabe señalar que CFDA y "SOS Desaparecidos" a menudo realizan sus acciones conjuntas, en Coaliciones que reagrupan a otras asociaciones con perfiles similares como «Soumoud» y "Djazaïrouna" [50], [51].

Finalmente, debe notarse que la AJA recibió fondos de $ 25,000 del NED en 2011 [52].


Argelia 2019: la «primaverización» en marcha

Desde el 22 de febrero de 2019, las calles argelinas están experimentando una efervescencia sin precedentes. Algunas personas incluso afirman que no han presenciado tales manifestaciones populares desde la independencia del país.  La prensa nacional e internacional no cesan de elogiar la madurez política de la juventud argelina, su gran sentido del humor y su organización ejemplar.

Los medios de comunicación y numerosos "analistas" desde los platós de televisión también se han se han referido a la "espontaneidad" de la revuelta. Tal afirmación revela una incompetencia abismal, una memoria corta o una toma de partido para una agenda precisa.

 

  • De la espontaneidad de las revueltas no-violentas

"Estas manifestaciones tienen un aire espontáneo. De ahí viene su fuerza. Sin embargo, casi casa detalle está pensado en [...]. Algunos ingredientes inteligentemente dispuestos y apenas a un año de preparación resultan más efectivos que las bombas.”

Contrariamente a lo que uno pueda pensar, estas frases no tienen relación con Argelia o las revueltas de la calle árabe. Se tomaron de un artículo escrito en enero de 2005 por Régis Genté y Laurent Rouy, que trataba sobre revoluciones de colores [53] y cuyas conclusiones corroboran las de G. Sussman y S. Krader citadas al comienzo de este trabajo [ 54].

Siempre sobre este tema, está el comentario de Ivan Marovic, ex activista serbio Otpor y formador en CANVAS: "Las revoluciones a menudo se consideran espontáneas. Parece que la gente acaba de ir a las calles. Pero es el resultado de meses o años de preparación. Es muy aburrido hasta que llegas a un cierto punto donde puedes organizar demostraciones o huelgas masivas. Si esto se planifica cuidadosamente, cuando comiencen, todo habrá terminado en unas pocas semanas ". [55]

En una de sus muchas conferencias públicas, Sjrda Popovic explica que: "Le han mentido sobre el éxito y la espontaneidad de las revoluciones no violentas. Cuando ves a un joven en la calle confraternizando con la policía o el ejército, alguien lo pensó antes "[56].

Sobre los acontecimientos actuales en Argelia, Michaël Béchir Ayari, investigadora y analista política, no cree en la espontaneidad del movimiento: "En Argel, pocos manifestantes afirman que este movimiento es completamente espontáneo. La mayoría de ellos dice que no se hacen ilusiones sobre la presencia de actores desde la sombra de diferentes sectores de la sociedad argelina, que alimentan este movimiento.  Muchos de estos actores participan en estas protestas o las apoyan discretamente. "[57]

De hecho, la aparente espontaneidad de estos movimientos populares no solo es "atractiva", sino que siempre está acompañada por la sorpresa, y la incredulidad de muchos, es humanamente comprensible.  Nada es mejor que una bella revuelta espontánea y popular para la imaginación colectiva y el romanticismo revolucionario. La revuelta de David contra Goliat, la venganza de los débiles contra los poderosos, el pequeño pueblo armado con su fe contra el tirano omnipotente ...

Sin embargo, el ex presidente de los Estados Unidos, Franklin D. Roosevelt (1882-1945) nos advirtió: "En política, nada sucede por accidente. Si algo sucede, puedes apostar que fue planeado de esa manera ".

Y el caso argelino ciertamente no es la excepción, como explicaremos aquí.


  • De la participación de ciberactivistas argelinos a la "Liga Árabe de la NET" y a los entrenamientos de CANVAS.

No hay ninguna razón por la que los argelinos no hayan sido asociados al programa de “exportación de la democracia”. Argelia es un país joven, rico y geoestratégicamente muy importante. Está gobernado por una clase política que no difiere de sus vecinos "primaverizados” y además es el último bastión del "frente de rechazo" árabe.

La consulta de la lista de participantes del segundo «Encuentro de Blogueros Árabes" que tuvo lugar en Beirut y que se mencionó anteriormente muestra que los ciberactivistas argelinos participaron [58]. Esto fue corroborado por el famoso ciberactivista tunecino Slim Amamou, a quiense le preguntó si tenía algún contacto o intercambio de experiencias con otros ciberdisidentes en el mundo árabe, incluida Argelia: "Primero, Los lazos se tejieron mucho antes de la revolución [tunecina]. Es decir, la revolución no comenzó en diciembre de 2010. […] Y nos apoyamos mutuamente [...] la red ya existe. Los ciberdisidentes y los activistas egipcios son nuestros amigos. Y tenemos amigos en Bahrein, Siria, Yemen ... En Argelia, yo personalmente no tengo muchos, pero estoy seguro de que ya hay conexiones preestablecidas [...]. Eso es antes de la revolución. Nos apoyaron y nosotros los apoyamos [...]. Y es mutuo: cuando los necesitamos, los encontramos; cuando nos necesitan, nos encuentran.  Y es toda una red, no hay frontera. Después de la revolución, los enlaces siguen allí y siguen aumentando "[59].

En un artículo publicado en el New York Times el 13 de febrero de 2011, David D. Kirkpatrick y David E. Sanger informan sobre los propósitos de Walid Rachid, miembro del "Movimiento del 6 de abril" en Egipto: "Túnez es la fuerza que impulsó Egipto, pero lo que Egipto ha hecho será la fuerza que empujará al mundo ". Walid Rachid también menciona que los miembros de su movimiento han intercambiado experiencias con movimientos juveniles similares en Libia, Argelia, Marruecos e Irán. [60]

Respecto a las formaciones CANVAS, Mohamed Adel admitió haber viajado a Serbia con otros catorce militantes argelinos y egipcios [61].

En resumen, se puede decir que los activistas argelinos han sido capacitados no solo para dominar el ciberespacio como parte de la "exportación de la democracia" al mundo árabe, sino también en las técnicas de acción no violenta, mientras se mantienen fuertes contactos con sus homólogos de los países árabes "primaverizados".


  • De la dualidad de la comunicación en las revueltas no-violententas.

En un artículo investigado sobre el movimiento Otpor, Slovodan Naumovic explica que la acción política de este movimiento es desarrollar las llamadas campañas de comunicación positivas y negativas: "Lo primero es construir un capital de simpatía y confianza [del movimiento] cerca de la población. [...] La segunda campaña, llamada negativa, se basa en técnicas llenas de imaginación, humor y buen humor, que a menudo utilizan métodos satíricos para enfatizar lo absurdo del régimen. La acción negativa consiste, en definitiva, en desacreditar al régimen ante la opinión. "[62]

Esta dualidad ha sido ampliamente utilizada en las manifestaciones de las calles árabes, y también recientemente en Argelia.


Argelia 2019 Tunisia 2011
Argelia 201919 Egipto 2011
Argelia 20192019 Tunisia 201111 2011
Argelia 2019 Egypto 2011
Argelia 2019 Egipto 2011


Algunos ejemplos de campaña negativa

Numerosas acciones fueron realizadas sobre el terreno con la finalidad de dar una imagen atractiva y simpática del movimiento y, así, desarrollar una campaña de comunicación positiva. Citemos como ejemplo el entusiasmo, el buen humor, énfasis en la naturaleza pacífica y no violenta de las manifestaciones, la distribución de botellas de agua, barridos de calles, etc.


Algunos ejemplos de campaña positiva


A tener en cuenta que estos procedimientos son conforme a los "métodos de acción no violenta” recomendados en el manual de CANVAS, especialmente los números 7, 8, 28, 32 y 37.

Sobre el tema de la limpieza de calles que ha sido ampliamente aclamado por la prensa nacional e internacional, cabe señalar que esta es una práctica muy común en las protestas no violentas. Ya, en 2003, el movimiento georgiano Kmara hizo que la calle limpiara su campo de batalla a través de campañas llamadas «Limpia tu calle" y "Limpia tu país" ("Limpia tus calles" y "Limpia tu país"). Estas acciones sencillas y prácticas contribuyeron a la popularización de los objetivos de KMARA y las convirtieron en una marca en muy poco tiempo. [63]

Más cerca de nosotros, los activistas egipcios también han usado este método para atraerse las simpatias del pueblo y dar una magen positiva de su movimiento. Quienes conocen Egipto (y El Cairo en particular) saben que mantener la limpieza de las calles es el mayor fracaso de los gobiernos sucesivos en este país. Un joven que limpia las calles no solo es el símbolo de un gobierno incompetente, sino sobre todo el sueño de un futuro limpio, sano y radiante de felicidad. Es un poco el caso de Argelia, donde la limpieza de las ciudades deja que desear, es lo menos que se puede decir.


Limpieza de las calles después de las manifestaciones (Egipto 2011)


  • De la Fraternización con el "enemigo" en revueltas no violentas.

En el vocabulario de CANVAS, la no violencia tiene por enemigo las instituciones que están dedicadas a utilizar la violencia en los regímenes autocráticos, en este caso la policía y el ejército.

Para Sjrda Popovic, es crucial que los manifestantes no parezcan amenazadores y agresivos hacia los pilares de la fuerza que son la policía y el ejército: "Desde el principio, actuamos con mucha fraternización hacia la policía y el ejército, trayéndoles flores y pasteles, en lugar de gritar o tirar piedras.  Este modelo ha funcionado eficazmente en todo el mundo, particularmente en Georgia y Ucrania. Una vez que entiendes que la policía son solo hombres con uniformes de policía, tu percepción cambia y la persuasión opera. "[64]

Según lo declarado por Popovic, esta forma de simpatizar con los poseedores de la fuerza es muy efectiva y está en línea con los principios de la lucha no violenta. Aquí hay algunos ejemplos en relación con la distribución de flores.


Serbia 2000 Georgia 2003
Ukrania 2004 Kirghizstan 2005

Revoluciones de colores



Egypto Tunisia
Yémen Bahreïn

La «primavera» árabe (2011)


Argelia, 2009


Y la fraternización no se limita a ofrecer flores.


Fraternización con el «enemigo» (Argelia, 2019)


Estas dos últimas fotos son para comparar con las siguientes:


Tunisia 2011

Serbia 2000

  • Del humor en las revueltas no- violentas

Una de las características más notables de las manifestaciones argelinas es ciertamente la del humor. Las pancartas, los eslóganes y los complementos atestiguan una creatividad ilimitada y un agudo sentido del humor. Sin embargo, este rasgo de carácter no es propio de Argelia: forma parte integrante de los métodos de reivindicación utilizados en la lucha no violenta.

Sjrda Popovic considera que el humor es una herramienta muy poderosa: "El humor realmente duele porque estos muchachos se toman en serio a sí mismos. Cuando empiezas a burlarte de ellos, duele. "[65]

Según el director de CANVAS, "[La creatividad y el humor son] absolutamente cruciales. El sentido del humor y la sátira de Otpor han tenido éxito en difundir un mensaje positivo, atraer al público más amplio posible y dar a nuestros oponentes, a esos burócratas de cabeza gris y cuadrada, un aire estúpido, ridículo. Más importante aún, rompió el miedo e inspiró a la agotada, decepcionada y apática sociedad serbia de finales de los años noventa". [66]


Humor (Argelia 2019)


Este humor ha sido también visible en los países árabes que han padecido movimientos de contestación.  He aquí algunos ejemplos provenientes de Egipto.


Humor (Egipto 2011)


Otro humor, más negro éste, es el número 44 y se titula "Simulacrum of Funeral" en el manual de CANVAS. Fue utilizado en Argelia el 1 de marzo de 2019 para simular el funeral del presidente Bouteflika envuelto en una bandera marroquí:


 

El análisis de las diversas acciones llevadas a cabo durante los eventos de la calle argelina muestra que otros puntos de la lista de "199 métodos de acción noviolenta" de CANVAS se utilizaron sobre el terreno. Sin embargo, sería tedioso enumerarlos a todos en este trabajo.


  • De la financiación reciente de la NED

Después de las resonantes revelaciones de la financiación otorgada a los activistas árabes por la NED y otras agencias "exportadoras" de democracia durante la “primavera" árabe, se habría pensado que estos "banqueros de la revuelta" cesarían sus actividades, o, al menos, se volverían más discretos. No es así.

El informe anual más reciente de NED concerniente a Argelia en 2018 muestra que 3 organizaciones argelinas han sido financiadas (ver el cuadro siguiente)


Financiación NED 2018 (Argelia)

Organismo

Cantidad ($)

Center for International Private Enterprise (CIPE)

234 669

Fédération Euro-Méditerranéenne Contre les Disparitions Forcées

30 000

Association Djazairouna

26 000


En el sitio web oficial del CIPE [67], se puede leer: "CIPE es uno de los cuatro institutos principales del National Endowment for Democracy y una filial de la Cámara de Comercio de los Estados Unidos. En CIPE, creemos que la democracia está en su apogeo cuando el sector privado está en auge. Al trabajar con nuestros socios locales, incluidas las asociaciones de la industria, las cámaras de comercio, los think tanks, el mundo académico y las organizaciones de defensa de los los derechos, el CIPE está ayudando a crear un entorno propicio para el éxito empresarial. Esto solo puede suceder cuando las instituciones fundamentales de la democracia son fuertes y transparentes. Estamos aquí para ayudar a construir estas instituciones. Esta es nuestra misión. Es nuestra fuerza. "Por lo tanto, está claro que el CIPE también es una organización cuya misión es "exportar la democracia".

En Argelia, el CIPE está en relación con el think tank CARE (Círculo de Acción y Reflexión en torno a la Empresa): “En Argelia, esta organización local es desde hace mucho tiempo un socio de CIPE, CARE (el círculo de acción y reflexión en torno a la empresa), una asociación de compañías y grupos de reflexión argelinos. Estas consultas revelaron que, a diferencia de muchos países donde trabaja el CIPE, el consenso sobre los problemas en Argelia era cercano al 100%. "[68]

La "Federación Euromediterránea contra las desapariciones forzadas" (FEMED) es una organización internacional domiciliada en Francia. Reúne a 26 asociaciones de 12 países diferentes. En Argelia, las asociaciones afiliadas son la CFDA, "SOS Desaparecidos", Djazairouna y Somoud [69].

La presidenta de la FEMED es Nassera Dutour, la fundadora y (actualmente) portavoz de la CFDA. Es inútil recordar que la CFDA y «SOS Desaparecidos» han sido miembros activos del CNCD en 2011.Muy recientemente, al margen de la revuelta popular argelina, nació un colectivo de Organizaciones   bajo el nombre de "Colectivo de la sociedad civil argelina para una salida pacífica de la crisis". Entre los miembros de este grupo están: LADDH, RAJ, Djazairouna, Somoud, "SOS Desaparecidos" y SNAPAP [70].

Todas estas organizaciones tienen (o han tenido) un vínculo con la NED.


  • Del papel del ciberespacio en las revueltas no violentas.

No hace falta decir qué es el espacio real, el que es el teatro de las manifestaciones, y que es en este espacio donde se ganan las batallas contra el poder. Esto es lo que dice Sjrda Popovic al respecto: "La lucha no violenta se gana en el mundo real, en las calles. Nunca cambiarás tu sociedad a la democracia si te sientas y haces clic ". [71]

Sin embargo, el uso del ciberespacio, este espacio etéreo y liberado, permitió coordinar los esfuerzos, organizar las acciones a realizar en el campo, compartir la información y transmitir las instrucciones para que las demostraciones estén en conformidad con los principios de Base de lucha no violenta como se explicó anteriormente.

Además, las campañas positivas y negativas descritas anteriormente tuvieron lugar en Internet, a través de las redes sociales.   De   hecho, tales acciones lanzadas en el ciberespacio han sido más virulentas y más numerosas que las del espacio real.

Porque el ciberespacio no duerme e ignora las nociones de tiempo y geografía. Videos, canciones, parodias de canciones, parodias y clips desviados han sido (y siguen siendo) muy efectivos.

Para este fin, es importante tener en cuenta que algunos videos no fueron amateur. Por el contrario, fueron realizados por profesionales y, ciertamente, demandaron un soporte material y financiero.

Con respecto a las instrucciones dadas a los manifestantes para cumplir con los requisitos de la lucha no violenta en el campo, se distribuyeron videos en Internet. Por ejemplo, el que circuló para la preparación de la manifestación del 1 de marzo de 2019, titulado "Algunas recomendaciones para la marcha de mañana 01/03/2019 ... comparte mis hermanos" [72], da 16 instrucciones. Entre ellas:

  • Está prohibido insultar o injuriar.
  • Evitar lemas religiosos / racistas / regionales.
  • Se prohíben todas las formas de violencia o vandalismo.
  • Queda totalmente prohibido llevar capuchas.
  • Todos deben tener la bandera nacional.
  • Use el teléfono a lo ancho para disparar de 1 a 2 minutos de caminata y enviarlos a las páginas.
  • Lleve botellas de agua potable + vinagre [73] en caso de utilización de acrimógenos.
  • Limpiar las calles al final de las marchas.
  • Recuerde descargar la aplicación VPN para evitar interrupciones de Internet.


Es interesante notar que el comienzo y el final del video están marcados con términos que atestiguan la pertenencia a un grupo: "nuestros objetivos", "nuestra causa", etc.

Finalmente, el video termina con una firma: el puño Otpor "argelizado".


Poder del Pueblo


Por otra parte, este puño ha sido utilizado en las llamadas a las manifestaciones (como en 2011) y en los carteles y banderolas:




Este video recuerda las directivas similares del "Movimiento del 6 de abril" transmitidas por Internet o distribuidas a los manifestantes en la Plaza Tahrir, aquí algunos ejemplos:



Algunas pautas puestas a disposición de los manifestantes egipcios (2011)


  • De la peremnidad política de los ciberactivistas después de la "revolución"

Por mucho que el método de la lucha no violenta tenga una eficacia formidable para la salida de los autócratas, hasta el momento no tiene efecto en el período siguiente.

En un artículo sobre las revoluciones de color escrito en 2007 por el periodista Hernando Calvo Ospina, en las columnas de Le Monde diplomatique, leemos: "En estos países del " socialismo real", la distancia entre gobernantes y gobernados facilita la tarea de la NED y de su red de organizaciones, que hacen miles de «disidentes" a través de dólares y publicidad”. "Una vez que se logra el cambio, la mayoría de ellos, así como sus organizaciones de todo tipo, desaparecen sin gloria de la circulación" [74].

Al igual que sus "cohermanos" que lideraron las revoluciones coloridas, los ciberactivistas árabes han desaparecido de la escena política. Su rápida evanescencia se debe al hecho de que estos disidentes no tienen "competencia" (y, por lo tanto, ninguna utilidad) en los eventos posteriores a la caída de los regímenes establecidos. Debe entenderse que la capacitación de disidentes por parte de las agencias estadounidenses para la "exportación" de la democracia se centra exclusivamente en la estupidez de los regímenes y no en la acción política resultante.

En Túnez, el activista cibernético Slim Amamou fue nombrado Secretario de Estado de Juventud y Deportes tres días después de la huida del presidente Ben Ali, en el primer gobierno Ghannouchi [75] post-benalí. Como este gobierno todavía tenía muchos ex ministros del derrocado presidente, fue acusado de ser un vendido [76]. Fue atacado en Internet por no renunciar al gobierno como lo hicieron otros miembros del gobierno.

En Egipto, Ahmed Maher (co-fundador del "Movimiento 6 de abril") y Mohamed Adel Fueron encarcelados en diciembre de 2013 por violar una ley anti-manifestación promulgada el mes anterior [77]. En marzo de 2014, comparecieron ante el tribunal para apelar la sentencia de tres años de prisión mientras acusaban a sus carceleros de haberlos golpeado y maltratado [78]. Pero fue en vano: la sentencia impuesta a los dos líderes del "Movimiento 6 de Abril" se confirmó el mes siguiente [79].

También en las orillas del Nilo, el ciberdisidente Alaa Abdelfattah fue liberado depués de 5 años de prisión [80].

La principal figura de la protesta yemení, Tawakkol Karman [81], pasa días pacíficos en Turquía mientras su país está a sangre y fuego. Cabe señalar que su Premio Nobel ciertamente no era ajeno a su obtención de la nacionalidad turca.


Mano a mano: Tawakkol Karman y Hillary Clinton 
Foto tomada en el au Departamento de Estado (Washington), 28 de octubre 2011


En Siria, uno de los activistas más visibles en los medios de comunicación occidentales fue Radwan Ziadeh. [82] Miembro del Consejo Nacional Sirio (CNS) y financiado por el NED, este disidente sirio estuvo a punto de ser expulsado de los Estados Unidos (donde vive) porque su solicitud de asilo fue rechazada en 2017 [83].


Hillary Clinton y Radwan Ziadeh


El análisis de los acontecimientos que siguieron tanto a las revoluciones de colores como a las "primaveras" árabes muestra muy claramente que la ideología de la resistencia no violenta individual de Gene Sharp es efectiva, cuando funciona, solo en el derrocamiento de los autócratas. Por otro lado, esta ideología evidencia una gran debilidad en la medida en que no responde en ningún caso a la situación del caos que sigue a este tipo de agitación política.

Tan pronto como finaliza el papel atribuido a los activistas, las fuerzas políticas establecidas, en busca de cualquier cambio importante, ocupan el vacío creado por la desaparición del antiguo poder.

Si bien la revuelta tunecina fue descrita como joven, dinámica y "facebookienne", el actual presidente de Túnez es, con más de 92 años, el presidente más antiguo del mundo.

En Egipto, el gobierno de tipo militar ha recortado las libertades individuales mucho más que la época del presidente Mubarak.

Yemen, Libia y Siria son países destruidos y sus ciudadanos viven en la violencia, la inseguridad y el exilio.

¿Debemos decir que las manifestaciones argelinas nos llevarán al caos? ¿Que no fueron justificadas? ¿Que la juventud no tiene razón para desacreditar a los autócratas que han congelado el país en un letargo mórbido?

Claro que no. Excepto que la historia muestra que las revueltas no violentas no dan los resultados esperados porque sirven a agendas (internas o externas) distintas de las del país.

Por lo tanto, es muy importante garantizar que esta protesta popular sea fundamentalmente intrínseca y no sirva más que para Argelia y únicamente para Argelia.


  • De la elección a la moda del «like»

Desde el comienzo de las manifestaciones, los nombres de las personas susceptibles de “guiar el destino del país” inundaron el ciberespacio. Algunos adelantaron un peón, los otros otro, como si fuera a votar por un candidato de la realidad. Ningún programa presentado, ninguna visión explicada, ningún embrión de agenda política. Los mensajes, fotos y videos compartidos una y otra vez (probablemente trolls ciberactivistas) impulsan a algunas personas al estado supremo de salvador de la nación.

¿Y por qué no proponer un gobierno llave en mano mientras estamos allí? ¡Esto es lo que propuso el Comité de iniciativas y ciudadanos de vigilancia (CIVIC) en el periódico El Watan mientras propulsaba al director de dicho periódico para el cargo de Ministro de libertad de expresión [84]! Un nuevo ministerio a medida, ¿No es así? Cuando se conoce el compromiso de este periódico para el "surgimiento" de los países árabes, basta con preguntarse qué será de la expresión misma de la libertad.

En la misma lista aparece un nombre usado por todos los buenos espíritus del ciberespacio: el Sr. Mustapha Bouchachi. Desconocido para el público en general hace solo unas semanas, se catapultó a las funciones más altas de un estado en desarrollo.

Cabe señalar que el Sr. Bouchachi fue presidente de la LADDH de 2007 a 2012 y que los informes del NED muestran que esta liga fue financiada durante su presidencia (en 2010).

Por otro lado, su predecesor al frente de la LADDH, el Sr. Hocine Zahouane, lo acusó de estar en contacto con el Departamento de Estado de los Estados Unidos:

El Sr. Bouchachi fue convocado por el Departamento de Asuntos Exteriores de los Estados Unidos para viajar a Turquía y Omán para escuchar en persona las explicaciones proporcionadas por Condoleezza Rice y Saud Al Faisal sobre la política de los Estados Unidos en el Gran Oriente Medio. "[85]

En este gobierno ficticio, la cartera ministerial de Cultura y Artes corresponde, ni más ni menos que al escritor Kamel Daoud. El mismo hombre que había tratado a sus Compatriotas como “potenciales violadores" en el asunto de Colonia y que había formulado la pregunta: “¿En qué son útiles los musulmanes a la humanidad?" [86] continúa ensalzando a los manifestantes, resaltando su cortesía, su orden, su sentido ecológico, su respeto por los demás, y, sobre todo, la ausencia de acoso sexual durante las manifestaciones [87].

¿No había afirmado que "el mundo llamado" árabe "es el peso muerto del resto de la humanidad"? ¿Y de qué cultura va a ser el defensor y el promotor? ¿La que denigraba antes?

Estas tres personas mencionadas anteriormente obviamente no son las únicas cuyos nombres y videos entrecruzan el ciberespacio, por el contrario. Ex miembros de la CNCD, así como conocidos islamistas, surgieron de su hibernación política, surfeando las olas de la contestación y revoloteando en el parpadeo de "Irhal" y "Degage".

Las redes sociales también nos han inundado con "nominaciones" increíbles, como presentadores de programas de entrevistas o comentaristas deportivos, como si la capacidad de administrar un país se midiera por la fuerza de las onomatopeyas que se lanzan cuando se marca un gol.

Si bien Argelia vive momentos críticos, esta carrera por los sillones y este cambio de la chaqueta económica es indecente. Uno no puede criticar un sistema electoral basado en "chkara" [88] y reemplazarlo por otro basado en "me gusta".


Conclusión

Las manifestaciones pacíficas que han sacudido a nuestro país y que han quebrantado el "sistema» mortífero que lo gobernaba mostraban una cara muy positiva de nuestra juventud. Lograr "liberar" a un poder político moribundo, con alegría y buen humor, sin ningún incidente notable, no solo es ejemplar, sino también saludable para el futuro de Argelia.

Sin embargo, el modus operandi de estas manifestaciones en línea con los principios fundamentales de la lucha noviolenta de CANVAS muestra que 19 años después de Serbia y 8 años después del comienzo de la "primavera" árabe, Argelia a su vez conoce una revolución colorida. Este modo de operar testimonia la existencia de un grupo de ciberactivistas formados por gabinetes de "exportación de la democracia", activos tanto en el espacio como en el ciberespacio.

Y la única respuesta a este cartel:



es el célebre cuadro de René Magritte:


Esto no es una pipa


Este grupo, como ciertas ONG argelinas, deben comprender, que el hecho de actuar por otros intereses que no son los de su país no puede conducir más que al caos, y los ejemplos son numerosos.

Cuando en el 2000, se le pidió a un joven activista serbio de Otpor su opinión sobre los Estados Unidos, que habían ayudado y formado el movimiento, respondió que estaba en contra de este país, pero que no le molestó demasiado estar parcialmente controlado por la CIA [89]. Esta opinión es ligeramente diferente a la de Slim Amamou, quien también admitió haber recibió ayuda de los estadounidenses pero que "no le importaba en absoluto" la CIA. [90].

¡Qué ingenuidad! La financiación proporcionada por estas organizaciones "democratizadoras" no es filantrópica, sino que beneficia a los países donantes. Una vez que las personas aceptan el dinero, también aceptan las condiciones que lo acompañan.

Según varios observadores, estos intereses para los cuales trabajan los ciberactivistas pueden ser tanto internos como externos (o una combinación de ambos). En cualquier caso, el interés de nuestro país debe situarse por encima de cualquier otra consideración.

El análisis de las "revoluciones" no violentas en otros países indica que la fase posterior a la caída del poder es mucho más crucial que la anterior. Depende del éxito o fracaso de una revuelta. La arrogancia, el empecinamiento y la terquedad son muy malos consejeros en este período.

Hagamos de este levantamiento popular un gran éxito para que surja una nueva Argelia. Una Argelia llena de promesas para un pueblo que tanto ha esperado.

 



[1]Chamseddine Bouzghala, « "Poetic protest", histoire d'une photo qui a marqué la mobilisation algérienne », France 24, le 9 mars 2019, https://www.france24.com/fr/20190309-poetic-protest-photo-danseuse-mobilisation-algerienne

[2]Khalid Mesfioui, « Manif anti-système à Alger: ce beau couple qui a dansé sous la pluie », Le 360, le 23 mars 2019, http://fr.le360.ma/monde/video-manif-anti-systeme-a-alger-ce-beau-couple-qui-a-danse-sous-la-pluie-186597

[3] G. Sussman et S. Krader, « Template Revolutions : Marketing U.S. Regime Change in Eastern Europe », Westminster Papers in Communication and Culture, University of Westminster, London, vol. 5, n° 3, 2008, p. 91-112, http://www.westminster.ac.uk/data/assets/pdf_file/0011/20009/WPCC-Vol5-No3-Gerald_Sussman_Sascha_Krader.pdf

[4] Lire, par exemple, Ian Traynor, « US campaign behind the turmoil in Kiev », The Guardian, 26 novembre 2004, http://www.guardian. co.uk/world/2004/nov/26/ ukraine.usa

[5] Voir l’excellent documentaire de Manon Loizeau, « États-Unis à la conquête de l’Est », 2005. Il peut être visionné à l’adresse suivante : https://www.youtube.com/watch?v=4NOdoOQsouE

[6] Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, Chapitre 2 : Les révolutions colorées.

[7] F. William Engdahl, « Géopolitique et “révolutions des couleurs” contre la tyrannie », Horizons et débats, n° 33, octobre 2005, http://www.horizons-et-debats.ch/33/33_16.htm

[8] Michael Barker, « Activist Education at the Albert Einstein Institution: A Critical Examination of Elite Cooption of Civil Disobedience », Indymedia, 21 juillet 2012, http://www.indymedia.ie/article/102162

[9] National Endowment for Democracy (NED), «Idea to Reality: NED at 25 », http://www.ned.org/about/history

[10] Ruaridh Arrow, « Gene Sharp : Author of the nonviolent revolution rulebook », BBC, 21 février 2011, http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-12522848

[11] Mikael Holter, « Peace Institute Says Nobel Rankings Favor Sharp, Echo of Moscow», Bloomberg, 2 octobre 2012, http://www.bloom berg.com/news/2012-10-02/peace-institute-says-nobel-rankings-favor-sharp-echo-of-moscow.html

[12] TVC, « Academic Gene Sharp nominated for Nobel Peace Prize », 9 octobre 2013, http://www.tvcnews.tv/?q=article/academic-gene-sharp-nominated-nobel-peace-prize

[13] Michael Barker, Op. Cit.

[14] Maidhc Ó. Cathail, « The Junk Bond “Teflon Guy” Behind Egypt’s Nonviolent Revolution », Dissident Voice, 16 février 2011, http://dissidentvoice.org/2011/02/the-junk-bond-%E2%80%9Cteflon-guy%E2% 80%9D-behind-egypt%E2%80%99s-nonviolent-revolution/

[15] Disponible en plusieurs langues (dont l’arabe et le farsi), ce manuel est téléchargeable gratuitement à partir du site officiel de CANVAS

[16] Slovodan Naumovic, « Otpor ! Et « La révolution électorale » en Serbie », Socio-anthropologie, 2009, N°23-24, p. 41-73, https://journals.openedition.org/socio-anthropologie/1248

[17] Ahmed Bensaada, « Liban 2005-2015 : d’une « révolution » colorée à l'autre », 14 septembre 2015,  http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=323:liban-2005-2015-dune-l-revolution-r-coloree-a-une-autre&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

[18] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Yes! Magazine, 7 octobre 2010, https://www.yesmagazine.org/peace-justice/how-we-brought-down-a-dictator

[19] Slovodan Naumovic, Op. Cit.

[20] William J. Dobson, « The Dictator's Learning Curve: Inside the Global Battle for Democracy », Random House Canada Limited, Toronto, 2012

[21] Eva Golinger, « La grève de la faim à la mode de Washington », Mondialisation.ca, 2 mars 2011, http://www.mondialisation.ca/index.php? context=va&aid=23482

[22] Pour plus de détails, lire un des livres de Ahmed Bensaada : « Arabesque américaine - le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe », Éd. Michel Brulé, Montréal (Canada), 2011, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016.

[23] « Wael Ghonim: Creating A 'Revolution 2.0' In Egypt », NPR, 9 février 2012, https://www.npr.org/2012/02/09/146636605/wael-ghonim-creating-a-revolution-2-0-in-egypt

[24] Pierre Boisselet, « La “ligue arabe” du Net », Jeune Afrique, 15 mars 2011, http://www.jeuneafrique.com/192403/politique/la-ligue-arabe-du-net/

[25] Pour de plus amples informations, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, Chapitre 3 : Les nouvelles technologies.

[26] Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », 8-12 décembre 2009, http://lb.boell.org/en/2014/03/03/second-arab-bloggers-meeting-statehood-participation

À noter que cette formation a été cofinancée par l’OSI de G. Soros

[27] Pour voir les photos du « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », https://www.flickr.com/groups/1272165@N24/pool/with/4193262712/

[28] Ahmed Bensaada, « Les États-Unis et le « printemps » arabe », Politis (n°2, pp. 59-61, Octobre-Novembre 2011), http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=147:les-etats-unis-et-le-l-printemps-arabe-r&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

[29] Movements.org, « About »  http://www.movements.org/movements/pages/about/

[30] « Hillary Clinton milite pour la liberté sur Internet », Le Monde, 16 février 2011, http://www.lemonde.fr/technologies/article/2011/02/16/hillary-clinton-militepour-la-liberte-sur-internet_1480855_651865.html

[31] Fondé par Ahmed Maher et Israa Abdel Fattah, le « Mouvement du 6 Avril », a été le fer de lance de la contestation populaire en Égypte et le principal artisan de la chute de Hosni Moubarak.

[32] Al Jazeera, « People & Power — Egypt : Seeds of change », 9 février 2011, http://www.youtube.com/watch?v=QrNz0dZgqN8&feature=player_ embedded

[33] Ibid.

[34] Tomas Lundin, « La révolution qui venait de Serbie », Svenska Dagbladet, 2 mars 2011, http://www.presseurop.eu/fr/content/article/522941-la-revolution-qui-venait-de-serbie

[35] Sofia Amara, « Monde arabe : onde de choc », Canal + (Spécial Investigation, 52 min), 2011.

[36] Algeria Watch, « Pour une Coordination nationale pour le changement et la démocratie : Communiqué », 23 janvier 2011, https://algeria-watch.org/?p=34161

[37] Sourcewatch, « Algerian League for the Defense of Human Rights », http://www.sourcewatch.org/index.php?title=Algerian_League_for_the_Defense_of_Human_Rights

[38] Ibid.

[39] NED, « Algeria », 2005 Annual Report,  http://www.ned.org/publications/annual-reports/2005-annual-report/middle-east-and-north-africa/description-of-2005-gra-1

[40] NED, « Algeria », 2006 Annual Report, http://www.ned.org/publications/annual-reports/2006-annual-report/middle-east-and-northern-africa/description-of-2006--1

[41] NED, « Algeria », 2010 Annual Report,  http://www.ned.org/publications/annual-reports/2010-annual-report/middle-east-and-north-africa/algeria

[42] Solidarity Center, « Algeria », http://www.solidaritycenter.org/content.asp?pl=863&sl=407&contentid=861

[43] Cathy Feingold, « Letter from AFL-CIO International Director Cathy Feingold to Algerian President Abdelaziz Bouteflika, », 4 mars 2011, http://www.solidaritycenter.org/files/algeria_cflettertobouteflika030411.pdf

[44] Cathy Feingold, « Letter from AFL-CIO International Director Cathy Feingold to Algerian President Abdelaziz Bouteflika », 14 octobre 2011, http://www.solidaritycenter.org/files/algeria_cfletter101411.pdf

[45] WikiLeaks, « Câble 07ALGIERS1806 », http://wikileaks.mediapart.fr/cable/2007/12/07ALGIERS1806.html

[46] Twitter, « Fodil Boumala », https://twitter.com/FodilBoumala1

[47] Conférence « Le printemps arabe, un an après: révolte, ingérence et islamisme », Université du Québec à Montréal,  20 janvier 2012, http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=152:conference-q-le-printemps-arabe-un-an-apres-revolte-ingerence-et-islamismeq&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

[48] e-Joussour, « SOS disparus », http://www.e-joussour.net/node/1104

[49] Collectif des Familles de Disparu(e)s en Algérie (CFDA), « Historique et présentation », http://www.algerie-disparus.org/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=20&Itemid=131

[50]Appel de la « Coalition d’associations de victimes des années 1990 », 8 octobre 2011, https://www.ldh-france.org/wp-content/uploads/IMG/pdf/cp-marche-declaration.pdf

[51] Adlène Meddi, « Algérie : les victimes des violences des années 1990 élaborent une contre-charte », El Watan, 24 septembre 2010, https://histoirecoloniale.net/Algerie-les-victimes-des-violences.html

[52] NED, « Algeria », 2011 Annual Report

[53] Régis Genté et Laurent Rouy, « Dans l’ombre des “révolutions spontanées” », Le Monde diplomatique, janvier 2005, http://www.monde-diplomatique.fr/2005/01/GENTE/11838

[54] G. Sussman et S. Krader, Op. Cit.

[55] Tina Rosenberg, « Revolution U », Foreign Policy, 16 février 2011, http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/02/16/revolution_u

[56] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », YouTube, 22 novembre 2011, https://www.youtube.com/watch?v=Z3Cd-oEvEog

[57] Michaël Béchir Ayari , « En Algérie, la rue met le pouvoir face à ses contradictions », ICG, 7 mars 2019, https://www.crisisgroup.org/fr/middle-east-north-africa/north-africa/algeria/en-algerie-la-rue-met-le-pouvoir-face-ses-contradictions

[58] Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », Op, Cit.

[59] Algérie-Focus, « Interview de Slim404, le blogueur tunisien devenu ministre », 28 juin 2011, http://www.youtube.com/watch?v=t9nr-TMKx1c&feature=player_embedded

[60] David D. Kirkpatrick et David E. Sanger, « A Tunisian-Egyptian Link That Shook Arab History », New York Times, 13 février 2011, http://www.nytimes.com/2011/02/14/world/middleeast/14egypt-tunisia-protests.html?pagewanted=1&_r=2

[61] Sofia Amara, « Monde arabe : onde de choc », Op. Cit.

[62] Slovodan Naumovic, « Otpor ! Et « La révolution électorale » en Serbie », Op. Cit.

[63] Kandelaki, G. and G. Meladze, « Enough! Kmara and the Rose Revolution in Georgia ». In Joerg Forbrig and Pavol Demeš (Eds.), Reclaiming Democracy. Civil society and Electoral Change in Central and Eastern Europe. Pp. 101- 125. Washington DC (2007), http://georgica.tsu.edu.ge/files/01-Politics/Rose%20revolution/Kandelaki&Meladze-d.u.pdf

[64] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Op. Cit.

[65] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », Op. Cit.

[66] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Op. Cit.

[67] Center for International Private Enterprise (CIPE), https://www.cipe.org/

[68] CIPE, « Algeria », https://www.cipe.org/projects/algeria/

[69] FEMED, « Associations algériennes membres de la FEMED », https://www.disparitions-euromed.org/fr/content/les-associations-alg%C3%A9riennes-membres-de-la-femed

[70] El Watan, « Collectif de la société civile algérienne pour une sortie de crise pacifique : Feuille de route pour l’instauration de la nouvelle République », 20 mars 2019, https://www.elwatan.com/edition/actualite/collectif-de-la-societe-civile-algerienne-pour-une-sortie-de-crise-pacifique-feuille-de-route-pour-linstauration-de-la-nouvelle-republique-20-03-2019

[71] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », Op. Cit.

[72] YouTube, « Quelques recommandations pour la marche de demain 01/03/2019…partagez mes frères », mise en ligne le 28 février 2019, https://www.youtube.com/watch?v=csqyMPGIOKs

[73] Remarque : la 7e directive concernant le vinaigre pour se protéger des gaz lacrymogènes avait été une recommandation des cyberactivistes tunisiens aux cyberactivistes égyptiens comme le rapportent Kirkpatrick et Sanger, Op. Cit.

[74] Hernando Calvo Ospina, « Quand une respectable fondation prend le relai de la CIA », Le Monde diplomatique, juillet 2007

[75] Mohamed Ghannouchi était premier ministre du gouvernement tunisien sous la présidence de Ben Ali.

[76] Lea-Lisa Westerhoff, « Slim Amamou : Ministre gazouilleur », Écrans, 10 février 2011, http://www.ecrans.fr/Ministre-gazouilleur,11973.html

[77] Laura King et Amro Hassan, « 3 prominent Egyptian activists say they have been abused in prison », Los Angeles Times, 10 mars 2014, http://www.latimes.com/world/worldnow/la-fg-wn-egypt-activists-abuse-20140310-story.html#axzz2vne85KIB

[78] Ibid.

[79] AFP, « En Égypte, peines de prison confirmées pour plusieurs figures de la révolte de 2011 », Libération, 7 avril 2014, http://www.liberation.fr/monde/2014/04/07/en-egypte-peines-de-prison-confirmees-pour-plusieurs-figures-de-la-revolte-de-2011_993736

[80] Egypt Today, « Activist Alaa Abdel Fattah released after 5 years in prison », 29 mars 2019, https://www.egypttoday.com/Article/2/67644/Activist-Alaa-Abdel-Fattah-released-after-5-years-in-prison

[81] Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, pp. 132-14

[82] Ibid, pp. 148-158

[83] The Washington Post, « Syrian activist was State Dept. ally; now US won't grant him asylum », 2 juillet 2017, https://www.recordonline.com/opinion/20170702/syrian-activist-was-state-dept-ally-now-us-wont-grant-him-asylum

[84] Nazef Ali, « Amendement et mise en œuvre de l’appel du CIVIC », El Watan, 27 mars 2019, https://www.elwatan.com/edition/contributions/amendement-et-mise-en-oeuvre-de-lappel-du-civic-27-03-2019

[85] Tahar Fattani, « Zehouane s'en prend au FFS l’accusant d’instrumaliser les droits de l’homme », L’expression, le 21 mars 2010, https://www.djazairess.com/fr/lexpression/74347

[86] Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Kamel Daoud, Cologne contre-enquête », Ed. Frantz Fanon, Alger, 2016

[87] France Inter, « Kamel Daoud livre son analyse des manifestations en Algérie et sur le régime Bouteflika », 8 mars 2019, https://www.youtube.com/watch?v=KDBaCmlwxk4

[88] Étymologiquement « le sac ». Ce terme réfère à la corruption.

[89] Gérard Mugemangando et Michel Collon, « “Être en partie contrôlé par la CIA ? Ça ne me dérange pas trop” », Investig’Action, 1er octobre 2000, http://michelcollon.info/Etre-en-partie-controle-par-la-CIA.html

[90] Algérie-Focus, « Interview de Slim404, le blogueur tunisien devenu ministre », Op. Cit.

 


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Una multitud densa, un ambiente festivo, jóvenes en la flor de la vida, lemas incisivos, humor sutil y corrosivo, una encantadora bailarina que, como en un paréntesis, posa para la posteridad [1], jóvenes que barren las calles después de las marchas, otros que abrazan a los policías o les ofrecen flores, botellas de agua distribuidas a los manifestantes, una pareja dibuja un paso de danza en una calle de Argel [2] ...

¿Cómo no estar orgullosos de esta juventud argelina llena de vitalidad, mostrando a los ojos del mundo su madurez política, su disciplina y su pacifismo? ¿Cómo no estar orgullosos de este despertar popular que podría poner fin a décadas de inmovilidad política que han llevado a la ruptura de much os sectores socioeconómicos, han provocado la fuga de cerebros y ha lanzado a cohortes de "harragas"? * (jóvenes que huyen a Europa en pateras)

Puede que se diga: esta revuelta es beneficiosa como una lluvia después de la sequía, que brilla como la luz después de una noche oscura y tan prometedora como un brote que alcanza su punto máximo después de un largo invierno. Pero más allá de estas imágenes idílicas de protesta, varias preguntas vienen a la mente sobre estas protestas populares.

¿Son espontáneas? ¿Cómo es que están tan bien organizadas? ¿Es natural ofrecer flores a la policía en un país donde esta tradición no se usa ni siquiera dentro de las familias? ¿Cómo es que los jóvenes limpian las calles después de las marchas mientras que los otros días estas calles están llenas de basura? ¿Cómo se diseñan los eslóganes y quién los envía, a través de las redes sociales, avisos de manifestaciones estudiantiles o huelgas en todo el territorio nacional e incluso en el extranjero? ¿Por qué este humor y sarcasmo son ampliamente utilizados como arma de reclamo?

Para responder a estas y muchas otras preguntas, es necesario volver a los movimientos de protesta no violentos similares que han sacudido a diferentes países desde principios de siglo.

Revoluciones de colores

Las revueltas que han trastornado el panorama político de los países de Europa del Este o las antiguas repúblicas soviéticas han sido calificadas de "revoluciones de colores". Serbia (2000), Georgia (2003), Ukrania (2004) y Kirghizstan (2005), son algunos ejemplos.

Todas estas revoluciones, que se han saldado con éxitos rotundos, se han basado en la movilización de jóvenes activistas locales pro-Occidentales, estudiantes inquietos y blogueros enganchados e insatisfechos con el sistema.

Muchos estudios y muchos libros han sido dedicados a estas convulsiones políticas. Por ejemplo, el artículo completo y muy detallado sobre el papel de los Estados Unidos en las “revoluciones de colores", por G. Sussman y S. Krader de la Universidad Estatal de Portland, afirma en su resumen:

<< Entre 2000 y 2005, los gobiernos aliados de Rusia en Serbia, Georgia, Ucrania y Kirguistán fueron derrocados por revueltas sin sangre. Aunque los medios occidentales en general afirman que estos levantamientos son espontáneos, autóctonos y populares (el poder de la gente), las “revoluciones de colores" son en realidad el resultado de una intensa planificación. Los Estados Unidos, en particular, y sus aliados han ejercido un impresionante despliegue de presiones, en todas sus modalidades, sobre los estados poscomunistas y han utilizado la financiación y la tecnología al servicio de la “ayuda a la democracia>> [3]

La implicación de numerosas organizaciones e instituciones estadounidenses ha sido inequívocamente establecida. Éstas incluyen la Agencia de los Estados Unidos para el Desarrollo Internacional (USAID), la Fundación Nacional para la Democracia (NED), el Instituto Republicano Internacional (IRI), el Instituto Nacional Demócrata para Asuntos Internacionales (NDI), Freedom House (FH), la Institución Albert Einstein (AEI) y la Open Society Institute (OSI) [4], [5].

Estas instituciones y agencias son todas estadounidenses y están financiadas por el presupuesto de los EE. UU. O el capital privado de los EE. UU. [6]. Por ejemplo, la NED está financiada por un presupuesto del Congreso y los fondos son administrados por una junta directiva que incluye al Partido Republicano, el Partido Demócrata, la Cámara de Comercio de los EE. UU. Y el sindicato

Federación Americana del Trabajo-Congreso de la Organización Industrial (AFL-CIO), mientras que la OSI es parte de la Fundación Soros, que lleva el nombre de su fundador George Soros, el multimillonario estadounidense, ilustre especulador financiero.

Con respecto al papel real de la NED, es interesante repetir la declaración (en 1991) de Allen Weinstein, director del grupo de estudio que condujo a la fundación de este cuerpo: "Mucho de lo que [NED] estamos haciendo hoy, se hace secretamente desde hace 25 años por la CIA "[7]. Por su parte, el presidente de la NED, Carl Gershman, dijo en 1999 que «la promoción de la democracia se ha convertido en un campo establecido de la actividad internacional y en un pilar de la política exterior estadounidense". [8]. En resumen, todas estas agencias estadounidenses están especializadas en la “exportación de La democracia" siempre que sirva a la política exterior de los Estados Unidos.

La NED trabaja a través de cuatro organizaciones separadas y complementarias afiliadas a ella. Además de IRI y NDI, también incluye el Centro para la Empresa Privada Internacional (CIPE- Cámara de Comercio de los EE. UU.) y el Centro Americano para la Solidaridad Laboral Internacional (ACILS - AFL-CIO), conocido como el Centro de Solidaridad [9].

Numerosos movimientos han sido creados en cada lugar para liderar las revueltas coloridas: Otpor ("Resistencia"), en Serbia, Kmara ("¡Es suficiente!") en Georgia, PORA ("Es hora"), en Ucrania y KelKel ("Renacimiento"), en Kirguistán. El primero de estos, Otpor, fue el que causó la caída del gobierno yugoslavo de Slobodan Milosevic. Dirigido por Srdja Popovic, Otpor aboga por la aplicación de la ideología de resistencia individual no violenta, teorizada por el filósofo y científico político estadounidense Gene Sharp.

Profesor emérito de Ciencias Políticas en la Universidad de Massachusetts, también ha sido investigador en Harvard y presuntamente candidato potencial para el Premio Nobel de la Paz 2009 [10], 2012 [11] y 2013 [12].

Contre-pétition sur la Syrie adressée au Président de la République française, M. Emmanuel Macron


Monsieur le Président,

Vous avez déclaré que vous ne souhaitiez pas la destruction de l’Etat syrien et qu’avec vous au pouvoir, on en aurait fini avec les “néoconservateurs importés”. Plus récemment, au sortir du G20, vous avez de nouveau précisé votre détermination à œuvrer pour une sortie politique du conflit excluant le préalable d’une mise hors jeu de l’actuel Président de l’Etat syrien. Vous interrompez le soutien financier et logistique que la mandature précédente accordait à des forces combattantes terroristes qu’elle qualifiait de ‘modérées.’

Ce réalisme a été imposé par l’échec d’une politique d’ingérence illégitime et désastreuse. Le peuple syrien avec toutes ses composantes, en particulier une opposition authentique de l’intérieur, certes pas celle d’une poignée d’exilés exhibés à quelques occasions, s’est rangé derrière Bachar el Assad pour lutter contre la désintégration de sa nation. Avec l’aide de pays amis, il est en train de mettre fin à l’existence d’un Etat takfiriste.

Parmi ceux qui ont accueilli votre présidence avec scepticisme, beaucoup espèrent voir dans cette position une politique qui permettrait à la France d’entamer une diplomatie indépendante. Elle se déploierait fermement dans les intérêts conjoints des peuples de la région, martyrisés et décimés, et du peuple français qui n’en a récolté comme effet tangible que des attentats terroristes sur son territoire et l’instauration d’un Etat d’urgence sans cesse reconduit. Elle saurait rester insensible aux imprécations telles que celles développées dans une lettre ouverte à Libération (1). Ce véritable appel à la guerre cautionne la tentative de déstabilisation d’un Etat souverain au mépris de la loi internationale. Il se présente sous la forme d’un chantage moral habituel qui consiste à culpabiliser ceux qui refusent la guerre, en les accusant de faire de la France la « complice » des crimes imputés sans preuve au gouvernement syrien. Bien au contraire, des preuves irréfutables s’accumulent qui mettent en évidence la responsabilité des forces terroristes dans les différents événements chimiques qui ont émaillé la scénarisation d’une dictature sanguinaire qui assassine son peuple.

Nous sommes opposés à toute guerre d’ingérence franche comme celle qui a détruit la Libye et déstabilisé l’Afrique sub-sahélienne mais plus encore contre cette forme insidieuse d’agression menée par la France en Syrie à l’insu du peuple français. Aussi nous vous mettons en garde instamment contre la tentation de création de couloirs humanitaires, prétexte toujours invoqué pour établir une installation militaire étrangère dans un pays souverain.

Monsieur le Président,

Une foule dense, une ambiance festive, des jeunes dans la fleur de l’âge, des slogans incisifs, de l’humour subtil et corrosif, le « retiré » d’une charmante ballerine posant pour la postérité [1], des jeunes qui balaient les rues après les marches, d’autres embrassant des policiers ou leur offrant des fleurs, des bouteilles d’eau distribuées aux manifestants, un couple qui esquisse un pas de danse dans une rue d’Alger [2] …

Comment ne pas être fier de cette jeunesse algérienne débordante de vitalité, montrant aux yeux du monde sa maturité politique, sa discipline et son pacifisme?

Comment ne pas s’enorgueillir de ce réveil populaire susceptible de mettre fin à des décennies d’immobilisme politique qui a engendré la déliquescence de nombreux secteurs socioéconomiques, provoqué la fuite des cerveaux et jeté à la mer des cohortes de « harragas »?

Qu’on se le dise : cette révolte est bienfaitrice comme une pluie après la sécheresse, rayonnante comme la lumière après une nuit sombre et prometteuse comme un bourgeon qui pointe après un long hiver.

Mais au-delà de ces images idylliques de la contestation, plusieurs questions viennent à l’esprit au sujet de ces manifestations populaires.

Sont-elles spontanées? Comment se fait-il qu’elles soient aussi bien organisées? Est-ce naturel d’offrir des fleurs aux forces de l’ordre dans un pays où cette tradition n’est pas usitée même au sein des familles? Comment se fait-il que les jeunes nettoient les rues après les marches alors que les autres jours ces mêmes rues sont jonchées de détritus? Comment sont conçus les slogans et qui achemine, via les médias sociaux, les avis de manifestations ou de grève estudiantines à travers tout le territoire national et même à l’étranger? Pourquoi l’humour et le sarcasme sont largement surutilisés comme arme de revendication?

Pour répondre à ces questions et à bien d’autres, il est nécessaire de revenir aux mouvements de contestation non-violente similaires qui ont secoué différents pays depuis le début du siècle.


Les révolutions colorées

Les révoltes qui ont bouleversé le paysage politique des pays de l’Est ou des ex-Républiques soviétiques ont été qualifiées de « révolutions colorées ». La Serbie (2000), la Géorgie (2003), l’Ukraine (2004) et le Kirghizstan (2005) en sont quelques exemples.

Toutes ces révolutions, qui se sont soldées par des succès retentissants, sont basées sur la mobilisation de jeunes activistes locaux pro-Occidentaux, étudiants fougueux, blogueurs engagés et insatisfaits du système.

De nombreuses études et livres ont été consacrés à ces bouleversements politiques. À titre d’exemple, citons l’article exhaustif et très détaillé sur le rôle des États-Unis dans les « révolutions colorées », de G. Sussman et S. Krader de la Portland State University qui mentionnent dans leur résumé :

« Entre 2000 et 2005, les gouvernements alliés de la Russie en Serbie, en Géorgie, en Ukraine et au Kirghizistan ont été renversés par des révoltes sans effusion de sang. Bien que les médias occidentaux en général prétendent que ces soulèvements sont spontanés, indigènes et populaires (pouvoir du peuple), les « révolutions colorées » sont en fait le résultat d’une vaste planification. Les États-Unis, en particulier, et leurs alliés ont exercé sur les États postcommunistes un impressionnant assortiment de pressions et ont utilisé des financements et des technologies au service de l’“aide à la démocratie [3]” ».

L’implication de nombreuses organisations américaines a été établie de manière non équivoque. Il s’agit de la United States Agency for International Development (USAID), la National Endowment for Democracy (NED), l’International Republican Institute (IRI), le National Democratic Institute for International Affairs (NDI), la Freedom House (FH), l’Albert Einstein Institution (AEI) et l’Open Society Institute (OSI) [4],[5].

Ces organismes et agences sont tous américains et sont financés par le budget américain ou par des capitaux privés américains [6]. À titre d’exemple, la NED est financée par un budget voté par le Congrès et les fonds sont gérés par un conseil d’administration où sont représentés le Parti républicain, le Parti démocrate, la Chambre de commerce des États-Unis et le syndicat American Federation of Labor-Congress of Industrial Organization (AFL-CIO), alors que l’OSI fait partie de la Fondation Soros, du nom de son fondateur George Soros, le milliardaire américain, illustre spéculateur financier.

Concernant le rôle réel de la NED, il est intéressant de reprendre la déclaration (en 1991) de Allen Weinstein, directeur du groupe d'étude qui a mené à la fondation de cet organisme : « Beaucoup de ce que nous [NED] faisons aujourd’hui se faisait secrètement il y a 25 ans par la CIA » [7]. De son côté, le président de la NED, Carl Gershman, a déclaré en 1999 que la « promotion de la démocratie est devenue un champ établi de l'activité internationale et un pilier de la politique étrangère américaine » [8]. En résumé, tous ces organismes américains sont spécialisés dans l’« exportation de la démocratie » pour autant que cela serve la politique étrangère des États-Unis.

La NED travaille par l’intermédiaire de quatre organismes distincts et complémentaires qui lui sont affiliés. En plus de l’IRI et du NDI, elle englobe aussi le Center for International Private Enterprise (CIPE — Chambre de commerce des États-Unis) et l’American Center for International Labor Solidarity (ACILS — Centrale syndicale AFL-CIO), mieux connu comme le Solidarity Center [9].

Plusieurs mouvements ont été mis en place pour conduire les révoltes colorées : Otpor (« Résistance ») en Serbie, Kmara (« C’est assez ! ») en Géorgie, PORA (« C’est l’heure ») en Ukraine et KelKel (« Renaissance ») au Kirghizistan.

Le premier d’entre eux, Otpor, est celui qui a causé la chute du gouvernement yougoslave de Slobodan Milosevic. Dirigé par Srdja Popovic, Otpor prône l’application de l’idéologie de résistance individuelle non-violente, théorisée par le philosophe et politologue américain Gene Sharp. Professeur émérite en sciences politiques à l’Université du Massachusetts, ce dernier a aussi été chercheur à Harvard et aurait été, dit-on, un candidat potentiel pour l’obtention du prix Nobel de la paix en 2009 [10], 2012 [11] et 2013 [12].

 

Srdja Popovic


Son ouvrage « From Dictatorship to Democracy » (De la dictature à la démocratie) a été à la base de toutes les révolutions colorées. Disponible en 25 langues (dont l’arabe), ce livre est téléchargeable gratuitement sur Internet. Gene Sharp est le fondateur de l’Albert Einstein Institution qui, officiellement, est une association à but non lucratif spécialisée dans l’étude des méthodes de résistance non-violente dans les conflits. Cet organisme est financé, entre autres, par la NED, l’IRI et l’OSI [13].

Les contacts entre l’AEI et Otpor ont commencé dès le début de l’année 2000. L’application scrupuleuse des principes de la résistance individuelle non-violente édictés par Gene Sharp a permis la chute rapide du gouvernement serbe. Cet évènement représente la première réussite de la théorie « sharpienne » sur le terrain, le passage de la théorie à la pratique.

Forts de leur expérience dans la déstabilisation des régimes autoritaires, les activistes d’Otpor, ont fondé un centre pour la formation de révolutionnaires à travers le monde. Cette institution, le Center for Applied Non Violent Action and Strategies (CANVAS), se trouve dans la capitale serbe et son directeur exécutif n’est autre que Srdja Popovic. CANVAS est financé, entre autres, par l’IRI, Freedom House ainsi que George Soros en personne [14].

Un des documents qui circulent dans la Toile et qui illustre la formation dispensée par ce centre est « La lutte non-violente en 50 points » [15], qui s’inspire largement des thèses de Gene Sharp. Cet ouvrage mentionne 199 « méthodes d’action non-violente ». Il est possible d’en citer quelques-unes en utilisant la numérotation adoptée dans le manuel de CANVAS :

  • N°6. Pétitions de groupe ou de masse
  • N°7 : Slogans, caricatures et symboles
  • N°8 : Banderoles, affiches et panneaux d’affichage
  • N°12a : Messageries électroniques de masse
  • N°25 : Afficher des portraits
  • N°28 : Protestations bruyantes
  • N°32 : Railler les officiels
  • N°33 : Fraterniser avec l’ennemi
  • N°35 : Sketchs et canulars
  • N°36 : Théâtre et concerts
  • N° 37 : Chants
  • N° 44 : Simulacre de funérailles
  • N° 62 : Grèves d’étudiants
  • N° 63 : Désobéissance sociale
  • N° 147 : Non-coopération judiciaire
  • N° 199 : Gouvernement parallèle

Les experts serbes de CANVAS ont aidé efficacement les activistes en Géorgie (2003) et en Ukraine [16] (2004), mais aussi au Liban [17] (2005) et aux Maldives (2008) [18]. Ils se sont également impliqués, mais avec moins de succès, en Albanie, en Biélorussie, en Ouzbékistan [19], en Iran [20] et au Venezuela [21].

Le logo adopté par Otpor (et ensuite par CANVAS) a été très utilisé dans les révoltes subséquentes. Il s’agit d’un poing stylisé qui est devenu, avec le temps, l’empreinte des formations de CANVAS. Il a été largement utilisé par les activistes des pays cités auparavant.

 

 

 

Otpor (Serbie) Kmara (Géorgie)
Javu (Vénézuela) Révolution verte (Iran)

 

Le « printemps » arabe

Les soulèvements populaires qui ont touché les pays arabes vers la fin de l’année 2010 ne sont qu’un prolongement des révolutions colorées.

Fallacieusement baptisés « printemps » par les médias occidentaux, elles ont bénéficié des mêmes soutiens, des mêmes financements et des mêmes formations [22] tout en tirant avantage du développement exponentiel des nouvelles technologies de communication et des réseaux sociaux.

Ainsi, d’activistes, les manifestants impliqués dans les révoltes sont devenus des cyberactivistes car la révolte s’est déroulée plus dans le cyberspace que dans l’espace réel. L’organisation, la mobilisation, les appels à manifester, la synchronisation et la diversité des actions à mener sur le terrain n’auraient jamais été possible de manière aussi efficace sans les nouvelles technologies. Wael Ghonim, un des activistes les plus célébres du « printemps » égyptien, a même écrit un livre intitulé « Revolution 2.0 » [23].

Les organismes d’« exportation de la démocratie » ont aidé à la création de ce que Pierre Boisselet [24], un journaliste français, a appelé « la ligue arabe du Net ».  Ainsi, de nombreux activistes-blogueurs provenant de différents pays arabes ont été formés aux nouvelles technologies et réseautés entre eux et avec des experts [25].

Plusieurs rencontres ont réuni cette « ligue arabe » bien avant le début du « printemps » arabe (et se sont poursuivies par la suite). Citons, par exemple, le second « Arab Bloggers Meeting » qui a eu lieu à Beyrouth du 8 au 12 décembre 2009 et qui a rassemblé plus de 60 cyberactivistes provenant de 10 pays arabes [26]. S’y sont rencontrés les « vedettes » arabes du Net : les Tunisiens Sami Ben Gharbia, Slim Ammamou et Lina Ben Mhenni, les Égyptiens Alaa Abdelfattah et Wael Abbas, le Mauritanien Nasser Weddady, le Bahreïni Ali Abdulemam, le Marocain Hisham AlMiraat, le soudanais Amir Ahmad Nasr, la syrienne Razan Ghazzaoui, etc. [27]

 

 

Sami Ben Gharbia Alaa Abdelfattah Ali Abdulemam
Amir Ahmad Nasr Hisham AlMiraat Nasser Weddady
Lina Ben Mhenni Razan Ghazzaoui Slim Amamou

Quelques membres de « la ligue arabe du Net »


Et ce n’est pas tout. Les géants du Net (Twitter, YouTube, Google, Facebook,etc.) ont collaboré avec le Département d’État américain et les organismes d’ « exportation de la démocratie » pour réunir les cyberactivistes en 2008, 2009 et 2010 [28]. Cela s’est fait sous l’égide de l’Alliance de Mouvements de Jeunesse (AYM — Alliance of Youth Movements) dont la mission est clairement affichée sur leur site : i) identifier des cyberactivistes dans des régions d’intérêt ; ii) les mettre en contact entre eux, avec des experts et des membres de la société civile ; et iii) les soutenir en les formant, en les conseillant et en leur procurant une plateforme pour initier les contacts et les développer dans le temps [29].

La secrétaire d’État de l’époque, Hillary Clinton, est intervenu en personne dans le sommet AYM de 2009. Cette dernière n’a d’ailleurs pas cessé de couvrir les nouvelles technologies d’éloges durant tout le « printemps » arabe. « Internet est devenu l’espace public du XXIe siècle » ; « les manifestations en Égypte et en Iran, alimentées par Facebook, Twitter et YouTube, reflète la puissance des technologies de connexion en tant qu’accélérateurs du changement politique, social et économique » déclara-t-elle le 15 février 2011 [30].

En plus des formations relatives au cyberespace, des activistes arabes ont été initiés aux techniques de CANVAS afin de maîtriser des manifestations dans l’espace réel. Un cas d’école est celui de l’Égyptien Mohamed Adel, le porte-parole du « Mouvement du 6 avril » [31]. En effet, il a affirmé, dans une entrevue accordée à la chaîne Al Jazeera (diffusée le 9 février 2011), qu’il avait effectué un stage chez CANVAS durant l’été 2009, bien avant les émeutes de la place Tahrir [32]. Il se familiarisa avec les techniques d’organisation des foules et les comportements à avoir face à la violence policière : « J’étais en Serbie et je me suis formé à l’organisation de manifestations pacifiques et aux meilleurs moyens de s’opposer à la brutalité des services de sécurité », a-t-il confié dans cette interview. Par la suite, il forma à son tour des formateurs [33]. Cette information a été confirmée par Srdja Popovic : « Oui, c’est vrai. On a notamment formé des jeunes du Mouvement du 6 avril », a-t-il avoué à un journaliste suédois [34].


 

Mohamed Adel et Srdja Popovic (Serbie, 2009)

Photo extraite du documentaire intitulé : « Monde arabe : l’onde de choc » [35]


C’est pour cette raison que des « méthodes d’action non-violente » recommandées par CANVAS ont été largement observées lors des manifestations qui ont ébranlées les rues arabes. En particulier, le poing d’Otpor, signature de CANVAS, a été très abondamment utilisé par les cyberactivistes arabes, de l’Atlantique au Golfe.

 

 

Égypte Tunisie Maroc
Libye Bahreïn Syrie

 

 

 

Algérie


Algérie 2011 : la « printanisation » avortée

Tout comme les pays arabes de la zone MENA « Middle East and North Africa » (littéralement, « Moyen-Orient et Afrique du Nord ») selon la classification de la NED, l’Algérie n’a pas été épargnée par la vague « printanisante » de 2011 car, il faut se le dire, ce pays est un des (si ce n’est le) plus convoités de la région. Les mêmes réseaux ont été activés et les officines citées auparavant s’attendaient à ce qu’elle tombe dans l’escarcelle de l’« exportation de la démocratie ».

Néanmoins, le « printemps » n’a pas eu prise sur la population algérienne à cause, probablement, de la mémoire douloureuse d’une certaine décennie noire et sanglante qui a endeuillé toute la nation.  Pourtant, les acteurs de la révolte ont été à l’œuvre.

La contestation du gouvernement en place a été organisée par la Coordination nationale pour le changement et la démocratie (CNCD), regroupant divers partis politiques, ONG et syndicats. Parmi les signataires de la première mouture du CNCD (elle s’est divisée par la suite), on trouve la Ligue algérienne de défense des droits de l’homme (LADDH), le Syndicat national autonome des personnels de l’administration publique (SNAPAP), le parti « Rassemblement pour la culture et la démocratie » (RCD), le parti « Front des forces socialistes » (FFS), Fodil Boumala, l’association « SOS Disparus » et le Rassemblement Actions Jeunesse (RAJ) [36].

La consultation des rapports annuels de la NED montre que la LADDH a reçu des subventions américaines en 2002 [37], 2004 [38], 2005 [39], 2006 [40] et 2010 [41] (voir le tableau suivant).


Ligue Algérienne de Défense des Droits de l’Homme (LADDH)

Année

Montant ($)

2002

20 000

2004

---

2005

20 000

2006

40 000

2010

37 000

 

Le SNAPAP, quant à lui, est en étroite relation avec le Solidarity Center (une des quatre composantes de la NED) comme cela est expliqué dans la page « Algérie » du site de cet organisme [42].

Le 4 mars 2011, en plein embryon de « printemps » algérien, la directrice du Département international du Solidarity Center, Cathy Feingold, a écrit une lettre au Président Abdelaziz Bouteflika. Elle lui a fait part de son inquiétude concernant la violence policière contre les « manifestants pacifiques » en Algérie en précisant que « nous [le Solidarity Center] notons avec une vive préoccupation que, parmi les personnes blessées récemment, figurait le dirigeant syndical M. Rachid Malaoui président du secteur public de l'union syndicale nationale autonome du personnel d'administration publique (SNAPAP) » [43].

Cathy Feingold envoya une seconde lettre au Président Bouteflika en date du 14 octobre 2011. Le nom « du militant CNCD de premier plan », M. Malaoui, y est cité trois fois [44]. Et madame Feingold semblait bien renseignée sur l’activisme politique algérien (probablement en temps réel).

De son côté, le RCD est un parti dont le président était Saïd Sadi lorsque les manifestations antigouvernementales occupaient les rues algéroises. Le nom de ce politicien a été cité dans le câble WikiLeaks 07ALGIERS1806 [45], daté du 19 décembre 2007. Ce document montre que Saïd Sadi a eu des discussions politiques assez « poussées » avec l’ambassadeur américain à Alger.

Le rédacteur du câble y nota que Saïd Sadi comparait le gouvernement du président Bouteflika à « une bande de Tikrit », allusion faite à Saddam Hussein et sa région d’origine en Irak. L’ex-chef du RCD alla jusqu’à demander un « soutien extérieur » : « Sadi a averti les États-Unis des dangers à long terme de garder le silence sur ce qu'il percevait comme la détérioration de la démocratie algérienne, comme en témoignent les élections locales. De l'avis de Sadi, un soutien extérieur est essentiel à la survie de la démocratie et l'engagement productif de la jeunesse algérienne - 70 pour cent de la population - dans la vie politique et économique ».

Sur son compte Twitter, Fodil Boumala, cofondateur de la CNCD, se présente comme « écrivain-journaliste, cyberactiviste, militant des droits de l'Homme, opposant politique indépendant, Fondateur de Res Publica II (ONG) sur Facebook & YouTube » [46]. Ajoutons à cela que Boumala s’est fait connaître du public algérien en animant des émissions politiques à la télévision nationale algérienne.

Le 20 janvier 2012, une conférence intitulée « Le printemps arabe, un an après : révolte, ingérence et islamisme » a été organisée à Montréal [47]. En plus de ma personne, Fodil Boumala et Mezri Haddad (à partir de Paris, via Skype) étaient les conférenciers invités.

Le débat a été très animé et les échanges très vifs. C’est pendant un de ces échanges que Fodil Boumala déclara que, lors d’un de ses voyages aux États-Unis, il a été reçu par le président Obama en personne. Il est vrai que l’administration américaine a facilement ouvert les portes de ses plus prestigieux bureaux aux cyberactivistes arabes qui ont été reçus par des responsables de premier plan. Si l’aveu de Fodil Boumala s’avère véridique, il doit être un des rares à avoir obtenu une rencontre à ce niveau d’importance.

 

Hillary Clinton et le cyberactiviste égyptien Bassem Samir (Washington 2010)


Selon le site e-Joussour, « SOS Disparus », cet organisme dont le nom apparaît dans la liste des fondateurs du CNCD, est « une association algérienne de soutien et de conseil juridique et administratif aux milliers de familles de victimes de disparition forcée en Algérie […]. « SOS disparus » a vu le jour en 2001, suite à la création, en 1998, en France, du Collectif des familles de disparus en Algérie (CFDA) à l’initiative d’un petit groupe de familles de disparus. Notre association travaille en collaboration constante avec le CFDA qui est l’interface entre les familles algériennes et les instances internationales de protection des droits de l’Homme, telles que l’ONU ou la Commission africaine des droits de l’Homme » [48].

Ainsi, « SOS disparus » travaillerait en étroite collaboration avec le CFDA qui est une association de droit français enregistrée à Paris (France).

D’autre part, sur le propre site du CFDA, on peut lire qu’« en septembre 2001, le CFDA a pu ouvrir son premier bureau en Algérie, sous le nom de SOS Disparu(e)s, structurer le mouvement des mères de disparu(e)s et offrir à toutes les victimes une assistance dans leurs démarches administratives et judiciaires ainsi qu’une assistance psychologique. Depuis, un autre bureau de SOS Disparu(e)s a été ouvert à Oran et plusieurs comités de familles ont été créés dans le reste du pays » [49].

Force est donc de constater que « SOS disparus » n’est finalement qu’une « succursale » algérienne du CFDA, sa maison-mère française.

Il faut se rendre à l’évidence que le CFDA n’est pas inconnu de la NED, bien au contraire. De tous les organismes figurant dans la liste « Algérie » de la NED, c’est celui qui a reçu le plus régulièrement des subventions américaines. Le tableau suivant les résume.

Collectif des Familles de Disparus en Algérie (CFDA)

Année

Montant ($)

2003 40 000

2005

40 000

2006

43 500

2007

46 200

2009

38 200

2010

40 000

2011

40 000

 

À préciser que le CFDA et « SOS Disparus » mènent souvent leurs actions ensemble, dans des coalitions qui regroupent d’autres associations au profil similaires comme « Soumoud » et « Djazaïrouna » [50], [51].

Finalement, notons que le RAJ a bénéficié d’un financement de 25 000$ de la NED en 2011 [52].

 

Algérie 2019 : la « printanisation » en marche

Depuis le 22 février 2019, les rues algériennes connaissent une effervescence sans précédent. Certaines personnes prétendent même qu’ils n’ont pas été témoins de telles manifestations populaires depuis l’indépendance du pays. La presse nationale et internationale ne tarit pas d’éloge sur la maturité politique de la jeunesse algérienne, son haut sens de l’humour et son organisation exemplaire.

Les médias et de nombreux « analystes » frayant dans les plateaux de télévision ont aussi mis de l’avant la « spontanéité » de la révolte. Une telle assertion relève d’une incompétence abyssale, d’une mémoire courte ou d’un parti pris pour un agenda précis.


  • De la spontanéité des révoltes non-violentes

« Ces manifestations ont un air spontané. De là vient leur force. Pourtant, presque chaque détail en est pensé […]. Quelques ingrédients savamment agencés et à peine un an de préparation se révèlent plus efficaces que les bombes ».

Contrairement à ce que l’on peut penser, ces phrases n’ont aucune relation avec l’Algérie ou les révoltes de la rue arabe. Elles sont tirées d’un article qui a été écrit en janvier 2005 par Régis Genté et Laurent Rouy et qui traitait des révolutions colorées[53] et dont les conclusions corroborent celles de G. Sussman et S. Krader citée au début de ce travail [54].

Toujours à ce sujet, voici le commentaire d’Ivan Marovic, ancien activiste serbe d’Otpor et formateur à CANVAS : « Les révolutions sont souvent considérées comme spontanées. Il semble que des gens sont simplement allés dans la rue. Mais c'est le résultat de plusieurs mois ou années de préparation. C'est très ennuyeux jusqu'à ce que vous atteigniez un certain point où vous pouvez organiser des manifestations ou des grèves de masse. Si cela est soigneusement planifié, au moment où elles commencent, tout est fini dans quelques semaines » [55].

Dans une de ses nombreuses conférences publiques, Sjrda Popovic explique que : « On vous a menti concernant le succès et la spontanéité des révolutions non-violentes. Lorsque vous voyez un jeune dans la rue en train de fraterniser avec la police ou les militaires, quelqu’un y a pensé avant » [56].

À propos des manifestations actuelles en Algérie, Michaël Béchir Ayari, chercheur et analyste politique ne croit pas à la spontanéité du mouvement : « A Alger, rares sont les manifestants qui affirment que ce mouvement est entièrement spontané. La plupart d’entre eux disent ne se faire aucune illusion quant à la présence d’acteurs de l’ombre issus de différents secteurs de la société algérienne, qui alimentent ce mouvement à défaut de l’avoir suscité. Nombre de ces acteurs participent en effet à ces protestations ou les soutiennent discrètement. » [57]

En fait, l’apparente spontanéité de ces mouvements populaires est non seulement « séduisante », mais elle s’accompagne toujours d’un effet de surprise et l’incrédulité de bon nombre de personnes est humainement compréhensible. En effet, rien ne vaut une belle révolte spontanée et populaire pour l’imaginaire collectif et le romantisme révolutionnaire. La révolte de David contre Goliath, la revanche du faible contre le puissant, du petit peuple armé de sa foi contre le tyran omnipotent…

Pourtant, l’ancien président américain Franklin D. Roosevelt (1882-1945) nous avait bien averti : « En politique, rien n’arrive par accident. Si quelque chose se produit, vous pouvez parier que cela a été planifié ainsi ».

Et le cas algérien ne fait certainement pas exception comme il sera expliqué ci-après.


  • De la participation des cyberactivistes algériens à la « ligue arabe du Net » et aux formations de CANVAS

Il n’y a aucune raison pour que des Algériens n’aient pas été associés au programme d’« exportation de la démocratie ». L’Algérie est un pays jeune, riche et géostratégiquement très important. Elle est gouvernée par une classe politique qui ne diffère pas de ses voisins « printanisés » en plus d’être le dernier bastion du « front du refus » arabe.

La consultation de la liste des participants du second « Arab Bloggers Meeting » qui a eu lieu à Beyrouth et qui a été cité précédemment montre que des cyberactivistes algériens y ont participé [58]. Cela a été corroboré par l’illustre cyberactiviste tunisien Slim Amamou à qui on a demandé s’il avait eu des contacts ou des échanges d’expériences avec d’autres cyberdissidents dans le monde arabe dont l’Algérie : « D’abord, les liens étaient tissés bien avant la révolution [tunisienne]. C'est-à-dire que la révolution n’a pas commencé en décembre 2010. […] Et on se supporte mutuellement […] le réseau existe déjà. Les cyberdissidents et les activistes égyptiens sont nos amis. Et on a des amis au Bahreïn, en Syrie, au Yémen…En Algérie, moi personnellement, j’en ai pas beaucoup, mais je suis sûr qu’il y a des connexions déjà préétablies […]. Ça, c’est avant la révolution. Ils nous ont supportés et on les a supportés […]. Et c’est mutuel : quand on a besoin d’eux, on les trouve ; quand ils ont besoin de nous, ils nous trouvent. Et c’est tout un réseau, il n’y a pas de frontière. Après la révolution, les liens sont toujours là et ils augmentent encore » [59].

Dans un article publié dans le New York Times du 13 février 2011, David D. Kirkpatrick et David E. Sanger rapportent les propos de Walid Rachid, un des membres du « Mouvement du 6 avril » égyptien : « Tunis est la force qui a poussé l'Égypte, mais ce que l'Égypte a fait sera la force qui poussera le monde ».

Walid Rachid mentionne aussi que des membres de son mouvement ont échangé leurs expériences avec des mouvements de jeunesse similaires en Libye, en Algérie, au Maroc et en Iran [60].

En ce qui concerne les formations de CANVAS, Mohamed Adel a reconnu s’être rendu en Serbie avec quatorze autres militants Algériens et Égyptiens [61].

En résumé, on peut donc affirmer que des activistes algériens ont été formés à la maîtrise du cyberespace dans le cadre de l’« exportation de la démocratie » vers le monde arabe, mais aussi aux techniques d’action non-violentes, tout en maintenant de solides contacts avec leurs homologues dans les pays arabes « printanisés ».


  • De la dualité de la communication dans les révoltes non-violentes

Dans un article fouillé sur le mouvement Otpor, Slovodan Naumovic explique que l’action politique de ce mouvement consiste à élaborer des campagnes de communications dites positives et négatives : « La première consiste à construire un capital de sympathie et de confiance [du mouvement] auprès de la population. […]  La seconde campagne, dite négative, s’appuie sur des techniques pleines d’imagination, d’humour et de bonne humeur, qui utilisent souvent des procédés satiriques pour souligner l’absurdité du régime. L’action négative consiste à définitivement discréditer le régime auprès de l’opinion. » [62]

Cette dualité a été largement utilisée dans les manifestations des rues arabes, mais aussi récemment en Algérie.

 

Algérie 2019 Tunisie 2011
Algérie 2019 Égypte 2011
Algérie 2019 Tunisie 2011
Algérie 2019 Égypte 2011
Algérie 2019 Égypte 2011


Quelques exemples de campagne négative

 

Plusieurs actions ont été réalisées sur le terrain afin de de donner une image attrayante et sympathique du mouvement et, ainsi, élaborer une campagne de communication positive. Citons par exemple l’enthousiasme, la bonne humeur, l’insistance sur le caractère non-violent et bon enfant des manifestations, la distribution de bouteilles d’eau, le balayage des rues, etc.

 

Quelques exemples de campagne positive

 

À noter que ces procédés sont conformes aux « méthodes d’action non-violente » préconisées par le manuel de CANVAS, en particulier, les numéros 7, 8, 28, 32 et 37.

À propos du point concernant le nettoyage des rues qui a été plébiscité par la presse nationale et internationale, il est à noter qu’il s’agit d’une pratique très usitée dans les manifestations non-violentes.

Déjà, en 2003, le mouvement géorgien Kmara avait fait du nettoyage des rues son cheval de bataille à travers des campagnes baptisées « Clean Up Your Street » et « Clean Up Your Country » (« Nettoyer vos rues » et « Nettoyez votre pays »). Ces actions simples et pratiques ont toutes contribué à la vulgarisation des objectifs du mouvement KMARA et en ont fait un nom de marque en très peu de temps [63].

Plus près de nous, les activistes égyptiens ont aussi utilisé cette méthode pour s’attirer la sympathie du peuple et donner une image positive de leur mouvement.

Ceux qui connaissent l’Égypte (et Le Caire en particulier) savent que le maintien de la propreté des rues est le pire échec des gouvernements successifs de ce pays. Une jeunesse qui nettoie les rues est non seulement le symbole d’un gouvernement incompétent mais surtout le rêve d’un avenir propre, sain et rayonnant de bonheur.

C’est un peu le cas de l’Algérie où la propreté des villes laisse à désirer, c’est le moins qu’on puisse dire.

 

Nettoyage des rues après les manifestations (Égypte 2011)


  • De la fraternisation avec l’« ennemi » dans les révoltes non-violentes

Dans le vocabulaire de CANVAS, la non-violence a pour ennemi les institutions qui sont censées utiliser la violence dans les régimes autocratiques, en l’occurrence la police et l’armée.  Pour Sjrda Popovic, il est crucial pour les manifestants de ne pas apparaître menaçants et agressifs envers les piliers de la force que sont la police et les militaires : « Dès le début, nous avons agi avec beaucoup de fraternisation envers la police et l'armée, en leur apportant des fleurs et des gâteaux, plutôt que de crier ou de jeter des pierres. Ce modèle a fonctionné efficacement dans le monde entier, notamment en Géorgie et en Ukraine. Une fois que vous comprenez que ² les policiers ne sont que des hommes en uniforme de police², votre perception change et la persuasion opère. » [64]

Comme précisé par Popovic, cette façon de sympathiser avec les détenteurs de la force est très efficace et conforme aux principes de la lutte non-violente. Voici quelques exemples en relation avec la distribution de fleurs.

 

Serbie 2000 Géorgie 2003
Ukraine 2004 Kirghizstan 2005

Les révolutions colorées


 

Égypte Tunisie
Yémen Bahreïn


Le « p
rintemps » arabe (2011)

 

 

Algérie 2009


 

Et la fraternisation ne se limite pas à offrir des fleurs.

 

Fraternisation avec l'« ennemi » (Algérie 2019)

 

Ces deux dernières photos sont à comparer avec les suivantes :


Tunisie 2011

Serbie 2000

  • De l’humour dans les révoltes non-violentes

Une des caractéristiques les plus remarquées lors des manifestations algériennes est certainement celle de l’humour. Les pancartes, les slogans et les accoutrements témoignent d’une créativité sans bornes et d’un sens aiguisé de l’humour.

Cependant ce trait de caractère n’est pas propre à l’Algérie : il fait partie intégrante des méthodes de revendication utilisées dans la lutte non-violente.

Sjrda Popovic considère que l’humour est un outil très puissant : « L'humour fait vraiment mal parce que ces gars-là se prennent au sérieux. Quand vous commencez à vous moquer d'eux, ça fait mal. » [65]

Selon le directeur de CANVAS, « [La créativité et l’humour sont] absolument cruciaux. L'humour et la satire, marques de fabrique d'Otpor, ont réussi à faire passer un message positif, à attirer le plus large public possible et à donner à nos adversaires - ces bureaucrates à la tête grise et carrée - un air bête et ridicule. Plus important encore, il a brisé la peur et inspiré la société serbe épuisée, déçue et apathique de la fin des années 90. » [66]

 

Humour (Algérie 2019)


 

Cet humour a aussi été visible dans les pays arabes qui ont connu des mouvements de contestation. Voici quelques exemples en provenance d’Égypte.

 


Humour (Égypte 2011)

 

Un autre humour, plus noir celui-ci, porte le numéro 44 et est intitulé « Simulacre de funérailles » dans le manuel de CANVAS. Il a été utilisé en Algérie le 1er mars 2019 pour simuler les funérailles du président Bouteflika drapé dans un drapeau marocain :

 


 

L’analyse des différentes actions menées lors des manifestations de la rue algérienne montre que d’autres points de la liste des « 199 méthodes d’action non-violente » de CANVAS ont été utilisés sur le terrain. Il serait cependant fastidieux de les énumérer tous dans ce travail.


  • Du financement récent de la NED

Après les retentissantes révélations des financements octroyés aux activistes arabes par la NED et les autres organismes d’« exportation » de la démocratie lors du « printemps » arabe, on aurait pensé que ces « banquiers de la révolte » cessent leurs activités ou, du moins, deviennent plus discrets. Il n’en est rien.

Le dernier rapport annuel de la NED, relatif à l’année 2018 et concernant l’Algérie, montre que 3 organismes algériens ont été financés (voir le tableau suivant).


Financement NED 2018 (Algérie)

Organisme

Montant ($)

Center for International Private Enterprise (CIPE)

234 669

Fédération Euro-Méditerranéenne Contre les Disparitions Forcées

30 000

Association Djazairouna

26 000

 

Sur le site officiel du CIPE [67], on peut lire :

« Le CIPE est l’un des quatre instituts principaux du National Endowment for Democracy et une filiale de la US Chamber of Commerce.[…] Au CIPE, nous pensons que la démocratie est à son apogée lorsque le secteur privé est en plein essor. En collaborant avec nos partenaires locaux, dont des associations professionnelles, des chambres de commerce, des groupes de réflexion, des universités et des organisations de défense des droits, le CIPE contribue à créer un environnement favorable à la prospérité des entreprises. Cela ne peut se produire que lorsque les institutions fondamentales de la démocratie sont fortes et transparentes. Nous sommes là pour aider à construire ces institutions. C'est notre mission. C'est notre force. »

Ainsi, on voit bien que le CIPE est aussi un organisme dont la mission est d’« exporter la démocratie ».

En Algérie, le CIPE est en relation avec le think tank CARE (Cercle d’Action et de Réflexion autour de l’Entreprise) :

« En Algérie, cette organisation locale est le partenaire de longue date de CIPE, CARE (le cercle d’action et de réflexion autour de l’entreprise), une association d’entreprises et think tank algériens. Ces consultations ont révélé que, contrairement à de nombreux pays où CIPE travaille, le consensus sur les problèmes en Algérie était proche de 100%. » [68]

La « Fédération Euro-Méditerranéenne Contre les Disparitions Forcées » (FEMED) est une organisation internationale domiciliées en France. Elle regroupe 26 associations issues de 12 pays différents. En Algérie, les associations affiliées sont le CFDA, « SOS Disparus », Djazaïrouna et Somoud [69].

La présidente de la FEMED est Nassera Dutour, la fondatrice et (actuellement) porte-parole du CFDA.

Il est inutile de rappeler que le CFDA et « SOS Disparus » ont été des membres actifs du CNCD en 2011.

Tout récemment, en marge de la révolte populaire algérienne, un collectif d’organisations a vu le jour sous le nom de « Collectif de la société civile algérienne pour une sortie de crise pacifique ». Parmi les membres de ce regroupement, on trouve : la LADDH, le RAJ, Djazaïrouna, Somoud, « SOS Disparus » et le SNAPAP [70].

Toutes ces organisations ont (ou ont eu) un lien avec la NED.


  • Du rôle du cyberespace dans les révoltes non-violentes

Il va sans dire que c’est l’espace réel qui est le théâtre des manifestations et que c’est dans cet espace que se gagnent les batailles contre le pouvoir en place. Voici ce que dit Sjrda Popovic à ce sujet : « La lutte non-violente se gagne dans le monde réel, dans les rues. Vous ne changerez jamais votre société vers la démocratie si vous vous asseyez et cliquez » [71].

Néanmoins, l’utilisation du cyberespace, cet espace éthéré et libéré, a permis de coordonner les efforts, d’organiser les actions à mener sur le terrain, de partager les informations et de transmettre les instructions pour que les manifestations soient conformes aux principes de base de la lutte non-violente comme expliqué précédemment.

En outre, les campagnes positive et négatives décrites auparavant ont eu lieu sur Internet, via les réseaux sociaux. À vrai dire, les actions de ce type lancées dans le cyberespace ont été plus virulentes et plus nombreuses que celles dans l’espace réel. En effet, le cyberespace ne dort pas et fait abstraction des notions de temps et de géographie. Les vidéos, les chansons, les parodies de chansons, les sketchs et les clips détournés ont été (et sont toujours) très efficaces.

À cet effet, il est important de préciser que certaines vidéos n’avaient rien d’un travail amateur. Bien au contraire, elles ont été réalisées par des professionnels et ont certainement demandé un support matériel et financier.

En ce qui concerne les instructions données aux manifestants pour se conformer aux exigences de la lutte non-violente sur le terrain, des vidéos ont été distribuées sur Internet. Par exemple, celle qui a circulé pour la préparation de la manifestation du 1er mars 2019 et intitulée « Quelques recommandations pour la marche de demain 01/03/2019…partagez mes frères » [72], donne 16 instructions. Parmi elles :

  • Il est interdit d’insulter ou d’injurier
  • Il faut éviter les slogans religieux / racistes / régionaux
  • Toutes les formes de violence ou de vandalisme sont interdites
  • Il est totalement interdit de porter des cagoules
  • Toute personne doit avoir le drapeau national
  • Utilisez le téléphone dans le sens de la largeur pour réaliser des vidéos de 1 à 2 minutes de la marche et envoyez-les aux pages
  • Apportez des bouteilles d’eau potable + du vinaigre [73] en cas d’utilisation des gaz lacrymogènes
  • Nettoyez les rues après la fin des marches
  • N’oubliez pas de télécharger l’application VPN pour éviter les coupures d’Internet

Il est intéressant de noter que le début et la fin de la vidéo sont ponctués de termes qui attestent de l’appartenance à un groupe : « nos buts », « notre cause », etc.

Finalement, la vidéo se termine par une signature : le poing d’Otpor « algérianisé ».

 


D’ailleurs, ce poing a été utilisé dans les appels aux manifestations (tout comme en 2011) et dans les affiches et banderoles :

 

 

 

Cette vidéo n’est pas sans rappeler les directives similaires du « Mouvement du 6 avril » transmises via Internet ou distribuées aux manifestants sur la place Tahrir dont voici quelques exemples :

 

Quelques directives mises à la disposition des manifestants égyptiens (2011)

 

 

  • De la pérennité politique des cyberactivistes après la « révolution »

Autant la méthode de la lutte non-violente est d’une efficacité redoutable dans la destitution des autocrates, autant elle n’a aucune incidence sur la période qui s’en suit.

Dans un article sur les révolutions colorées écrit en 2007 par le journaliste Hernando Calvo Ospina dans les colonnes du Monde diplomatique, on peut lire : « Dans ces pays du "socialisme réel", la distance entre gouvernants et gouvernés facilite la tâche de la NED et de son réseau d’organisations, qui fabriquent des milliers de "dissidents" grâce aux dollars et à la publicité. Une fois le changement obtenu, la plupart d’entre eux, ainsi que leurs organisations en tout genre, disparaissent sans gloire de la circulation » [74].

Tout comme leurs « confrères » qui ont mené les révolutions colorées, les cyberactivistes arabes ont disparu de la scène politique. Leur rapide évanescence est due au fait que ces dissidents n’ont aucune « compétence » (et donc aucune utilité) dans les événements qui suivent la chute des régimes en place. Il faut comprendre que la formation des dissidents par les organismes américains d’« exportation » de la démocratie est exclusivement centrée sur l’étêtement des régimes et non sur l’action politique qui en résulte.

En Tunisie, le cyberactiviste Slim Amamou a été nommé secrétaire d’État à la Jeunesse et aux Sports trois jours après la fuite du président Ben Ali, dans le premier gouvernement Ghannouchi [75] post-bénalien. Comme ce gouvernement comportait encore de nombreux anciens ministres du président déchu, on lui a reproché d’être un vendu [76]. Il a été fustigé sur Internet pour ne pas avoir démissionné du gouvernement comme l’ont fait d’autres membres.

En Égypte, Ahmed Maher (cofondateur du « Mouvement du 6 avril ») et Mohamed Adel ont été emprisonnés en décembre 2013 pour avoir violé une loi anti-manifestation promulguée le mois précédent [77]. En mars 2014, ils comparurent devant la cour pour faire appel de la sentence de trois ans de prison tout en accusant leurs geôliers de les avoir battus et maltraités [78]. Mais en vain : la peine infligée aux deux leaders du « Mouvement du 6 avril » a été confirmée le mois suivant [79]. Toujours sur les rives du Nil, le cyberdissident Alaa Abdelfattah vient d’être libéré après 5 ans de prison [80].

La figure de proue de la contestation yéménite, Tawakkol Karman[81], coule des jours paisibles en Turquie alors que son pays est à feu et à sang. Il faut juste préciser que son Prix Nobel n’était certainement pas étranger à son obtention de la nationalité turque.

 

Main dans la main : Tawakkol Karman et Hillary Clinton
Photo prise au Département d'État (Washington), le 28 octobre 2011


En Syrie, un des activistes les plus visibles dans les médias occidentaux était Radwan Ziadeh [82]. Membre du Conseil National Syrien (CNS) et financé par la NED, ce dissident syrien a failli être expulsé des États-Unis (où il vit) car sa demande d’asile avait été refusée en 2017 [83].

 

Hillary Clinton et Radwan Ziadeh


L’analyse des événements qui ont suivi aussi bien les révolutions colorées que le « printemps » arabe montrent de manière très claire que l’idéologie de résistance individuelle non-violente développée par Gene Sharp n’est efficace — lorsqu’elle fonctionne — que dans le renversement des autocrates. Par contre, cette idéologie montre une grande faiblesse dans la mesure où elle ne répond en aucun cas à la situation de chaos qui suit ce type de bouleversement politique. Dès que le rôle attribué aux activistes s’achève, ce sont les forces politiques en place, à l’affût de tout changement majeur, qui occupent le vide créé par la disparition de l’ancien pouvoir.

Alors que la révolte tunisienne était qualifiée de jeune, dynamique et « facebookienne », le président actuel de la Tunisie est, à plus de 92 ans, le plus vieux président du monde.

En Égypte, le gouvernement de type militaire a restreint les libertés individuelles beaucoup plus que du temps du président Moubarak.

Le Yémen, la Libye et la Syrie sont des pays détruits et leurs citoyens vivent qui la violence, qui l’insécurité, qui l’exil.

Faut-il pour autant dire que les manifestations algériennes vont nous mener aux chaos ? Qu’elles n’étaient pas justifiées ? Que la jeunesse n’a pas raison de déboulonner les autocrates qui ont figé le pays dans une léthargie morbide ?

Bien sûr que non. Sauf que l’histoire montre que les révoltes non-violentes ne donnent pas les résultats escomptés car elles servent des agendas (intérieurs ou extérieurs) autres que ceux du pays. Il est donc très important de faire en sorte que cette contestation populaire soit fondamentalement intrinsèque et ne servent que l’Algérie et uniquement l’Algérie.


  • De l’élection à la mode du « like »

Dès le début des manifestations, les noms de personnes susceptibles de « guider le destin du pays » ont inondé le cyberespace. Les uns avançaient un pion, les autres un autre comme s’il s’agissait de voter pour un candidat de téléréalité. Aucun programme présenté, aucune vision expliquée ni aucun embryon d’agenda politique. Les messages, les photos et les vidéos partagés à satiété (probablement par des trolls cyberactivistes), propulsent certaines personnes au statut suprême de sauveur de la nation.

Et pourquoi ne pas proposer un gouvernement clés en main pendant qu’on y est ? C’est ce qui a été avancé par le Comité d’initiatives et de vigilance citoyennes (CIVIC) dans le journal El Watan tout en parachutant le directeur dudit journal au poste de Ministre de la liberté d’expression [84]! Un nouveau ministère taillé sur mesure, n’est-ce pas ? Quand on connaît l’engagement de ce journal pour la « printanisation » des pays arabes, il y a de quoi se demander ce que deviendra l’expression même de la liberté.

Sur cette même liste apparaît un nom porté aux nues par tous les bons génies du cyberespace : M. Mustapha Bouchachi. Inconnu du grand public il y a quelques semaines à peine, le voilà catapulté aux plus hautes fonctions d’un état en devenir.

Il faut savoir que M. Bouchachi a été président de la LADDH de 2007 à 2012 et que les rapports de NED montrent que cette ligue a été financée pendant sa présidence (en 2010).

D’autre part, son prédécesseur à la tête de la LADDH, M. Hocine Zahouane, l’a accusé d’être en relation avec le Département d’État américain : [85]

« M. Bouchachi a été convoqué par le département américain des affaires étrangères pour faire un voyage en Turquie et à Oman afin d'assister aux explications fournies par Condoleezza Rice et Saoud Al Fayçal sur la politique américaine sur le Grand Moyen-Orient. ».

Dans ce gouvernement fictif, le portefeuille de la Culture et des Arts revient à nul autre que l’écrivain Kamel Daoud. Celui-là même qui avait traité ses compatriotes de « violeurs en puissance » dans l’affaire de Cologne et qui s’était posé la question « En quoi les musulmans sont-ils utiles à l’humanité ?»[86] ne cesse d’encenser les manifestants en mettant en exergue leur politesse, leur ordre, leur sens écologique, le respect des autres et, surtout, l’inexistence de harcèlement sexuel lors des manifestations [87]. N’avait-il pas affirmé que « le monde dit « arabe » est le poids mort du reste de l’humanité » ? Et de quelle culture va-t-il être le défenseur et le promoteur ? Celle qu’il dénigrait naguère ?

Ces trois personnes mentionnées précédemment ne sont évidemment pas les seules dont les noms et les vidéos sillonnent le cyberespace, bien au contraire. D’anciens membres du CNCD ainsi que de notoires islamistes sont sortis de leur hibernation politique, surfant sur la vague de la contestation et se trémoussant sur les flonflons des « Irhal » et « Dégage ».

Les médias sociaux nous ont aussi inondé de « candidatures » étonnantes comme celles d’animateurs de talk-shows ou des commentateurs sportifs comme si la capacité à gérer un pays se mesurait avec la vigueur des onomatopées émises lorsqu’un but est marqué.

Alors que l’Algérie vit des moments critiques, cette course aux fauteuils et ce retournement de veste conjoncturel est bassement indécent. On ne peut pas critiquer un système électoral basé sur la « chkara » [88] et le remplacer par un autre basé sur le « like ».


Conclusion

Les manifestations pacifiques qui ont secoué notre pays et qui ont ébranlé le « système » délétère qui le gouvernait ont montré un visage très positif de notre jeunesse. Réussir à « dégager » un pouvoir politique moribond dans la joie et la bonne humeur, sans aucun incident notable, est non seulement exemplaire, mais aussi salutaire pour l’avenir de l’Algérie.

Cependant, le modus operandi de ces manifestations conforme aux principes fondamentaux de la lutte non-violente de CANVAS montre que 19 ans après la Serbie et 8 ans après le début du « printemps » arabe, l’Algérie connait à son tour une révolution colorée. Ce mode opératoire témoigne ainsi de l’existence d’un groupe de cyberactivistes formé par des officines d’« exportation de la démocratie » et actif aussi bien dans l’espace que dans le cyberespace.

Et la seule réponse à cette affiche :

 


est le célèbre tableau de René Magritte:

 


Ce groupe, ainsi que certaines ONG algériennes, doivent comprendre que le fait d’œuvrer pour des intérêts autres que ceux de son pays ne peut mener qu’au chaos et les exemples sont nombreux.

Lorsqu’en 2000, on demanda à un jeune militant serbe d’Otpor son avis sur les États-Unis — qui avaient aidé et formé le mouvement —, il répondit qu’il était contre ce pays, mais que ça ne le gênait pas trop d’être partiellement contrôlé par la CIA [89]. Ce point de vue diffère légèrement de celui de Slim Amamou qui, lui aussi, avait reconnu avoir été aidé par les Américains mais qu’il « se foutait complètement » de la CIA [90].

Quelle naïveté ! Les financements octroyés par ces organismes « démocratisants » n’ont rien de philanthropiques, mais profitent aux pays donateurs. Une fois que les gens acceptent l’argent, ils acceptent aussi les conditions qui l’accompagnent.

Selon plusieurs observateurs, ces intérêts pour lesquels travaillent les cyberactivistes peuvent être aussi bien intérieurs qu’extérieurs (ou une combinaison des deux). Dans tous les cas, l’intérêt de notre pays doit être placé au-dessus de toute autre considération.

L’analyse des « révolutions » non-violentes dans les autres pays indique que la phase qui suit celle de la chute du pouvoir est beaucoup plus cruciale que la précédente. C’est d’elle que dépend la réussite ou l’échec d’une révolte. L’arrogance, l’entêtement et l’obstination sont de très mauvais conseillers dans cette période.

Faisons en sorte que ce soulèvement populaire soit un vif succès, pour qu’une Algérie nouvelle apparaisse. Une Algérie pleine de promesses pour un peuple qui a tant espéré.

 

 


[1]Chamseddine Bouzghala, « "Poetic protest", histoire d'une photo qui a marqué la mobilisation algérienne », France 24, le 9 mars 2019, https://www.france24.com/fr/20190309-poetic-protest-photo-danseuse-mobilisation-algerienne

[2]Khalid Mesfioui, « Manif anti-système à Alger: ce beau couple qui a dansé sous la pluie », Le 360, le 23 mars 2019, http://fr.le360.ma/monde/video-manif-anti-systeme-a-alger-ce-beau-couple-qui-a-danse-sous-la-pluie-186597

[3] G. Sussman et S. Krader, « Template Revolutions : Marketing U.S. Regime Change in Eastern Europe », Westminster Papers in Communication and Culture, University of Westminster, London, vol. 5, n° 3, 2008, p. 91-112, http://www.westminster.ac.uk/data/assets/pdf_file/0011/20009/WPCC-Vol5-No3-Gerald_Sussman_Sascha_Krader.pdf

[4] Lire, par exemple, Ian Traynor, « US campaign behind the turmoil in Kiev », The Guardian, 26 novembre 2004, http://www.guardian. co.uk/world/2004/nov/26/ ukraine.usa

[5] Voir l’excellent documentaire de Manon Loizeau, « États-Unis à la conquête de l’Est », 2005. Il peut être visionné à l’adresse suivante : https://www.youtube.com/watch?v=4NOdoOQsouE

[6] Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, Chapitre 2 : Les révolutions colorées.

[7] F. William Engdahl, « Géopolitique et “révolutions des couleurs” contre la tyrannie », Horizons et débats, n° 33, octobre 2005, http://www.horizons-et-debats.ch/33/33_16.htm

[8] Michael Barker, « Activist Education at the Albert Einstein Institution: A Critical Examination of Elite Cooption of Civil Disobedience », Indymedia, 21 juillet 2012, http://www.indymedia.ie/article/102162

[9] National Endowment for Democracy (NED), «Idea to Reality: NED at 25 », http://www.ned.org/about/history

[10] Ruaridh Arrow, « Gene Sharp : Author of the nonviolent revolution rulebook », BBC, 21 février 2011, http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-12522848

[11] Mikael Holter, « Peace Institute Says Nobel Rankings Favor Sharp, Echo of Moscow», Bloomberg, 2 octobre 2012, http://www.bloom berg.com/news/2012-10-02/peace-institute-says-nobel-rankings-favor-sharp-echo-of-moscow.html

[12] TVC, « Academic Gene Sharp nominated for Nobel Peace Prize », 9 octobre 2013, http://www.tvcnews.tv/?q=article/academic-gene-sharp-nominated-nobel-peace-prize

[13] Michael Barker, Op. Cit.

[14] Maidhc Ó. Cathail, « The Junk Bond “Teflon Guy” Behind Egypt’s Nonviolent Revolution », Dissident Voice, 16 février 2011, http://dissidentvoice.org/2011/02/the-junk-bond-%E2%80%9Cteflon-guy%E2% 80%9D-behind-egypt%E2%80%99s-nonviolent-revolution/

[15] Disponible en plusieurs langues (dont l’arabe et le farsi), ce manuel est téléchargeable gratuitement à partir du site officiel de CANVAS

[16] Slovodan Naumovic, « Otpor ! Et « La révolution électorale » en Serbie », Socio-anthropologie, 2009, N°23-24, p. 41-73, https://journals.openedition.org/socio-anthropologie/1248

[17] Ahmed Bensaada, « Liban 2005-2015 : d’une « révolution » colorée à l'autre », 14 septembre 2015,  http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=323:liban-2005-2015-dune-l-revolution-r-coloree-a-une-autre&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

[18] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Yes! Magazine, 7 octobre 2010, https://www.yesmagazine.org/peace-justice/how-we-brought-down-a-dictator

[19] Slovodan Naumovic, Op. Cit.

[20] William J. Dobson, « The Dictator's Learning Curve: Inside the Global Battle for Democracy », Random House Canada Limited, Toronto, 2012

[21] Eva Golinger, « La grève de la faim à la mode de Washington », Mondialisation.ca, 2 mars 2011, http://www.mondialisation.ca/index.php? context=va&aid=23482

[22] Pour plus de détails, lire un des livres de Ahmed Bensaada : « Arabesque américaine - le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe », Éd. Michel Brulé, Montréal (Canada), 2011, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016.

[23] « Wael Ghonim: Creating A 'Revolution 2.0' In Egypt », NPR, 9 février 2012, https://www.npr.org/2012/02/09/146636605/wael-ghonim-creating-a-revolution-2-0-in-egypt

[24] Pierre Boisselet, « La “ligue arabe” du Net », Jeune Afrique, 15 mars 2011, http://www.jeuneafrique.com/192403/politique/la-ligue-arabe-du-net/

[25] Pour de plus amples informations, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, Chapitre 3 : Les nouvelles technologies.

[26] Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », 8-12 décembre 2009, http://lb.boell.org/en/2014/03/03/second-arab-bloggers-meeting-statehood-participation

À noter que cette formation a été cofinancée par l’OSI de G. Soros

[27] Pour voir les photos du « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », https://www.flickr.com/groups/1272165@N24/pool/with/4193262712/

[28] Ahmed Bensaada, « Les États-Unis et le « printemps » arabe », Politis (n°2, pp. 59-61, Octobre-Novembre 2011), http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=147:les-etats-unis-et-le-l-printemps-arabe-r&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

[29] Movements.org, « About »  http://www.movements.org/movements/pages/about/

[30] « Hillary Clinton milite pour la liberté sur Internet », Le Monde, 16 février 2011, http://www.lemonde.fr/technologies/article/2011/02/16/hillary-clinton-militepour-la-liberte-sur-internet_1480855_651865.html

[31] Fondé par Ahmed Maher et Israa Abdel Fattah, le « Mouvement du 6 Avril », a été le fer de lance de la contestation populaire en Égypte et le principal artisan de la chute de Hosni Moubarak.

[32] Al Jazeera, « People & Power — Egypt : Seeds of change », 9 février 2011, http://www.youtube.com/watch?v=QrNz0dZgqN8&feature=player_ embedded

[33] Ibid.

[34] Tomas Lundin, « La révolution qui venait de Serbie », Svenska Dagbladet, 2 mars 2011, http://www.presseurop.eu/fr/content/article/522941-la-revolution-qui-venait-de-serbie

[35] Sofia Amara, « Monde arabe : onde de choc », Canal + (Spécial Investigation, 52 min), 2011.

[36] Algeria Watch, « Pour une Coordination nationale pour le changement et la démocratie : Communiqué », 23 janvier 2011, https://algeria-watch.org/?p=34161

[37] Sourcewatch, « Algerian League for the Defense of Human Rights », http://www.sourcewatch.org/index.php?title=Algerian_League_for_the_Defense_of_Human_Rights

[38] Ibid.

[39] NED, « Algeria », 2005 Annual Report,  http://www.ned.org/publications/annual-reports/2005-annual-report/middle-east-and-north-africa/description-of-2005-gra-1

[40] NED, « Algeria », 2006 Annual Report, http://www.ned.org/publications/annual-reports/2006-annual-report/middle-east-and-northern-africa/description-of-2006--1

[41] NED, « Algeria », 2010 Annual Report,  http://www.ned.org/publications/annual-reports/2010-annual-report/middle-east-and-north-africa/algeria

[42] Solidarity Center, « Algeria », http://www.solidaritycenter.org/content.asp?pl=863&sl=407&contentid=861

[43] Cathy Feingold, « Letter from AFL-CIO International Director Cathy Feingold to Algerian President Abdelaziz Bouteflika, », 4 mars 2011, http://www.solidaritycenter.org/files/algeria_cflettertobouteflika030411.pdf

[44] Cathy Feingold, « Letter from AFL-CIO International Director Cathy Feingold to Algerian President Abdelaziz Bouteflika », 14 octobre 2011, http://www.solidaritycenter.org/files/algeria_cfletter101411.pdf

[45] WikiLeaks, « Câble 07ALGIERS1806 », http://wikileaks.mediapart.fr/cable/2007/12/07ALGIERS1806.html

[46] Twitter, « Fodil Boumala », https://twitter.com/FodilBoumala1

[47] Conférence « Le printemps arabe, un an après: révolte, ingérence et islamisme », Université du Québec à Montréal,  20 janvier 2012, http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=152:conference-q-le-printemps-arabe-un-an-apres-revolte-ingerence-et-islamismeq&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

[48] e-Joussour, « SOS disparus », http://www.e-joussour.net/node/1104

[49] Collectif des Familles de Disparu(e)s en Algérie (CFDA), « Historique et présentation », http://www.algerie-disparus.org/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=20&Itemid=131

[50]Appel de la « Coalition d’associations de victimes des années 1990 », 8 octobre 2011, https://www.ldh-france.org/wp-content/uploads/IMG/pdf/cp-marche-declaration.pdf

[51] Adlène Meddi, « Algérie : les victimes des violences des années 1990 élaborent une contre-charte », El Watan, 24 septembre 2010, https://histoirecoloniale.net/Algerie-les-victimes-des-violences.html

[52] NED, « Algeria », 2011 Annual Report

[53] Régis Genté et Laurent Rouy, « Dans l’ombre des “révolutions spontanées” », Le Monde diplomatique, janvier 2005, http://www.monde-diplomatique.fr/2005/01/GENTE/11838

[54] G. Sussman et S. Krader, Op. Cit.

[55] Tina Rosenberg, « Revolution U », Foreign Policy, 16 février 2011, http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/02/16/revolution_u

[56] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », YouTube, 22 novembre 2011, https://www.youtube.com/watch?v=Z3Cd-oEvEog

[57] Michaël Béchir Ayari , « En Algérie, la rue met le pouvoir face à ses contradictions », ICG, 7 mars 2019, https://www.crisisgroup.org/fr/middle-east-north-africa/north-africa/algeria/en-algerie-la-rue-met-le-pouvoir-face-ses-contradictions

[58] Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », Op, Cit.

[59] Algérie-Focus, « Interview de Slim404, le blogueur tunisien devenu ministre », 28 juin 2011, http://www.youtube.com/watch?v=t9nr-TMKx1c&feature=player_embedded

[60] David D. Kirkpatrick et David E. Sanger, « A Tunisian-Egyptian Link That Shook Arab History », New York Times, 13 février 2011, http://www.nytimes.com/2011/02/14/world/middleeast/14egypt-tunisia-protests.html?pagewanted=1&_r=2

[61] Sofia Amara, « Monde arabe : onde de choc », Op. Cit.

[62] Slovodan Naumovic, « Otpor ! Et « La révolution électorale » en Serbie », Op. Cit.

[63] Kandelaki, G. and G. Meladze, « Enough! Kmara and the Rose Revolution in Georgia ». In Joerg Forbrig and Pavol Demeš (Eds.), Reclaiming Democracy. Civil society and Electoral Change in Central and Eastern Europe. Pp. 101- 125. Washington DC (2007), http://georgica.tsu.edu.ge/files/01-Politics/Rose%20revolution/Kandelaki&Meladze-d.u.pdf

[64] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Op. Cit.

[65] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », Op. Cit.

[66] Bryan Farrell et Eric Stoner, « How We Brought Down a Dictator », Op. Cit.

[67] Center for International Private Enterprise (CIPE), https://www.cipe.org/

[68] CIPE, « Algeria », https://www.cipe.org/projects/algeria/

[69] FEMED, « Associations algériennes membres de la FEMED », https://www.disparitions-euromed.org/fr/content/les-associations-alg%C3%A9riennes-membres-de-la-femed

[70] El Watan, « Collectif de la société civile algérienne pour une sortie de crise pacifique : Feuille de route pour l’instauration de la nouvelle République », 20 mars 2019, https://www.elwatan.com/edition/actualite/collectif-de-la-societe-civile-algerienne-pour-une-sortie-de-crise-pacifique-feuille-de-route-pour-linstauration-de-la-nouvelle-republique-20-03-2019

[71] TEDxKrakow, « Srdja Popovic - How to topple a dictator », Op. Cit.

[72] YouTube, « Quelques recommandations pour la marche de demain 01/03/2019…partagez mes frères », mise en ligne le 28 février 2019, https://www.youtube.com/watch?v=csqyMPGIOKs

[73] Remarque : la 7e directive concernant le vinaigre pour se protéger des gaz lacrymogènes avait été une recommandation des cyberactivistes tunisiens aux cyberactivistes égyptiens comme le rapportent Kirkpatrick et Sanger, Op. Cit.

[74] Hernando Calvo Ospina, « Quand une respectable fondation prend le relai de la CIA », Le Monde diplomatique, juillet 2007

[75] Mohamed Ghannouchi était premier ministre du gouvernement tunisien sous la présidence de Ben Ali.

[76] Lea-Lisa Westerhoff, « Slim Amamou : Ministre gazouilleur », Écrans, 10 février 2011, http://www.ecrans.fr/Ministre-gazouilleur,11973.html

[77] Laura King et Amro Hassan, « 3 prominent Egyptian activists say they have been abused in prison », Los Angeles Times, 10 mars 2014, http://www.latimes.com/world/worldnow/la-fg-wn-egypt-activists-abuse-20140310-story.html#axzz2vne85KIB

[78] Ibid.

[79] AFP, « En Égypte, peines de prison confirmées pour plusieurs figures de la révolte de 2011 », Libération, 7 avril 2014, http://www.liberation.fr/monde/2014/04/07/en-egypte-peines-de-prison-confirmees-pour-plusieurs-figures-de-la-revolte-de-2011_993736

[80] Egypt Today, « Activist Alaa Abdel Fattah released after 5 years in prison », 29 mars 2019, https://www.egypttoday.com/Article/2/67644/Activist-Alaa-Abdel-Fattah-released-after-5-years-in-prison

[81] Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, pp. 132-14

[82] Ibid, pp. 148-158

[83] The Washington Post, « Syrian activist was State Dept. ally; now US won't grant him asylum », 2 juillet 2017, https://www.recordonline.com/opinion/20170702/syrian-activist-was-state-dept-ally-now-us-wont-grant-him-asylum

[84] Nazef Ali, « Amendement et mise en œuvre de l’appel du CIVIC », El Watan, 27 mars 2019, https://www.elwatan.com/edition/contributions/amendement-et-mise-en-oeuvre-de-lappel-du-civic-27-03-2019

[85] Tahar Fattani, « Zehouane s'en prend au FFS l’accusant d’instrumaliser les droits de l’homme », L’expression, le 21 mars 2010, https://www.djazairess.com/fr/lexpression/74347

[86] Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Kamel Daoud, Cologne contre-enquête », Ed. Frantz Fanon, Alger, 2016

[87] France Inter, « Kamel Daoud livre son analyse des manifestations en Algérie et sur le régime Bouteflika », 8 mars 2019, https://www.youtube.com/watch?v=KDBaCmlwxk4

[88] Étymologiquement « le sac ». Ce terme réfère à la corruption.

[89] Gérard Mugemangando et Michel Collon, « “Être en partie contrôlé par la CIA ? Ça ne me dérange pas trop” », Investig’Action, 1er octobre 2000, http://michelcollon.info/Etre-en-partie-controle-par-la-CIA.html

[90] Algérie-Focus, « Interview de Slim404, le blogueur tunisien devenu ministre », Op. Cit.

 


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Une foule dense, une ambiance festive, des jeunes dans la fleur de l’âge, des slogans incisifs, de l’humour subtil et corrosif, le « retiré » d’une charmante ballerine posant pour la postérité, des jeunes qui balaient les rues après les marches, d’autres embrassant des policiers ou leur offrant des fleurs, des bouteilles d’eau distribuées aux manifestants, un couple qui esquisse un pas de danse dans une rue d’Alger

Comment ne pas être fier de cette jeunesse algérienne débordante de vitalité, montrant aux yeux du monde sa maturité politique, sa discipline et son pacifisme?

Comment ne pas s’enorgueillir de ce réveil populaire susceptible de mettre fin à des décennies d’immobilisme politique qui a engendré la déliquescence de nombreux secteurs socioéconomiques, provoqué la fuite des cerveaux et jeté à la mer des cohortes de « harragas »?

Qu’on se le dise : cette révolte est bienfaitrice comme une pluie après la sécheresse, rayonnante comme la lumière après une nuit sombre et prometteuse comme un bourgeon qui pointe après un long hiver.

Mais au-delà de ces images idylliques de la contestation, plusieurs questions viennent à l’esprit au sujet de ces manifestations populaires.

Sont-elles spontanées? Comment se fait-il qu’elles soient aussi bien organisées? Est-ce naturel d’offrir des fleurs aux forces de l’ordre dans un pays où cette tradition n’est pas usitée même au sein des familles? Comment se fait-il que les jeunes nettoient les rues après les marches alors que les autres jours ces mêmes rues sont jonchées de détritus? Comment sont conçus les slogans et qui achemine, via les médias sociaux, les avis de manifestations ou de grève estudiantines à travers tout le territoire national et même à l’étranger? Pourquoi l’humour et le sarcasme sont largement surutilisé comme arme de revendication?

Pour répondre à ces questions et à bien d’autres, il est nécessaire de revenir aux mouvements de contestation non-violente similaires qui ont secoué différents pays depuis le début du siècle.

Les révolutions colorées

Les révoltes qui ont bouleversé le paysage politique des pays de l’Est ou des ex-Républiques soviétiques ont été qualifiées de « révolutions colorées ». La Serbie (2000), la Géorgie (2003), l’Ukraine (2004) et le Kirghizstan (2005) en sont quelques exemples.

Toutes ces révolutions, qui se sont soldées par des succès retentissants, sont basées sur la mobilisation de jeunes activistes locaux pro-Occidentaux, étudiants fougueux, blogueurs engagés et insatisfaits du système.

De nombreuses études et livres ont été consacrés à ces bouleversements politiques. À titre d’exemple, citons l’article exhaustif et très détaillé sur le rôle des États-Unis dans les « révolutions colorées », de G. Sussman et S. Krader de la Portland State University qui mentionnent dans leur résumé :

« Entre 2000 et 2005, les gouvernements alliés de la Russie en Serbie, en Géorgie, en Ukraine et au Kirghizistan ont été renversés par des révoltes sans effusion de sang. Bien que les médias occidentaux en général prétendent que ces soulèvements sont spontanés, indigènes et populaires (pouvoir du peuple), les « révolutions colorées » sont en fait le résultat d’une vaste planification. Les États-Unis, en particulier, et leurs alliés ont exercé sur les États postcommunistes un impressionnant assortiment de pressions et ont utilisé des financements et des technologies au service de l’“aide à la démocratie” ».

L’implication de nombreuses organisations américaines a été établie de manière non équivoque. Il s’agit de la United States Agency for International Development (USAID), la National Endowment for Democracy (NED), l’International Republican Institute (IRI), le National Democratic Institute for International Affairs (NDI), la Freedom House (FH), l’Albert Einstein Institution (AEI) et l’Open Society Institute (OSI) ,,6.

Ces organismes et agences sont tous américains et sont financés par le budget américain ou par des capitaux privés américains . À titre d’exemple, la NED est financée par un budget voté par le Congrès et les fonds sont gérés par un conseil d’administration où sont représentés le Parti républicain, le Parti démocrate, la Chambre de commerce des États-Unis et le syndicat American Federation of Labor-Congress of Industrial Organization (AFL-CIO), alors que l’OSI fait partie de la Fondation Soros, du nom de son fondateur George Soros, le milliardaire américain, illustre spéculateur financier.

Concernant le rôle réel de la NED, il est intéressant de reprendre la déclaration (en 1991) de Allen Weinstein, directeur du groupe d'étude qui a mené à la fondation de cet organisme : « Beaucoup de ce que nous [NED] faisons aujourd’hui se faisait secrètement il y a 25 ans par la CIA ». De son côté, le président de la NED, Carl Gershman, a déclaré en 1999 que la « promotion de la démocratie est devenue un champ établi de l'activité internationale et un pilier de la politique étrangère américaine ». En résumé, tous ces organismes américains sont spécialisés dans l’« exportation de la démocratie » pour autant que cela serve la politique étrangère des États-Unis.

La NED travaille par l’intermédiaire de quatre organismes distincts et complémentaires qui lui sont affiliés. En plus de l’IRI et du NDI, elle englobe aussi le Center for International Private Enterprise (CIPE — Chambre de commerce des États-Unis) et l’American Center for International Labor Solidarity (ACILS — Centrale syndicale AFL-CIO), mieux connu comme le Solidarity Center.

Plusieurs mouvements ont été mis en place pour conduire les révoltes colorées : Otpor (« Résistance ») en Serbie, Kmara (« C’est assez ! ») en Géorgie, PORA (« C’est l’heure ») en Ukraine et KelKel (« Renaissance ») au Kirghizistan.

Le premier d’entre eux, Otpor, est celui qui a causé la chute du gouvernement yougoslave de Slobodan Milosevic. Dirigé par Srdja Popovic, Otpor prône l’application de l’idéologie de résistance individuelle non-violente, théorisée par le philosophe et politologue américain Gene Sharp. Professeur émérite en sciences politiques à l’Université du Massachusetts, ce dernier a aussi été chercheur à Harvard et aurait été, dit-on, un candidat potentiel pour l’obtention du prix Nobel de la paix en 2009, 2012 et 2013.



Chamseddine Bouzghala, « "Poetic protest", histoire d'une photo qui a marqué la mobilisation algérienne », France 24, le 9 mars 2019, https://www.france24.com/fr/20190309-poetic-protest-photo-danseuse-mobilisation-algerienne

Khalid Mesfioui, « Manif anti-système à Alger: ce beau couple qui a dansé sous la pluie », Le 360, le 23 mars 2019, http://fr.le360.ma/monde/video-manif-anti-systeme-a-alger-ce-beau-couple-qui-a-danse-sous-la-pluie-186597

G. Sussman et S. Krader, « Template Revolutions : Marketing U.S. Regime Change in Eastern Europe », Westminster Papers in Communication and Culture, University of Westminster, London, vol. 5, n° 3, 2008, p. 91-112, http://www.westminster.ac.uk/data/assets/pdf_file/0011/20009/WPCC-Vol5-No3-Gerald_Sussman_Sascha_Krader.pdf

Lire, par exemple, Ian Traynor, « US campaign behind the turmoil in Kiev », The Guardian, 26 novembre 2004, http://www.guardian. co.uk/world/2004/nov/26/ ukraine.usa

Voir l’excellent documentaire de Manon Loizeau, « États-Unis à la conquête de l’Est », 2005. Il peut être visionné à l’adresse suivante : https://www.youtube.com/watch?v=4NOdoOQsouE

Pour plus de détails, lire Ahmed Bensaada, « Arabesque$ - Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgique), 2015 – Ed. ANEP, Alger (Algérie), 2016, Chapitre 2 : Les révolutions colorées.

F. William Engdahl, « Géopolitique et “révolutions des couleurs” contre la tyrannie », Horizons et débats, n° 33, octobre 2005, http://www.horizons-et-debats.ch/33/33_16.htm

Michael Barker, « Activist Education at the Albert Einstein Institution: A Critical Examination of Elite Cooption of Civil Disobedience », Indymedia, 21 juillet 2012, http://www.indymedia.ie/article/102162

National Endowment for Democracy (NED), «Idea to Reality: NED at 25 », http://www.ned.org/about/history

Ruaridh Arrow, « Gene Sharp : Author of the nonviolent revolution rulebook », BBC, 21 février 2011, http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-12522848

Mikael Holter, « Peace Institute Says Nobel Rankings Favor Sharp, Echo of Moscow», Bloomberg, 2 octobre 2012, http://www.bloom berg.com/news/2012-10-02/peace-institute-says-nobel-rankings-favor-sharp-echo-of-moscow.html

TVC, « Academic Gene Sharp nominated for Nobel Peace Prize », 9 octobre 2013, http://www.tvcnews.tv/?q=article/academic-gene-sharp-nominated-nobel-peace-prize

 

صدر حديثا عن منشورات الوكالة الوطنية للنشر والإشهار "لاناب "، كتاب جديد آخر عنوانه "أرابيسك، تحقيق حول دور الولايات المتحدة في الثورات العربية" للباحث أحمد بن سعادة، وفي العنوان رمز للدولار الذي يأتي بعد"أرابيسك"، لاضهار الدلالة الرمزية لأمريكا في مشروع هذه الثورات ودعمها.
يقع الكتاب في 278 صفحة ويضم مقدمة بقلم ماجد نعمة مدير مجلة"إفريقيا آسيا". جاء في بداية الكتاب "أفضع من أن لا تكون المعلومة وصلت للشخص أن يعتقد ذات الشخص أنه يملكها".
الكتاب هو استمرارية لـ"أرابيسك أمريكية" الذي كان أول كتاب حول ما صار يعرف لدى الجميع بالربيع العربي الذي نشر في 2011، وبعد مرور سنين أربع كان من الضروري إعادة إدراج بعض المعلومات الجديدة التي لم تكن متاحة ومتواجدة في ذلك الوقت والتي تؤكد الفرضية والنظرية ومن جهة أخرى إدراج الثورات الأخرى التي تلاحقت. 
يرى بن سعادة أن الميديا هي التي تسيطر على الفضاء الإعلامي وخطابها يحمل على أنه خلاصة الحقيقة، والعمل على مواجهة منحى تفكيرها واقتراح رواية مغايرة لها ليس بالأمر السهل الهين، وكل مغامرة في هذا المتجه كان ينر إليها بأنها المؤامرة والتواطؤ مع النظم السائدة. كما يعتقد أن الكتابة عن دور أمريكا في الثورات العربية يمكن أن تكون إشكالية بالنسبة للباحث عن الحقيقة وتضعه تحت طائلة معاداة أمريكا والمناصر للدكتاتوريات التي استحوذت على الحكم بل عدوا لثورة الشعب الكبرى.
الكتاب كما يراه صاحبه دراسة موضوعية حول دور القوة العالمية الأولى في العالم في ثورات الشارع العربي بالإضافة إلى دور دول أخرى غربية وعربية وقوى بالمنطقة التي نشطت لمساعدة القوى المنددة.
يرى ماجد نعمة في مقدمته، أن الكتاب لا يعد فقط مرجعا يقاوم ضد الإعلام المغلوط، بل يقدم دعوة سلمية للمرور إلى ما وراء الخطاب السياسي الذي يسعى للتغطية على المخاطر والصراعات بدل تشخيصها وشرحها، ومعلوم أن ضحية الحرب الكبرى هي الحقيقة كما يقول "كيبلينغ" وتبعا لقول "سيسرون"، "من لديه عادة الكذب، لديه عادة الحلف والحنت"، ويرى ماجد نعمة أن بن سعادة قد طبق في تحقيقه منهجية العلوم الدقيقة التي يتفوق فيها.

 


À contrecourant de l’unanimisme médiatique et à leurs premières manifestations, Ahmed Bensaada entreprit de questionner le « caractère spontané » des révolutions du « Printemps arabe ». Le titre du livre qui en sortira, « Arabesque américaine », annonce, à lui tout seul, l’entrelacs des réseaux, des organisations-relais, des think-tanks, des financements, une immense toile coordonnée par la CIA et financée par les autorités américaines les plus officielles.


Par Mohamed Bouhamidi

Date de publication: 12 juin 2018

 

Ce travail souterrain, inconnu même du public tenu pour politiquement cultivé, est pourtant un travail tout à fait officiel. Il a vu le jour sous l’administration de G. Bush et s’est poursuivi comme programme de l’Etat profond dans les administrations suivantes. Peu de gens savent que la politique étrangère américaine est menée en fonction de doctrines qui fondent et inspirent son action sur des décennies. Ces doctrines deviennent une partie constitutive de la conscience consensuelle des élites politiques étasuniennes et toujours la source d’inspiration de la production artistique, films et téléfilms en priorité.

Bensaada nous révèle l’existence, le fonctionnement, l’exécution et la flexibilité d’une planification à long terme du « régime change » dans des pays arabes clés pour la domination et la maîtrise de la région MENA dont notre pays fait partie.

Cette planification pour les pays arabes est un développement des plans précédents des révoltions de couleurs des anciens pays de l’Est qu’iol fallait définitivement détacher des survivances de l’utopie communiste.

Pour notre pays, nous apprenons que des associations, des syndicats et des partis politiques ont bénéficié de généreux financements sur de longues périodes et que certaines ne sont que des annexes d’associations de droit français. Nous apprenons également beaucoup sur la disponibilité d’acteurs de la vie politique, syndicale et associative à parler de notre situation nationale avec des diplomates de l’ambassade américaine les personnels d’organismes américains et à traduire leurs conciliabules secrets sur le champ de notre politique nationale.

Cependant, l’analyse du cas syrien constitue certainement la partie la plus effrayante et la plus instructive de ce livre. Les institutions de la subversion US ont appliqué les méthodes et les plans les plus sophistiqués pour détruire ce pays, y compris la méthode de changement de régime sans changements d’hommes combiné à la création d’une opposition téléguidée dotée des médias et de moyens considérables et à la préparation du passage rapide du changement pacifique à la guerre généralisée menée par autant de fractions que de futurs cantons ethniques ou théocratiques à créer.

Sept ans après la parution de ce livre, la question reste légitime de savoir si un tel travail de déconstruction des « naïvetés démocratiques » a pu être utile aux consciences citoyennes, aux dirigeants des Etats encore menacés par ces projets de « révolution des jasmins », aux oppositions nationales authentiques ? Un tel résultat ne pouvait être possible que dans un rapport de forces qui conteste significativement l’hégémonie du mainstream. La parole de ce mainstream reste dominante et détermine encore pour longtemps la perception des opinions publiques et les travaille bien plus sur le registre des émotions que sur le terrain de la connaissance des faits.

Il nous reste, en refermant le livre à méditer sur un de ses aspects majeurs : la création d’une conscience politique spontanée et immédiate de ces révolutions de couleurs ou de fleurs. Une culture politique se formerait ainsi par des actions volontaristes sans lien et sans continuité avec le substrat historique des peuples concerné ? Bensaada nous en donne la clé par la recension des activistes de toutes espèces, les cyber-activistes, les militants appointés des ONG, les réseaux des médias financés de l’étranger, l’occupation de tous les terrains fertiles en colères durables ou passagères, l’exploitation de tous les mécontentements et, intelligence suprême des révolutions, la recherche attentive et permanente de la coalescence de ces petites et grandes frustrations.

Bensaada met sous nos yeux une mise en œuvre d’un modèle connu révolutions : la synergie entre les possibilités de changements ouvertes par les crises et l’existence d’un groupe organisé de politiciens professionnels sinon déterminés, à la mode léniniste, du moins fortement motivés par l’argent versés aux ONG et autres activistes.

Nous avons alors affaire à une armée de type nouveau créée, formée, entraînée aux guerres de nouvelles générations, à des professionnels des « régime change » et de destruction des Etats-nations.

La relecture « Arabesque américaine » peut encore nous en apprendre beaucoup sur cette armée du clair-obscur en ces moments centrifuges de notre nation.

M.B

 

Arabesque américaine – Ahmed Bensaada. avril 2011, Éditions "Michel Brûlé", Montréal - mars 2012, Éditions "Synergie", Alger Arabesque$– Investig’Action 2015 Belgique – 2016 ANEP Algérie.



Source de l'article

Lovée dans une des innombrables vallées bucoliques de la chaîne des Monts Zagros, la ville de Paveh est située dans la province de Kermanshah. Cette région de l’extrême ouest de l’Iran, limitrophe de l’Irak, est majoritairement peuplée par des Kurdes sunnites, arborant fièrement le « chalouar » et la large ceinture en tissu. Sise à une trentaine de kilomètres de la frontière irano-irakienne, Paveh n’aurait pu garder que le charme champêtre de son paysage et celui de ses routes sinueuses qui bordent les vergers d’arbres fruitiers si ce n’était sa position géostratégique, les intentions belliqueuses des pays voisins et l’instrumentalisation des minorités ethniques de l’Iran.

 

Danse kurde en Iran: "chalouar" et large ceinture en tissu


Déjà, en 1979, Paveh a été l’épicentre de la rébellion kurde à la suite de la chute du Chah et de la proclamation de la République islamique d’Iran[1]. C’est dans cette même région que, durant la guerre Iran-Irak, les opposants iraniens de l’Organisation des moudjahidines du peuple iranien (Mujaheddin-e-Khalq, MeK), mouvement militaire armé par les autorités irakiennes ont essayé d’envahir l’Iran en marchant vers Kermanshah. Ils furent écrasés par l’armée iranienne[2].

 

Paveh, à une trentaine de kilomètres de la frontière Irak-Iran

 

 

تحديات الأمن القومي الجزائري بعد الحراك العربي



Les défis de la sécurité nationale de l’Algérie après les mouvements populaires arabes

 

 

 

 

الباحثة:  ليلى كرفاح


المدرسة الوطنية العليا للعلوم السياسية - الجزائر-


 

مجلة العلوم السياسية والقانون

العدد 07 فبراير 2018 - المجلد 02 تصدر عن المركز الديمقراطي العربي ألمانيا - برلين

 

Journal of Political Science and Law - Feb. 7, 2018, Berlin



إضغط على الصورة لقرأة المقال باللغة العربية (Calaméo)

 

 


 

Stati Uniti: Destabilizzazione 2.0



L’Istituto nazionale di ricerche sulla Difesa RAND è un think tank statunitense, finanziato da fondi federali e patrocinato dall’ufficio del Segretario alla Difesa (OSD), dallo Stato maggiore inter-arma, dal Comando inter-arma di Combattimento, dal Dipartimento della Marina, dal Corpo dei Marine, dalle Agenzie di difesa e dalla comunità della intelligence militare.





Nel 2008, vale  a dire circa tre anni prima dell’ingannevole «primavera» araba, il RAND ha pubblicato un importante ed esaustivo studio[i] sul movimento Kifaya («E’ abbastanza!», in arabo), un gruppo di opposizione egiziano creato nel 2004 da intellettuali di diverse sensibilità. Tra le raccomandazioni contenute nell’imponente documento, si legge anche: «Gli Stati Uniti dovrebbero aiutare i riformatori a procurarsi e ad usare la tecnologia dell’informazione, magari offrendo facilitazioni alle imprese statunitensi che investono nelle infrastrutture di comunicazione e nella tecnologia dell’informazione regionale. Le compagnie statunitensi che operano nel settore della tecnologia dell’informazione potrebbero anche fare in modo che i siti web dei riformatori possano restare operativi e potrebbero anche investire in tecnologie come i server proxy che consentono l’anonimato e possono difenderli dall’attività di sorveglianza dei governi. L’obiettivo potrebbe anche essere raggiunto ricorrendo a mezzi tecnologici che impediscano ai regimi di sabotare i siti web dei riformatori».




Il Cairo: manifestazione di militanti del movimento "Kifaya" (كفاية)



Questo studio realizzato dal RAND è servito come base per una politica statunitense di «esportazione» della democrazia verso i paesi del Medio oriente e dell’Africa del Nord (MENA — Middle East and North Africa) attraverso la formazione, il sostegno e la messa in rete dei cyber-attivisti provenienti da questi paesi.
Infatti, programmi per sottarsi alla censura statale, come TOR[ii] o Commotion[iii] sono stati messi a punto per aiutare i cyber-attivisti a fare la loro «rivoluzione» navigando in modo anonimo nella rete.
Nell’estate 2009, mentre erano in corso le manifestazioni di piazza contro il governo iraniano, il software TOR è stato messo a disposizione dei cyber-dissidenti iraniani[iv]. Inoltre Hillary Clinton, la segretaria di Stato USA dell’epoca, affermò che «Twitter era importante per la libertà di espressione iraniana»[v]. E a tale affermazione seguì un intervento del Dipartimento di Stato sulla direzione di Twitter, perché rinviasse una operazione di manutenzione che avrebbe provocato una interruzione del servizio, privando così gli oppositori iraniani di quello strumento di comunicazione [vi].
Distribuito gratuitamente, TOR beneficia di sussidi federali statunitensi, oltre ad essere finanziato da numerosi e prestigiosi sponsor come Google, Human Rights Watch (HRW) e anche dal laboratorio di ricerca della Marina degli Stati Uniti (NRL — United States Naval Research Laboratory).






Durante la «primavera» araba, TOR è stato anche utilizzato dai cyber-attivisti tunisini e egiziani[vii]. Cosa che spinse la signora Clinton a dire «che internet è diventato lo spazio pubblico del XXI° secolo» e che «le manifestazioni in Egitto e in Iran, sostenute da Facebook, Twitter e YouTube, dimostravano la forza delle tecnologie di connessione quali acceleratori del cambiamento politico, sociale ed economico» [viii].
La formazione dei cyber-attivisti della zona MENA è stato finanziato dalle organizzazioni statunitensi di «esportazione» della democrazia, come la United States Agency for International Development (USAID), la National Endowment for Democracy (NED), l’International Republican Institute (IRI), il National Democratic Institute for International Affairs (NDI), la Freedom House (FH) e l’Open Society Institute (OSI) del miliardario statunitense George Soros, illustre speculatore finanziario[ix].
Per i cyber-attivisti arabi, la formazione è stata prontamente organizzata in alcune città arabe come il Cairo o Beirut. Gli eventi più spettacolari sono stati curati da una organizzazione creata appositamente a questo fine : l’Alleanza dei Movimenti della Gioventù (AYM — Alliance of Youth Movements).
La missione dell’AYM viene chiaramente annunciate sul suo sito: i) individuare dei cyber-attivisti nelle regioni di interesse; ii) metterli in contatto tra di loro, con esperti e con esponenti della società civile; e iii) sostenerli con la formazione, con consigli e fornendo loro una piattaforma per avviare i contatti e svilupparli nel tempo.




L’AYM è guidata da personaggi che hanno lavorato al Dipartimento di Stato, in imprese che si occupano delle nuove tecnologie o di organizzazioni di «esportazione» della democrazia. Sono stati organizzati tre summit dell’AYM: a New York nel 2008, a Città del Messico nel 2009 e a Londra nel 2010.
La lista degli sponsor di questi eventi è assai eloquente. Vi si trovano, tra gli altri, Twitter, Google, YouTube, Facebook e il Dipartimento di Stato.
Già nel 1999, Carl Gershman, presidente della NED, dichiarava che «la promozione della democrazia è diventata un principio consolidato dell’attività internazionale e un pilastro della politica estera statunitense» [x]. Nel 2010, Hillary Clinton vi aggiunse la dimensione relativa al cyber-spazio, dichiarando che internet era «uno strumento essenziale per fare avanzare la democrazia»[xi].




Hillary Clinton e Carl Gershman


Con lo sviluppo folgorante delle nuove tecnologie, il miglioramento costante dei server proxy che garantiscono l’anonimato e l’egemonia statunitense nel campo delle nuove tecnologie, è facile prevedere che il cyber-attivismo prospererà, specialmente come vettore di «esportazione» della democrazia statunitense. Un modo «elegante» per destabilizzare – o addirittura distruggere – i paesi che figurano sulla lista nera dello Zio Sam.
La sanguinosa «primavera» araba è là per confermarcelo.




Note:
[i] Nadia Oweidat et al., « The Kefaya movement », RAND National Defense Institute, 2008.
[ii] Tor Project, https://www.torproject.org/
[iii] Yves Eudes, « Commotion, le projet d’un Internet hors de tout contrôle », Le Monde, 30 agosto 2011,http://www.lemonde.fr/technologies/article/2011/08/30/commotion-le-projet-d-un-internet-hors-de-tout-controle_1565282_651865.html
[iv] Ahmed Bensaada, « Téhéran-Gaza : la différence médiatique », Le Quotidien d’Oran, 25 giugno 2009, http://www.lequotidien-oran.com/index.php?news=5123035&archive_date=2009-06-29
[v] Nancy Scola, « Clinton says Twitter is important for Iranian free speech », TechPesident, 17 giugno 2009, http://techpresident.com/blog-entry/breaking-clinton-makes-vague-remarks-general-direction-twitter
[vi] Le Devoir, « Mobilisation politique en Iran à l'heure du Web 2 - Washington intervient en faveur des utilisateurs de Twitter », 17 giugno 2009,http://www.ledevoir.com/international/actualites-internationales/255415/mobilisation-politique-en-iran-a-l-heure-du-web-2-washington-intervient-en-faveur-des-utilisateurs-de-twitter
[vii] John Moroney, « Mass. company helps activists avoid online government censorship », NECN, 30 gennaio 2011, http://www.necn.com/news/new-england/_NECN__Mass__Company_Helps_Activists_Avoid_Online_Government_Censorship_NECN-252293921.html
[viii] Le Monde, « Hillary Clinton milite pour la liberté sur Internet », 16 febbraio 2011,http://www.lemonde.fr/technologies/article/2011/02/16/hillary-clinton-milite-pour-la-liberte-sur-internet_1480855_651865.html
[ix] Ahmed Bensaada, « Arabesque$: Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Éditions Investig’Action, Bruxelles (2015) ; Éditions ANEP, Alger (2016)
[x] Michael Barker, « Activist Education at the Albert Einstein Institution: A Critical Examination of Elite Cooption of Civil Disobedience », Indymedia, 21 luglio 2012,http://www.indymedia.ie/article/102162?condense_comments=true
[xi] Council on Foreign Relations, « Clinton’s Speech on Internet Freedom, January 2010 », 21 gennaio 2010, http://www.cfr.org/internet-policy/clintons-speech-internet-freedom-january-2010/p21253

 


Versione originale francese

 

ثورات التضليل ، الجزيرة و أخواتها


الجمعة 30 آذار/مارس 2018


احمد الحباسى

” ضميري لا يسمح بالاستمرار في قناة شاركت في قتل الشعب العربي”. هذا مختزل كتاب استقالة الصحفية الفلسطينية ايمان عياد من قناة الجزيرة القطرية الصهيونية ، مختزل مفيد جدا لمعرفة من هى قناة الجزيرة و ما هو دورها فى ضرب الشعوب العربية و لماذا تم تأسيسها و لماذا تصرف المحمية القطرية كل هذه الاموال النفطية الخيالية لتظل هذه القناة شوكة مسمومة فى الخاصرة العربية كل ذلك خدمة للصهيونية و الامبريالية العالمية ، فى السنوات الاخيرة كانت هناك متغيرات هائلة فى العلاقات الدولية على كل المستويات لعل من أبرزها عربيا هو الغزو الامريكى للعراق و سقوط بغداد سنة 2003 ، فى هذا السياق كان لوسائل الاتصال و الاعلام دور مهم لا يقل عن الدور السياسى و العسكرى و كان المستفيد الاكبر من هذه الحرب الاعلامية الموجهة ضد بعض الدول العربية الرافضة للصهيونية أمريكا التى تحفزت الى هذه الحرب بعد ان فهمت ان سبب خسارتها فى فيتنام كان بسبب سوء استخدامها لوسائل الاعلام و لذلك قامت بتدشين قناة السى . ن . ن سنة 1980 لتكون اداة لخلق ظروف مواتية للقيادة الامريكية لبسط سطوتها على العالم ، ثم و على مستوى اخر كان على امريكا البحث عن طريقة مناسبة لإحداث ” ثورات ” فى العالم العربى بواسطة عملاء مدربين و فى نطاق خطة محكمة تتولاها منظمات بعثت للغرض للتغطية على خفايا هذه المؤامرة على الشعوب تحت ستار الديمقراطية الامريكية الزائفة .

تكشف التحقيقات و الدراسات الجادة أنه لتوفير المعلومات لقنوات التضليل و لإحداث هذه الثورات المزيفة فقد أنشأت وزارة الخارجية ” الوكالة الامريكية للتنمية الدولية ” و ” الصندوق الوطنى للديمقراطية ” و منظمة ” فريدوم هاووس ” و غيرهم من المنظمات التابعة لوكالة الاستخبارات الامريكية و اللوبى الصهيونى فى الولايات المتحدة الامريكية كل ذلك لتدريب عناصر هذه المنظمات المشبوهة و تأطيرهم و توجيه مواقفهم السياسية لإشعال الثورات المزيفة و استغلال حالات الاحتقان الراكدة فى كثير من هذه الدول العربية التى تعانى من عقود الاستبداد و الفساد و اظهار العنف و الشغب فى هذه المظاهرات بكونها نتاج تحركات شعبية سلمية و احتجاجات مدنية معقولة ، طبعا قناة الجزيرة كانت من الاوائل الذين نفذوا المؤامرة الممزوجة بحالة حقد و كراهية عمياء ليس لها حدود و غير مسبوقة على الاطلاق ضد الشعوب فى سوريا و مصـر و تونس و ليبيا و العراق ولبنان على وجه الخصوص ، لم يكن المستهدف فى هذه الحرب هى الانظمة و لم يكن هناك اسناد لحريات الشعوب و مطالبها الشرعية كما يقال و قيل فى اعلام الجزيرة و غيرها من القنوات العربية العميلة بل كان الامر متعلقا بتنفيذ مخطط جهنمى لتفتيت القوة العربية فى كل عناوينها المادية و المعنوية ، تفتيت على أسس عرقية طائفية مذهبية حتى تبقى اسرائيل هى القوة الوحيدة فى المنطقة و يكون هناك أمر واقع يدعو الى القبول بالتطبيع و معاشرة الكيان معاشرة شرعية لا لبس فيها .

ما حصل من ثورات مزيفة فى دول الاتحاد السوفييتى السابق ليس بعيدا من حيث الاهداف الخفية و المعلنة عما حدث فى المنطقة العربية لان التخطيط الامريكى الصهيونى الخليجى كان واضحا للمتابعين سواء من حيث ما اكتشفه الاعلام المنقب فى مثل هذه المسائل من وجود مخططات سابقة أو من تكليف ادوات معينة بالتنفيذ او من حيث رصد الاموال و تسخير الابواق الاعلامية أو من حيث تكليف الجماعات الاسلامية و بالذات حركة الاخوان المسلمين العالمية بتسخير الارهابيين للتنفيذ ، روسيا كانت مستهدفة و لا تزال و الدول العربية الرافضة لأمريكا و اسرائيل كانت مستهدفة و لا تزال بنفس المخطط القذر ، فإثارة غرائز الشعوب نحو التحرر و التغيير مهم لضرب الاستقرار فى روسيا الاتحادية و لفرض الانقسام فى سوريا و بقية الدول العربية و لن ينسى المتابعون دور السفير الامريكى روبرت فورد فى سوريا و لا دور جيفرى فيلتمان السفير الامريكى فى لبنان و لقاءات الاول مع الجماعات الارهابية التكفيرية المسلحة و لقاءات الثانى مع فريق الخيانة فى لبنان بقيادة سمير جعجع أو ما يسمى بتيار 14 اذار ، فى كتابه ” ارابيسك امريكية : عن الدور الامريكى فى الثورات العربية ” يكشف الكاتب الجزائرى أحمد بن سعادة الدور الخفى الذى لعبته امريكا و المخابرات و الاجهزة الامريكية فى هذه الثورات المشبوهة كل ذلك بالوثائق و الادلة و يؤكد العلاقة بين ما سمى بالثورات الملونة فى جمهوريات الاتحاد السوفييتى السابق و بين ثورات العالم العربى من حيث تقديم امريكا للمساعدات المختلفة للإطاحة بهذه الانظمة و استكمال الطوق حول روسيا و تفتيت العالم العربى ، ربما لا يتحدث الاعلام بصورة كاملة عن دور السفارات الامريكية فى هذه الدول لكن الكاتب يؤكد دورها الفعال فى تغطية هذه الانتفاضات و اعطاء التقارير المسبقة عن حالات الاحباط و الاشارة الى الاطراف التى يمكن توظيفها لتنفيذ المؤامرة و من بينها الاخوان المسلمون و بعض رموز ما يسمى بالمعارضة فى الخارج .

ربما لم ينتبه البعض لكن الدكاكين الامريكية التى خططت لهذه ” الثورات ” هى نفسها من تولت تحديد الشعارات التى هتفت بها الجماهير الغاضبة فى تونس ” ارحل ” و ” كفاية ” فى مصر و لقد لاحظ المتابعون تركيز قناة الجزيرة على هذه الشعارات كجزء من حملات التضليل البصرية فيما تكشف التقارير تخصيص وزارة الخارجية الامريكية للملايين من الدولارات للشركات المتخصصة فى صنع البرمجيات لمساعدة منظمات المجتمع المدنى فى الدول العربية لكسر الرقابة و تمكين القنوات الاعلامية المتآمرة من ” وجبات ” اعلامية ساخنة يعلم الجميع اليوم ما تضمنته من تضليل و اكاذيب ، من يعود اليوم الى ارشيف قناة الجزيرة مثلا يدرك حجم التضليل الاعلامى فى تناولها للحراك السورى و يدرك حجم الانقسام الذهنى الذى فرضته القناة خاصة فى الايام الاولى لهذه المؤامرة ، هناك من انطلت عليه الحيلة و صدق المؤامرة لكن ما كشفه وزير الخارجية القطرى السابق حمد بن جاسم من ان قطر قد تحالفت مع السعودية و الامارات لضرب النظام السورى معتبرة سوريا مجرد فريسة ميتة يجب نهشها خدمة للصهاينة و تمكين الجماعات التكفيرية المسلحة من هذا الجسم مسخرين كل الخزائن المالية النفطية للغرض يؤكد ان ما حدث لم يكن ثورة بل مجرد مؤامرة تضليل لإخفاء النوايا الصهيونية الامريكية لا غير .

 

 


 

المصدر

 

L’Institut national de recherche sur la défense RAND est un think tank américain financé par des fonds fédéraux et parrainé par le bureau du secrétaire à la Défense (OSD), l’État-major interarmées, le Commandement Interarmées de Combat, le Département de la Marine, le Corps des Marines, les Agences de défense et la Communauté du renseignement militaire.

 


En 2008, soit environ trois ans avant le fallacieux « printemps » arabe, le RAND a publié une importante et exhaustive étude[i] sur le mouvement Kifaya (« C’est assez ! », en arabe), un groupe d’opposition égyptien créé en 2004 par des intellectuels de différentes sensibilités. Parmi les recommandations de l’imposant document, on peut lire : « les États-Unis devraient aider les réformateurs  à  obtenir  et  à  utiliser  la  technologie  de  l’information,  peut-être  en  offrant  des  incitations  pour  les entreprises américaines à investir dans l’infrastructure de communication et de la technologie de l’information de la région. Les compagnies américaines œuvrant dans les technologies de l’information pourraient également faire en sorte que les sites Web des réformateurs restent opérationnels et pourraient aussi investir dans des technologies telles que les proxys anonymiseurs qui peuvent offrir un abri contre la surveillance du gouvernement. Cela pourrait également être réalisé en utilisant des moyens technologiques pour prévenir les régimes de saboter les sites Web des réformateurs. »

 

Le Caire: manifestation de militants du mouvement "Kifaya" (كفاية)


Cette étude réalisée par le RAND a servi de fondement pour une politique américaine d’« exportation » de la démocratie vers les pays de la région du Moyen-Orient et de l’Afrique du Nord (MENA — Middle East and North Africa) basée sur la formation, le soutien et le réseautage de cyberactivistes provenant de ces pays.

En effet, des programmes de contournement de la censure étatique, tels que TOR[ii] ou Commotion[iii] ont été mis au point pour aider les cyberactivistes à faire leur « révolution » tout en naviguant anonymement sur la toile.

Durant l’été 2009, lors des émeutes qui ont secoué la rue iranienne, le logiciel TOR a été mis à la disposition des cyberdissidents iraniens[iv]. De plus, Hillary Clinton, la secrétaire d’Etat américaine de l’époque, jugea que « Twitter était important pour la liberté d’expression iranienne »[v]. Cela fut suivi par une intervention du département d’État auprès de la direction de Twitter afin de reporter une opération de maintenance qui aurait entraîné une interruption de service, ce qui aurait privé les opposants iraniens de moyen de communication[vi].

Distribué gratuitement, TOR reçoit des fonds fédéraux américains, en plus d’être financé par de nombreux et prestigieux commanditaires comme Google, Human Rights Watch (HRW) ainsi que le laboratoire de recherche de la marine des États-Unis (NRL — United States Naval Research Laboratory).

 


Pendant le « printemps » arabe, TOR a également été utilisé par les cyberactivistes tunisiens et égyptiens[vii]. Ce qui fit dire à Madame Clinton « qu’Internet est devenu l’espace public du XXIe siècle » et que « les manifestations en Égypte et en Iran, alimentées par Facebook, Twitter et YouTube, reflétaient la puissance des technologies de connexion en tant qu’accélérateurs du changement politique, social et économique » [viii].

La formation des cyberactivistes de la zone MENA a été financée par les organismes américains d’« exportation » de la démocratie, tels que la United States Agency for International Development (USAID), la National Endowment for Democracy (NED), l’International Republican Institute (IRI), le National Democratic Institute for International Affairs (NDI), la Freedom House (FH) et l’Open Society Institute (OSI) du milliardaire américain George Soros, illustre spéculateur financier[ix].

Pour les cyberactivistes arabes, cette formation a été organisée ponctuellement dans certaines villes arabes comme Le Caire ou Beyrouth. Pour les évènements de plus grande envergure, la tâche a été assurée par un organisme créé spécialement à cet effet : l’Alliance de Mouvements de Jeunesse (AYM — Alliance of Youth Movements).

La mission de l’AYM est clairement annoncée sur son site : i) identifier des cyberactivistes dans des régions d’intérêt ; ii) les mettre en contact entre eux, avec des experts et des membres de la société civile ; et iii) les soutenir en les formant, en les conseillant et en leur procurant une plateforme pour initier les contacts et les développer dans le temps.

 


L’AYM est dirigée par des personnes ayant œuvré au Département d’État, dans les entreprises impliquées dans les nouvelles technologies ou avec les organismes d’« exportation » de la démocratie. Trois sommets de l’AYM ont été organisés : à New York en 2008, à Mexico en 2009 et à Londres en 2010.

La liste des commanditaires de ces événements est très éloquente. On y trouve, entre autres, Twitter, Google, YouTube, Facebook et le Département d’Etat.

Déjà, en 1999, Carl Gershman, président de la NED, avait déclaré que « la promotion de la démocratie est devenue un champ établi de l’activité internationale et un pilier de la politique étrangère américaine » [x]. En 2010, Hillary Clinton y ajouta la dimension relative au cyberespace en déclarant qu’Internet était «un outil essentiel pour faire progresser la démocratie »[xi].

 

Hillary Clinton et Carl Gershman


Avec le développement fulgurant des nouvelles technologies, l’amélioration constante des proxys anonymiseurs et l’hégémonie américaine dans le domaine des nouvelles technologies, il va sans dire que le cyberactivisme a de beaux jours devant lui, spécialement comme vecteur d’« exportation » de la démocratie américaine. Un moyen « élégant » pour la déstabilisation - voire la destruction - de pays figurant sur la liste noire de l’Oncle Sam.

Le sanglant « printemps » arabe est là pour nous le confirmer.

 


 

[i] Nadia Oweidat et al., « The Kefaya movement », RAND National Defense Institute, 2008.

[ii] Tor Project, https://www.torproject.org/

[iii] Yves Eudes, « Commotion, le projet d’un Internet hors de tout contrôle », Le Monde, 30 août 2011, http://www.lemonde.fr/technologies/article/2011/08/30/commotion-le-projet-d-un-internet-hors-de-tout-controle_1565282_651865.html

[iv] Ahmed Bensaada, « Téhéran-Gaza : la différence médiatique », Le Quotidien d’Oran, 25 juin 2009, http://www.lequotidien-oran.com/index.php?news=5123035&archive_date=2009-06-29

[v] Nancy Scola, « Clinton says Twitter is important for Iranian free speech », TechPesident, 17 juin 2009, http://techpresident.com/blog-entry/breaking-clinton-makes-vague-remarks-general-direction-twitter

[vi] Le Devoir, « Mobilisation politique en Iran à l'heure du Web 2 - Washington intervient en faveur des utilisateurs de Twitter », 17 juin 2009, http://www.ledevoir.com/international/actualites-internationales/255415/mobilisation-politique-en-iran-a-l-heure-du-web-2-washington-intervient-en-faveur-des-utilisateurs-de-twitter

[vii] John Moroney, « Mass. company helps activists avoid online government censorship », NECN, 30 janvier 2011, http://www.necn.com/news/new-england/_NECN__Mass__Company_Helps_Activists_Avoid_Online_Government_Censorship_NECN-252293921.html

[viii] Le Monde, « Hillary Clinton milite pour la liberté sur Internet », 16 février 2011, http://www.lemonde.fr/technologies/article/2011/02/16/hillary-clinton-milite-pour-la-liberte-sur-internet_1480855_651865.html

[ix] Ahmed Bensaada, « Arabesque$: Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Éditions Investig’Action, Bruxelles (2015) ; Éditions ANEP, Alger (2016)

[x] Michael Barker, « Activist Education at the Albert Einstein Institution: A Critical Examination of Elite Cooption of Civil Disobedience », Indymedia, 21 juillet 2012, http://www.indymedia.ie/article/102162?condense_comments=true

[xi] Council on Foreign Relations, « Clinton’s Speech on Internet Freedom, January 2010 », 21 janvier 2010, http://www.cfr.org/internet-policy/clintons-speech-internet-freedom-january-2010/p21253

 



Cet article a été publié dans le numéro de juin 2017 de la revue Afrique Asie (pp. 70-71)

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Version italienne de cet article

 

العرب بين المؤامرة والإصلاح .. البحرين نموذجا

 

الأربعاء 31/يناير/2018



هناك سيل هائل من الكتب والدراسات التي تتحدث عن الدور الذي لعبته الولايات المتحدة الأمريكية في إثارة الاضطرابات التي شهدتها بعض الدول العربية والتي رفعت مطالب اجتماعية واقتصادية سرعان ما تحولت للمناداة بإسقاط النظم الشرعية الحاكمة باسم الديمقراطية والحرية والإصلاح .
ومن أوائل المؤلفات الوثائقية حول الدور المشبوه الذي لعبته واشنطن من خلال أجهزة مخابراتها وسفاراتها ومؤسساتها ومعاهدها ومنظماتها في تأجيج القلاقل في الشارع العربي بهدف اسقاط أنظمة الحكم، يأتي (أرابيسك أمريكية: الدور الأمريكي في الثورات العربية) (Arabesque Américaine: Rôle des États Unis dans les révoltes de la rue Arabe) الذي تم إطلاقه بمكتبة العالم الثالث بالجزائر في شهر مايو 2012، وهو من تأليف الأكاديمي الكندي من أصل جزائري أحمد بن سعادة والذي استند إلى وثائق مهمة توكد بكل وضوح هذا الدور الأمريكي الخطير وأنها لعبت دوراً بارزاً في تدريب وتمويل من يسمون نشطاء سياسيين في تونس ومصر وغيرها من الدول العربية عبر مؤسسات عدة مثل (الوكالة الأمريكية للتنمية الدولية) (USAID)و(الصندوق الوطني للديمقراطية) (National Endowment for Democracy) ومؤسسة (فريدوم هاوس) (Freedom House) ومؤسسة (Open Society Institute) ، حيث كانت الأموال المخصصة لتمويل هذه البرامج تأني من الكونغرس الأمريكي بينما تقوم وزارة الخارجية الأمريكية بتوزيع هذه الأموال، وكانت ترفع شعارات براقة جاذبة مثل الإصلاح والتعددية وتحقيق الرخاء وغيرها.
هناك الكثير من الشواهد التي تكشف النية الأمريكية المبيتة للتخطيط لأحداث 2011، ونكتفي منها بإعلان وزيرة الخارجية الأمريكية السابقة هيلاري كلينتون في يناير 2010 تخصيص مبلغ 30 مليون دولار أمريكي للشركات المتخصصة في صنع البرمجيات لمساعدة منظمات المجتمع المدني والنشطاء المعارضين الذين يعيشون في ظل أنظمة استبدادية على كسر الرقابة وتشفير رسائلهم ومحو آثارهم حتى يصعب بعد ذلك على الأجهزة المختصة في بلدانهم تعقبهم.
سياسة واشنطن إذن استندت إلى تكوين شبكة واشعة من النشطاء ودعاة الإصلاح من أجل إحداث التغيير والثورة في العالم العربي. وعندما وجدت أن سياستها بدأت تثمر في العالم العربي، قامت منذ شهر سبتمبر 2011 بإنشاء مكتب خاص في واشنطن بالمنسق الأمريكي الخاص بعملية الانتقال في الشرق الأوسط وترأسه آنذاك دبلوماسي معروف عنه انه متخصص في الثورات وهو (وليام تايلور).
وقد كان لافتا أن يحذر الأمير خليفة بن سلمان آل خليفة رئيس وزراء مملكة البحرين من فرض نموذج معين وموحد من الإصلاحات ومن مخاطر الحديث عن هذه المهمة وهي الإصلاح دون فهم لأبعادها ومتطلباتها ومقومات نجاحها واستمرارها، ففي مقابلة مع صحيفة "دير شبيغل" الألمانية، في ابريل 2012 م، (بعد نحو عام من الأزمة التي شهدتها البحرين)، شكك في اهداف من يرفعون هذا الشعار، وقال :"إن كان الأمر يتعلق حقا بالإصلاحات فإننا قد بدأنا بها منذ زمن طويل وأقدم من أي بلد عربي آخر".
لقد اعتاد العالم العربي على الشعارات التي ساقتها الإدارة الأمريكية طوال عهدها، والتي تحتمل في جوهرها رسائل عدائية تتلقفها الخلايا النائمة في الدولة، من هنا فعلى القائد المحنك أن يعي جيدا الفارق بين الشعارات الوطنية والأخرى الأجنبية الواردة لتحقيق مآرب أخرى وأهداف غير معلومة، وهو ما تجسد في رئيس وزراء البحرين الذي فطن لمؤامرات الأعداء، وحذر من الانسياق وراء الخطاب الدعائي الخارجي، وقدم توصيفا حقيقيا لما حدث في البحرين، بأنه حراك إرهابي مدعوم من إيران وحزب الله.
أما عن الحوار ومن يتشدقون بأهميته في حل وتجاوز الأزمات وتحقيق الإصلاحات، فإنه لا يمكن أن يكون حوارًا في الهواء بلا ثوابت واسس واهداف، وهو ما أكده أيضًا الأمير خليفة بن سلمان آل خليفة في المقابلة المذكورة إذ اشترط أن يكون هذا الحوار أداء بناء وليس معول هدم، قائلا "يجب على الجهة المطالبة بالحوار أن تُبقي في عين الاعتبار ضرورة مشاركة جميع أطياف وقطاعات المجتمع البحريني بهدف التوصل لنتائج مثمرة"، وهو ما يفرق بين الدعاوى الجادة لصالح الشعب، والدعاوى المأجورة لصالح الأعداء.
ولم ينس الأمير خليفة بن سلمان، رئيس الوزراء البحريني، في استراتيجية في التعامل مع الأزمات، مسؤولية الدولة والجهاز الإداري في تحقيق الرفاهية التطور والنمو للمواطنين، من تعليم ورعاية صحية مجانية، فضلاً عن الإعانات المالية وبدل السكن والمعيشة وإعانات البطالة.. الخ، وهو الدور الأهم الذي يجعل المجتمع ملتفا حول الدولة ولا يثق في المعارضة المخربة، المدعومة من الخارج، وهذا ما نجح سموه فيه.
من هنا يجدر القول، أنه في زمن المؤامرة على الدول العربية، ومخطط فرض الوصاية الأمريكية على المنطقة، فإن الأمير خليفة بن سلمان، رئيس الوزراء البحريني، يقدم نموذجا يحتذى في التغلب على التآمر وتجاوز الأزمات مهما كانت شدتها وحدتها، ومن المهم لقادتنا أن يتمثلوا استراتيجيته في التعامل بحنكة وذكاء معالاستراتيجية الأمريكية التي تقوم على تصدير شعارات الديمقراطية والإصلاح وحقوق الإنسان والتغيير.. الخ، لتحقيق أهداف ومآرب أخرى تمكن في النهاية الإدارة الأمريكية من تحقيق مخطط الشرق الأوسط الكبير في المنطقة العربية.

 



المصدر


 

Ahmed Bensaada

Çeviren: Nizamettin Karabenk


ABD Başkanı Barack Obama,  2009 yılında, Beyaz Saray’a ilk dönem için seçilmesi üzerinden sadece dokuz ay geçtikten sonra Nobel Ödülü almıştı. Cesaret Ödülü müydü? Libya, Filistin, Yemen… Bu konuyla ilgili dikkate alınan alametler büyük ölçüde yanlış değerlendirmelerdi: Yeryüzünde yaşayan bütün insanların «kabarık» bir savaş bilançosu bulunan dünyamızda yaşanmakta olan gerginlikleri yatıştıracak bir lider figürü diye gözlerini dikmiş oldukları Başkan Obama Beyaz Saraydaki makamında sekiz yıl geçirdi.

Nobel Ödülü daha önce, 1906’da, 1901–1909 dönemi ABD Başkanı Theodore Roosevelt’e verildiğinde New York Times gazetesi haberi şöyle yorumlayarak vermişi: “ABD’nin en büyük savaşçı vatandaşına Nobel Ödülü verildiği zaman dünyamızın yüzü büyük bir gülümsemeyle nurlandı.”

Yaklaşık olarak bir asır sonra, aynı New York Times gazetesi mensubu başka bir gazeteci de;

“Şimdi, Nobel Ödülü alan Barack Obama hakkında ne düşünüyorsun? diye kendisine sordu. Şaşkınlık yaşayan bir haldeyim diye duygusunu dile getirdi. Başkan Obama’nın bu ödülü almak için ne gibi hizmetleri oldu? diye yeni bir soru daha sordu. Sekiz yılık başkanlık dönemi sonunda, dünyamız üzerinde bir yerlerde gerçekten barış sağladığı görüldükten sonra ödül verilmesinin daha makul olduğunu düşünüyorum”  diye muhakeme etmeye devam etti.

Çünkü “Uluslararası diplomasi faaliyetlerini güçlendirme ve ülkeler arasındaki işbirliğine katkı sağlaması yönünde olağanüstü çaba harcamasından dolayı” Başkan Obama’ya 2009’da Barış Ödülü verilmişti. Başkanlık koltuğuna geçtikten yalnızca dokuz ay sonra bu ödül verilmişti. Peki, bu kadar kısa süreli bir başkanlık döneminde ne gibi hizmetleri karşılığında ödül alması uygun görülmüştü?

Oluk oluk kanayan, karnı deşilen, bağırsakları dışarı çıkarılan bir Arap dünyası

Başkan Obama, Beyaz Sarayda tam tamına sekiz yıl geçirdi – adeta yüzümüze haykıran, aydınlık olması gereken sekiz yıl – “Yes we can!” (Evet, barışı sağlayabiliriz) – Tesis edilmesinde katkıda bulunduğu ve daha geniş bir coğrafyaya “yayılmasını sağladığı” kabul edilen barışı bizler tamamlayabiliriz.

Başkan Obama’nın da katkıda bulunduğu, felaketlerle dolu bir yönetim döneminde virane hale gelen, doğrusu çokça yanlış bir tabir olan “Arap Baharı” sıfatıyla tanımlanan olayların yaşandığı bir Arap dünyası. Vatandaşlarının kanıyla harabelerin yıkandığı ve tarlarının sulandığı, oluk oluk kanayan, karnı deşilen, bağırsakları dışarı çıkarılan bir Arap dünyası.

Kafa kesmeye pek de hevesli, insan bedeninden yiyeceği aş yapabilen sakalı bir takım yaratıkların olduğu, insanoğlunun hayatını idame ettirebilmesi için gerekli umudun yok edildiği, adeta cinlerin ve perilerin dadanmış olduğu bir Arap dünyası. İkinci Dünya Savaşından bu yana insanlık tarihinin en büyük göç veren bölgesi haline gelen bir Arap dünyası. Dinsel çatışmalara kaynaklık edip besleyen, çatışmaların yayılması için yakıt sağlayan ve bir yandan da çatışmaları alevlendiren bir Arap dünyası: Müslümanlarla Hristiyanları karşı karşıya getiren, kendi vatandaşları Sünnilerle Şiileri birbirleriyle çatıştıran bir Arap Dünyası. Vatandaşlarının Batılı ülkelerde yaşamak zorunda olduğu, modern dünyanın en kötü olayı, insanın midesini bulandıran bir siyaset olan İslamofobi acısına tahammül etmek durumunda kaldığı bir Arap dünyası.

Kahire’ye ziyareti sırasına kamuoyuna yaptığı “şatafatlı” açıklamasında;

ABD ile bütün dünya Müslümanları arasında yeni bir başlangıç yapmak üzere buraya geldim.Dünya vatandaşları barış içerisinde yaşayabilirler ve yeryüzünde barışı tesis etmek bizim uğraşımız olmalıdır” diyen aynı Obama idi.

Aslında, kimin Nobel Barış Ödülünü olması gerektiği? sorusuna cevap olarak;  Alfred Nobel’in bu konudaki vasiyetnamesi gayet açık:

Ülkelerarasında kardeşlik duygusunu yayan, silahlı güçlerin faaliyetlerini yürürlükten kaldıran veya asgari düzeye inmesini sağlayan, yerküre üzerinde barışın sağlanması için kongre düzenleyen ve düzenlenme faaliyetlerinin geliştirilmesi yönünde en büyük ve en iyi çabayı harcayan kişiye bu ödül verilir”.

Obama “ölümünün Salı günleri oturumları”

Nobel Ödül Komitesi üyeleri, Başkanlık koltuğuna daha yeni seçilmiş Obama’nın, Nobel Ödülü almayı hak edecek kadar barış olgusunun yeryüzüne yayılmasına katkıda bulunduğu kanısına nasıl vardılar, acaba? Yoksa Başkan Obama’ya bu Barış Ödülü, Ödül Komitesi üyelerinin Norveç menşeli bir kristal küreden bakmak marifetiyle, adeta falcılık yaparak, gelecekte gerçekleşebilecek olası katkı sağlayıcı faaliyetler karşılığında mı verildi? Eğer öyleyse, Komite üyeleri, en azından, dünya olaylarına penceresinden baktıkları kristal küreyi değiştirmek üzere Alfred Nobel’in vasiyetnamesini yeniden okumaları gerekir.

Nobel Ödül Komitesi, her Salı günü oturumunda, bir kristal küre aracılığıyla gelecekte meydana gelebilecek olayları gözlemlerken, Başkan Obama’nın gökyüzüne saldığı dronlarla (insansız hava araçları) nerelerde ve kimlerin tasfiye edileceğine bizzat karar verdiğini görebilecekler mi? Bu “Salı günleri ölüm oturumlarının” kurbanlarının büyük çoğunluğunun aslında masum sivil hedefler olduklarını da görebilecekler mi?

Başkan Obama İran yönetimiyle olan soğuk atmosferi giderdi ve Küba ile diplomatik ilişkilere yeni bir canlılık kazandırdı. Buna karşılık, Rusya yönetimi ve küresel düzeyde tehdit olarak algıladığı diğer ülke yönetimleri ile yeni bir soğuk savaş ikliminin oluşmasına da ciddi katkıda bulundu. Nitekim Ukrayna’da, Euromeydan da meydana gelen dramatik olaylar sırasında, Ukrayna nazilerine yardım sağlamasındaki Obama yönetiminin aktif rolü insanların hafızalarında hala canlılığını korumaya devam ediyor.

ABD’nin aleni olarak müdahil olduğu Ukrayna’daki bu olaylar süreci, G.W.Bush adında şu ünlü Amerikan “barışseverin”  yönetmiş olduğu “turuncu devriminin” yeniden sahneye konulduğu kanlı olaylardan başka bir şey değil. Başkan Bush, büyük bir özenle bazı Müslüman ülkelerinin yıkılması sürecinde gösterdiği üstün çabalarına rağmen “ne yazık ki”, Nobel Ödül Komitesi tarafından taçlandırılmayan bir başkan. Tabii, sahnedeyken kendisine ayakkabı atıldığı zaman dünya gündeminde popüler olduğu konusunu da unutmamak lazım.

Her kesin kendine özgü bir “devrimi” var.

Rusya’nın tarihsel, kültürel ve ekonomik bağları bulunan komşu ülkesi Ukrayna’da yaşanmış olan istikrarsızlık süreci, bütün bölgenin jeopolitik alanını ciddi manada alt üst etmeyi hedef almış, Avrupa başkentleri ile Moskova arsında gerginlik yaratmak amacıyla oluşturulmuş bir süreçti.

Bu konuda Avustralyalı bir gazeteci olan John Pilger de şöyle bir tespitte bulunuyor:

ABDObama yönetimi döneminde, daha fazla nükleer silah, daha fazla nükleer başlık, daha fazla nükleer başlık taşıyıcı sistemi üretmiş ve daha fazla nükleer santral inşa etmiştir. Obama yönetimi döneminde nükleer başlık üretimi için yapılan harcama miktarının büyüklüğü başka hiçbir başkan döneminde görülmedi. İkinci Dünya Savaşından bu yana ABD tarafında yapılan en büyük askeri güç yığınağı, geçen on sekiz aylık dönemde, Rusya’nın doğu sınır boylarında olduğu görülüyor. ABD’nin bu askeri yığınak faaliyeti konusunu ele alınması halinde, yabancı askeri güçlerden gelebilecek bir tehdidi anlamak için Hitler döneminde Sovyetler Birliğine yapılan saldırılara bakmak lazım.

Filistin’de yaşanan çatışmalarda beklentiler ve verilen vaatler yüksek düzeyde seyrediyordu. Azizler halesine bürünerek gülünç bir kılığa girmiş ve teraziye konulamaz bir medyatik karizmaya sığınan ABD’nin bu ilk siyahi Başkanı, kendi topraklarından mahrum edilen ve bundan dolayı da en temel insan hakları ihlal edilen Filistinlilerin kaderine kayıtsız kalamazdı. Başkan Obama özelikle Kahire’de yaptığı şu “ünlü” konuşmasına göre hareket etmek zorunda hissediyordu;

On yıllardan beri dünya olaylarının gelişim seyri çıkmaza girmişti. Tarafların beklentilerine cevap vermenin tek yolu ABD üzerinden geçiyor. İşte bundan dolayıdır ki, bulunduğum makamın gerektirdiği gibi, büyük bir sabırla, tarafların ihtiyacı olan çözüm yolunu bulmak üzere ben şahsen aramaya koyulacağım. Tarafların izlenecek yol haritasında üstelendikleri sorumluluk belidir. Barışın tesis edilmesi için, hem bizim hepimiz için ve ham de barış için, sorumluluklarımızı almamızın zamanıdır.”

“Dürüst arabulucu” Filistinlileri yüz üstü bırakıp gitti.

Başkan Obama, Filistin sorununa çözüm yolu bulunması konusunda, kendisine düşen sorumluluğu çokça ciddiye aldığı için belki de en asgari çabayı harcayan ABD Başkanı olma sıfatını taşıyor. İki dönem başkanlık görevi sırasında Filistin topraklarının en acımasız bir şekilde sömürgeleştirilmesine devam edildi ve İsrail güçleri tarafında Gazze şeridinde en az iki katliam yapıldı. Yaşanan binlerce ölüm olayları ve büyük bir insanlık felaketi, Beyaz Sarayda ikamet eden zatın rahatı bozulmayacak şekilde, ana akım medyada yer aldı.

Bu konuda bir de Alain Franchon’un ne dediğine bakalım;

“ABD bu çatışmalarda 26 yıldan beri “dürüst arabulucu” rolü görevini yerine getiriyor. ABD’nin bu tutkulu görevi henüz sona ermiş değil. Obama’nın başkanlık döneminde 1990’dan beri başlanmış olan bir harekete devam edilmiş oldu. Washington de facto olarak görevini bıraktı. ABD’nin ilk başlarındaki önerisinde değişiklik meydana geldi. Çünkü bu öneri a prioriolarak İsrail’e yönelik herhangi bir kısıtlamayı ret eden nitelikteydi.”

İşin daha da kötüsü, Başkan Obama, ikinci ve son dönem görev süresinin sonundan önce, Filistin topraklarında mükemmel bir etnik temizlik ve sürekli hal alan etkin bir sömürgeleştirme yapıldığı için ve belki de İsrail yönetimini kutlama babında muhteşem bir hediye verildi: İsrail devletine 10 yıllık bir vadeye dayalı, örneği daha önce hiç görülmemiş, 38 milyar dolar askeri yardım yapıldı. Bu yardımla, söz konusu topraklarda, daha fazla ölüm, daha fazla sömürgeleştirme ve daha fazla şiddet dolu olaylar…..

Bu Başkanımızın yeni icraatlarını görmek üzere bir az daha beklesek, daha iyi olur diye düşünüyorum. Başkan Obama’nın ilk icraat yatırım günü olan 20 Ocak 2009 tarihli bir makalemde, Obama’nın programı konusunda şöyle yazmıştım:

« Başkan Obama faaliyet programının dış politika bölümünde, Yahudi devletine ayrılan kısımda yer alan başlık bayağı etkileyici ve insanın aklını çeldirici nitelikte: Barack Obama ve Joe Biden ikilisinin icraatı: İsrail devletinin güvenliğini, barış ve refah içinde yaşamasını sağlama alan bir dosya hazırlanmış”. Yeni başkanlık dönemi faaliyetleri konusunda şu konuların yer aldığını görebiliyoruz: ABD-İsrail devletleri arasında güçlü bir ortaklık kurulması, İsrail’in kendisini savunma faaliyeti hukuki alt yapısının hazırlanması ve İsrail yönetimine dış destek sağlanması.

Son başlık detayları arasında Başkan Obama ve Başkan Yardımcısının İsrail devletine yıllık askeri yardım ve ekonomik destek sağlama konusunda her zaman seferber olduklarını görebiliyoruz. Savunma füzelerinin geliştirilmesinde tahsis edilen bütçelerin artırılması konusunda ısrar ediyor ve İsrail devleti ile yakın işbirliğini sürdürme çağrısında bulunuyorlar”.

Verilen sözlerin yerine getirildiği görülüyor, değil mi?

Mondialisation'dan IMPNews için çeviren Nizamettin KARABENK

 


Kaynak


Fransızca versiyonu

İspanyolca versiyonu

İtalyan versiyonu

 


 

Srđa Popović et autres " révolutionnaires américains"

 

Ahmed Bensaada

Auteur de : « Arabesque$. Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Éditions Investig’Action, Bruxelles (2015);  Éditions ANEP, Alger (2016)

 

Dragana Trifkovic et Ahmed Bensaada


Entretien: Dragana Trifkovic, pour le magazine serbe « Geopolitika » (Mars 2018)


 

 

1. Vous avez étudié la méthodologie des soi-disant révolutions non violentes, qui ont provoqué de nombreux conflits dans le monde. Vous avez écrit un livre à ce sujet (« Arabesque$ »). Comment est-ce que vous vous êtes intéressé à ce sujet et comment êtes-vous arrivé aux premières conclusions y concernant ?

A.B. : Je me suis d’abord intéressé à ce sujet en 2009, lors des immenses manifestations qui ont secoué l’Iran. Mais c’est surtout en voyant les manifestants égyptiens, en 2011, brandissant des banderoles affichant un poing fermé que j’ai été convaincu de la relation entre les révolutions colorées et les révoltes au Moyen-Orient. En effet, il s’agissait du poing d’ « Otpor », le mouvement qui avait réussi à faire tomber le président serbe Slobodan Milošević en 2000. Et cela n’était pas une simple coïncidence : mes recherches subséquentes l’ont démontré.


2. Qui, selon vous, a créé la méthodologie des révolutions colorées ? Et avec quel but ?

A.B. : Cette méthodologie a été conçue par le philosophe américain Gene Sharp, spécialiste de ce qu’il a baptisé « méthodes de résistance non violentes dans les conflits ». Le but recherché était, théoriquement, de transformer des régimes dictatoriaux en pays démocratiques avec des méthodes non militaires, basées sur la non-violence. En réalité, ces méthodes ont été exclusivement utilisées par l’administration américaine pour déstabiliser des gouvernements qui étaient contre les intérêts américains. C’est Robert Helvey, un ancien colonel de l’armée américaine, agent spécial de la CIA et expert en opérations clandestines qui s’est initialement  chargé de l’application sur le terrain des théories « sharpiennes ».


3. En Serbie, le 5 octobre 2000, l’une des premières révolutions colorées modernes avait été organisée, qui a causé le changement du régime. Pourquoi est-ce que c’est arrivé en Serbie et est-ce que la Serbie est devenue plus tard le principal modèle des révolutions colorées ?

A.B. : En fait, la première fois que la méthode de résistance non violente a été pratiquement utilisée, ce fut en Birmanie. Entre 1992 et 1998, Helvey entreprit quinze voyages en Birmanie pour y enseigner la théorie de Gene Sharp. Ce dernier, en personne, y entra clandestinement pour rencontrer les révolutionnaires birmans. Cependant, tous les efforts déployés se soldèrent par un cuisant échec. Helvey rencontra ensuite les activistes d’Otpor en 2000 et leur offrit formation et financement. De son propre aveu, il reconnut que les États-Unis avaient fourni 25 millions de $ aux militants d’Otpor.

Il est vrai que la révolution « bulldozer », menée par Otpor, a été la première réussite du couple Sharp-Helvey. C’était la première fois qu’on passait de la théorie à la pratique. La jeunesse des activistes, la fougue des manifestants, l’apparente spontanéité des évènements, le choix intelligent des slogans, l’utilisation judicieuse des médias, bref l’utilisation à la lettre des principes de la théorie de Gene Sharp, ont été à l’origine de cet éclatant succès. Ensuite, la méthode a été exportée vers d’autres pays de l’Est, au Moyen-Orient, en Asie, en Afrique et en Amérique latine.


4. Lors de notre rencontre, on avait parlé d’Otpor. Vous connaissez les activités de Srdja Popovic, qui, d’une manière ou d’une autre, est devenu très connu parmi les activistes en Moyen Orient. Que pouvez-vous nous dire concernant les activités de CANVAS ?

A.B. : Srdja Popovic est le visage public de CANVAS, un centre de formation des « révolutionnaires en herbe » situé à Belgrade et fondé par d’anciens activistes d’Otpor. Il connait Helvey et Sharp en personne. Helvey a dit de lui : « Dès que je l’ai vu, je savais que ce mec était un des leaders ». Il s’est inspiré des travaux de Sharp pour écrire, avec ses camarades d’Otpor, le manuel « La lutte non violente en 50 points » qui mentionne 199 méthodes d’actions non violentes. Ce livre a été traduit en plusieurs langues. Chaque langue donne une idée des pays où il a été utilisé.

Popovic donnent de nombreuses conférences à travers le monde, prônant la révolution non violente et la démocratisation « made in USA ». Il faut dire que CANVAS est financé par les organismes américains spécialisés dans l’«exportation» de la démocratie : Freedom House, l'Open Society Institute (OSI) du milliardaire américain George Soros, la National Endowment for Democracy (NED) et l’International Republican Institute (IRI) du sénateur John McCain.

C’est grâce à CANVAS que les révolutions colorées se sont étendues aux ex-Républiques soviétiques : la Géorgie (2003), l’Ukraine (2004) et le Kirghizistan (2005). Forts de leur expérience dans la déstabilisation des régimes autoritaires, leur savoir-faire a été utilisé au Moyen-Orient (Liban 2005, Iran 2009) et dans ce qui est communément appelé le « printemps » arabe (2011). Bien entendu, la « vague » CANVAS a été utilisé dans d’autres pays, surtout ceux qui ne sont pas en odeur de sainteté avec les États-Unis comme le Venezuela.


5. Il y a deux ans, CANVAS a été reconnu comme une organisation terroriste dans les Émirats Arabes Unis. Même si Srdja Popovic considère que son activisme est normal, il est évident que ce n’est pas l’opinion de tout le monde. Comment est-ce qu’un Etat peut combattre les actions d’une organisation et des individus qui s’immiscent directement dans les affaires internes des pays souverains ?

A.B. : En 2011, Srdja Popovic s’est publiquement vanté que CANVAS « travaillait » dans 37 pays à travers le monde. La liste est probablement plus longue aujourd’hui.

Certes, de nombreux pays sont gouvernés par des régimes autocratiques et leurs citoyens ont besoin de plus de de libertés individuelles, de démocratie et une amélioration de leurs conditions socioéconomiques. Cependant, CANVAS et Popovic ne se rendent pas compte que leur organisation ne sert que les intérêts des organismes qui les financent et du pays qui les soutient. Les relations entre les pays ne sont pas dictées par une quelconque philanthropie, mais par des intérêts économiques ou politiques. Les millions de dollars dépensés dans la promotion de la démocratie doivent profiter à la sécurité et au bien-être général des États-Unis. Allan Weinstein, un des fondateurs de la NED, a déclaré que beaucoup de ce que fait actuellement la NED se faisait secrètement auparavant par la CIA.

D’autre part, si on regarde le résultat des révolutions colorées dans les anciens pays de l’Est ou ce qui s’est passé dans les pays arabes lors de ce mal nommé « printemps » arabe, il est clair qu’il s’agit d’un fiasco sur tous les plans. Les activistes et cyberactivistes qui ont mené les manifestations contre les gouvernements ont été balayés de la scène politique pour laisser la place aux forces politiques en place. Ces révoltes ne sont en fait que des coups d’état qui laissent les pays dans le chaos. La Libye, la Syrie et le Yémen en sont des exemples pédagogiques. Ces révoltes ne sont pas des « révolutions » car aucun changement idéologique ne les sous-tend. Les organismes étrangers se sont servis de la fougue et de la détermination de la jeunesse des pays visés en leur inculquant des slogans vertueux pour lesquels personne ne peut être contre. Le romantisme révolutionnaire de la jeunesse a fait le reste.


6. Le Printemps arabe est le terme qui désigne une série de révolutions au Moyen Orient, qui ont causé des changements de régimes, mais également la guerre meurtrière en Syrie. Selon vous, quelle est la cause de ces révolutions ? Sont-elles nées de manière spontanée ou est-ce qu’elles ont été planifiées ? Qui avait son intérêt dans la déstabilisation en Moyen Orient ?

A.B. : Le « printemps » arabe est un terme fallacieux avec lequel les Occidentaux ont baptisé la série de révoltes populaires qui a ébranlé les rues arabes fin 2010, début 2011 et qui continue encore, avec tous les malheurs qui l’ont accompagné.

Le terme exact devrait être « hiver » ou « chaos » arabe. Jamais la situation des pays arabes n’a été aussi désastreuse. Des pays détruits, des morts par centaines de milliers, des réfugiés par millions et des pertes économiques en milliards de dollars. Sans compter le coût psychologique, les animosités intercommunautaires et la fuite des cerveaux.

Il est vrai que les pays arabes sont un terreau fertile pour les révoltes. Richesses mal distribuées, manque de libertés, régimes autocratiques, problèmes économiques, etc.

Mais comme expliqué précédemment, ce « printemps » n’a rien de spontané. Les activistes syriens comme Ausama Monajed ont été en relation avec Gene Sharp et financés par les mêmes organismes qui ont supporté Otpor. Le Syrien Radwan Ziadeh, (membre du Conseil National Syrien – CNS – tout comme Monajed) a été financé par la NED ; l’Égyptien Mohamed Adel a été formé par CANVAS à Belgrade en 2009. Sa formation et celle de d’autres cyberactivistes égyptiens a été payée par Freedom House. Ce ne sont que des exemples : vous trouverez dans mon livre « Arabesque$ » plus de détails sur de nombreux autres cyberactivistes arabes et leur relation avec CANVAS.

 


Le « printemps » arabe a aussi montré que lorsque les méthodes « non violentes » n’atteignent pas rapidement leur but, les puissances occidentales (et en particulier les États-Unis) passent aux méthodes classiques en fomentant des guerres civiles aux conséquences dramatiques. C’est ce qui s’est passé en Libye, au Yémen et encore aujourd’hui en Syrie.

En ce qui concerne la déstabilisation du Moyen-Orient, elle fait partie du projet américain du « Grand Moyen-Orient ». Initialement conçu par Oded Yinon (en 1982), un responsable israélien, il a été repris par les faucons néoconservateurs américains. D’abord avec l’administration Bush père, puis celle de son fils. Depuis, plusieurs plans de découpage du monde arabe ont été proposés par des officiels américains. Selon Oded Yinon, son plan a pour objectif de « défaire tous les États arabes existants et de réorganiser l’ensemble de la région en petites entités fragiles, plus malléables et incapables d’affronter les Israéliens ». Nous voyons actuellement ce plan à l’œuvre en Irak, en Libye, au Yémen, en Syrie et il est bien trop tard pour le Soudan.


7. Parlons également du sujet de l’Ukraine, puisque là-bas aussi avait été organisé un coup d’Etat, suivi par un conflit armé. Qui est responsable de Maïdan et qui avait besoin d’un conflit en Ukraine ?

A.B. : J’ai consacré quelques articles à l’Euromaïdan où j’ai montré que ce qui s’est passé en Ukraine en 2013-2014 n’était qu’un prolongement de la révolution « orange ». Comme expliqué auparavant, ce sont les Serbes d’Otpor et l’appui massif des organismes américains d’exportation de la démocratie qui ont aidé les dissidents ukrainiens à faire leur « révolution ». En effet, en 2004, la révolte a réussi à placer des dirigeants pro-américains à la tête de l’État ukrainien : Viktor Iouchtchenko et Ioulia Timochenko. Mais lorsque le candidat pro-russe, Viktor Ianoukovytch, gagna largement les élections de 2010, cela souleva l’ire des pays occidentaux, pourtant si friands de démocratie électorale. Comme les méthodes non violentes n’ont pas donné, de la même manière qu’en 2004, le résultat escompté, on est rapidement passé aux méthodes violentes comme en Libye, en Syrie ou au Yémen. Durant l’Euromaïdan, ce sont les groupes néonazis ukrainiens qui ont été utilisés, armés, financés et « protégés » par les médias « mainstream ». L’ingérence occidentale durant ces évènements a été obscène et indigne de toutes les valeurs vantées et célébrées en Occident. Tout a été fait pour que le coup d’état contre Ianoukovytch réussisse afin que l’Ukraine se tourne politiquement vers l’Occident et que les bases militaires de l’OTAN fleurissent sur la frontière ukraino-russe. Une situation qu’aucun pays de l’Ouest n’aurait acceptée, en particulier les États-Unis. Qui ne se souvient pas de la crise des missiles de Cuba ?


8. Les États-Unis accusent la Russie d’un comportement agressif et ils considèrent que la Russie représente un danger pour l’Europe. Quand on regarde la carte du monde, on peut voir que la Russie est encerclée par les bases américaines et de l’OTAN, ce qui ne corrobore pas ces affirmations. Que pensez-vous de la politique des affaires étrangères de la Russie ?

A.B. : Contrairement à ce qui est claironné par les médias occidentaux, dans les dossiers de l’Ukraine et de la Syrie, le comportement agressif est à mettre à l’actif des États-Unis et des pays européens.

Alors que la Russie avait octroyé une aide conséquente à l’Ukraine avant l’Euromaïdan, les puissances occidentales n’ont offert que des broutilles à ce pays.

Si l’Ukraine est bien loin d’une adhésion à l’Union Européenne et que les défenseurs occidentaux de sa « révolution » ne mettent pas la main à la poche, tout semble indiquer que ce pays n’est qu’un « cheval de Troie » pour gêner la Russie qui prend trop de place et beaucoup d’aisance dans les enjeux internationaux, à l’instar de son rôle dans le conflit syrien. Une façon comme une autre d’ouvrir une nouvelle ère de guerre froide.

Dans le dossier syrien, la Russie est du côté du droit international et combat efficacement le terrorisme djihadiste. Et qui a financé et armé (directement ou indirectement) les dissidents et les djihadistes syriens ? Les Occidentaux et leurs vassaux que sont les pays du Golfe, bien évidemment. Sans l’intervention de la Russie, la Syrie serait maintenant un pays dépecé, gouverné par des hordes sanguinaires surgies d’un autre temps.


9. Donald Trump disait pendant la campagne électorale que les États-Unis devraient se tourner vers soi et qu’ils ne devraient pas s’immiscer dans la politique des autres pays. Cependant, après un certain temps, on peut constater que l’Amérique continue de s’immiscer dans les affaires internes des autres pays, ainsi que dans les relations entre les autres pays. Que pensez-vous de la politique américaine depuis l’arrivée de Trump au poste du président des États-Unis ? Voyez-vous des changements dans la politique des affaires étrangères des États-Unis, ou bien une continuité par rapport au gouvernement précédent de Barack Obama ?

A.B. : C’est un leurre de croire que la politique étrangère américaine se modifie drastiquement avec le changement de présidents. On s’en est rendu compte avec l’avènement du président Obama après le double mandat dramatique du président Bush fils. La politique d’Obama a été aussi sanglante que celle de son prédécesseur sinon pire. Le couple Obama-Clinton a été derrière la catastrophe nommée « printemps » arabe et le couple Obama-Kerry ont soutenu le coup d’État de l’Euromaïdan. À quoi s’attendre avec le président Trump ? Une politique aussi belliqueuse – voire plus – à l’égard des pays qui ne collaborent pas avec l’Oncle Sam, dans la continuation des locataires qui occupent la Maison Blanche depuis des décennies. D’ailleurs, le slogan de Trump n’est-il pas « Make America Great Again » ?

 


 

Lire l'entrevue sur Calaméo

 


 

Cette interview a aussi été publiée par:

Le Grand Soir

Mondialisation

Investig'Action

 


 

Viernes, 18 noviembre 2016 02:49

Traducción: Purificación González de la Blanca



Cuando el Premio Nobel de la Paz fue otorgado en 1906 a Theodore Roosevelt (Presidente de los Estados Unidos de 1901 a 1909), el New York Times comentó así la noticia:

"Una amplia sonrisa ilumina la faz de la tierra, cuando el premio ha sido atribuido al ciudadano más belicoso de los Estados Unidos" [1].


Theodore Roosevelt y la diplomacia del garrote

« Habla suavemente y lleva un garrote » (2 septiembre 1901)


Alrededor de un siglo más tarde, un periodista del mismo New York Times se cuestionaba:

« Entonces, ¿qué piensa del presidente Obama con el Premio Nobel de la Paz? Estoy confundido [...]. Qué ha hecho? [...] Creo que habría sido lógico esperar y dar a Obama el Premio Nobel de la Paz en su octavo año en el cargo, después de que en realidad él hiciera efectivamente la paz en alguna parte » [2].

Se trataba con seguridad del Premio Nobel de la Paz atribuido al presidente Barack Obama en 2009 "por sus esfuerzos extraordinarios para fortalecer la diplomacia y la cooperación internacional entre los pueblos".

Todo eso, sólo nueve meses después de su elección ¿Cómo era posible?

Desde la perspectiva de ocho años transcurridos - y a años luz del estruendoso «Yes, we can! » -, se puede efectivamente contemplar la extensión de la paz que él ha contribuido a crear y a diseminar en el mundo árabe.

 

Un mundo árabe arruinado por una estación funesta que él ha contribuido a crear y que ha sido falazmente bautizada como "primavera"[3].

Un mundo árabe desangrado, eviscerado, descabezado y con la sangre de sus ciudadanos salpicando los escombros y regando los campos.

Un mundo árabe perseguido por criaturas barbudas cortadoras de cabezas, aficionadas a la carne humana y aniquiladoras de la esperanza.

Un mundo árabe que se ha convertido en el mayor escenario de la trashumancia humana desde la Segunda Guerra Mundial [4].

Un mundo árabe, donde las tensiones religiosas han sido alimentadas, atizadas y exacerbadas: musulmanes contra los cristianos, suníes contra chiíes y suníes contra los suníes.

Un mundo árabe cuyos ciudadanos que viven en Occidente soportan las afrentas de una islamofobia nauseabunda, la peor de la historia contemporánea.

 

De hecho, ¿no fue Obama quien hizo estas declaraciones pomposas en su "famoso" discurso de El Cairo?

« Yo he venido a buscar un nuevo comienzo entre los Estados Unidos y los musulmanes del mundo entero. »

Y también:

« Los pueblos el mundo pueden vivir juntos en paz […] este debe ser nuestro trabajo, aquí, sobre la Tierra » [5].


Barack Obama: discurso de El Cairo (4 junio 2009)



Pero, ¿quién se supone que debe ser galardonado con el Premio Nobel de la Paz?  El testamento de Alfred Nobel, no obstante, es claro:

« Una persona que ha completado el más grande y el mejor trabajo por la fraternidad entre las naciones, la abolición o reducción de las fuerzas armadas y la celebración y promoción de congresos por la paz » [6].


El testamento de Alfred Nobel (1895)

 


¿Cómo el comité Nobel Puede pretender que Obama ha actuado en la promoción de la paz cuando él acabada de ser elegido? ¿Era éste un premio por acciones futuras que el comité habría visto en una bola de cristal noruega? Si es éste el caso, el comité debe imperativamente releer el testamento de Alfred Nobel o, al menos, cambiar de bola.

En efecto, la cristalomancia ¿no les ha revelado que, cada martes, Obama decide personalmente qué personas deben ser liquidadas con la ayuda de drones [7]? Y que la mayoría de las víctimas de estos “martes de la muerte” son objetivos civiles [8]?




Ciertamente Obama ha distendido la atmósfera con Irán y ha favorecido las relaciones diplomáticas con Cuba.

Por el contrario, él ha contribuido fuertemente a recrear un clima de nueva guerra fría con Rusia, con todo lo que esto puede suponer como peligro a escala planetaria. En efecto, el papel activo de su administración en la ayuda a los neonazis ukranianos después de los dramáticos acontecimientos de Euromaidán ha permitido el éxito de un golpe de estado en toda regla en Ukrania [9].

Este episodio de flagrante injerencia de Estados Unidos no es, por otra parte, más que remake sangriento de una cierta «revolución naranja" de la época de un famoso “pacifista” estadounidense llamado G. W. Bush. Un presidente con mala suerte que no ha sido «lamentablemente» honrado por el comité del Nobel a pesar de que él trabajó de manera constante en la destrucción de algunos países musulmanes, por no hablar de sus notables esfuerzos en la popularización del lanzador de zapatos.

A cada uno su "revolución".

Y ello sin decir que la desestabilización de Ucrania, país limítrofe con Rusia –y con la cual comparte lazos históricos, culturales y económicos- ha tenido por efecto perturbar seriamente toda la geopolítica de la región y de crear tensiones entre Europa y Moscú.

A este respecto, el periodista australiano John Pilger menciona que:

« La Administración Obama ha fabricado más armas nucleares, más cabezas nucleares, más sistemas de vectores nucleares, más centrales nucleares. Los gastos en cabezas nucleares han aumentado más con Obama que con cualquier otro presidente norteamericano » [10].

Antes de agregar:

« En el curso de los dieciocho últimos meses, la mayor concentración de fuerzas militares desde la segunda Guerra Mundial –operada por los USA- ha tenido lugar a lo largo de la frontera occidental de Rusia. Es preciso remontarse a la invasión de la Unión Soviética por Hitler para encontrar una amenaza similar a Rusia por tropas extranjeras » [11].

En el conflicto palestino, las promesas y las expectativas eran enormes. El primer presidente negro de los Estados Unidos, cubierto con la aureola de los santos y envuelto en un carisma inconmensurable por los medios de comunicación, no podía permanecer indiferente a la suerte de los palestinos que han sido despojados de la tierra y vulnerados sus derechos más elementales.  Él debía actuar, sobre todo después de su "célebre" discurso de El Cairo.

«Durante dos decenas de años, se ha producido un estancamiento [...]. [...] La única solución para responder a las aspiraciones de ambas partes pasa por dos estados [...]. Es por eso por lo que tengo la intención de seguir personalmente esta solución, con toda la paciencia que la tarea requiere. Las obligaciones que las partes han asumido en el marco de la hoja de ruta son claras. Porque la paz llega, es el momento para ellos - y para nosotros - asumir nuestras responsabilidades » [12].

Obama ha asumido la responsabilidad tan en serio que es probablemente el presidente de Estados Unidos que ha hecho el menor esfuerzo para resolver el problema palestino. Durante sus dos mandatos consecutivos, la colonización de la tierra palestina ha continuado sin cesar y hubo no menos de dos matanzas perpetradas por Israel en Gaza. Miles de muertos y un desastre humanitario en vivo en todos los medios de comunicación "principales" sin que ello altere el ceño del inquilino de la Casa Blanca.

Veamos lo que dice Alain Franchon sobre este capítulo:

« En este conflicto, los Estados Unidos decían asegurar, después de veintiséis años, el papel de un "intermediario honesto". Esta ambición finalizó. El presidente Barack Obama ha respaldado un movimiento comenzado en la década de 1990: Washington abandona de hecho». [...] La posición inicial de Estados Unidos ha cambiado. Ella se niega a priori al menor contratiempo sobre Israel » [13].

Es aún peor. Justo antes del final de su segundo y último mandato, él acaba de hacer un espléndido regalo a Israel por medio de felicitaciones por su excelente trabajo de limpieza étnica y de colonización eficaz y continúa de Palestina: una ayuda militar sin precedentes de 38 mil millones de dólares en 10 años [14]!

Más muertos, más colonización, más odio.

Pero ¿Podía esperarse algo mejor de este presidente? Nanay. En un artículo publicado el 20 de enero del 2009, día de su primera toma de posesión, yo escribía acerca de su programa:]!

« En el capítulo de la política exterior del presidente Obama consagrado al Estado Hebreo el título habla por sí mismo, incluso sensacionalista:" Barack Obama y Joe Biden: una carpeta de soporte sólido de seguridad, la paz y la prosperidad de Israel”. Entre las acciones de la nueva presidencia se puede leer: asegurar una fuerte asociación EE.UU.-Israel, apoyar el derecho a la autodefensa de Israel y apoyar la ayuda exterior a Israel. En los detalles de este último, leemos que el presidente Obama y su adjunto se han comprometido a ofrecer siempre el apoyo anual de la ayuda militar y económica a Israel. Se recomienda encarecidamente el aumento de los presupuestos y apelan a continuar la cooperación con Israel en el desarrollo de la defensa antimisiles » [15].

Promesas ¿No es cierto?

En el dossier libio, cuando una solución pacífica estaba al alcance de la mano, Obama optó, junto con su secretaria de Estado, Hillary Clinton, por la eliminación de Gadafi y la devastación total de Libia [16].

« We came, we saw, he died! » (¡Vinimos, vimos, murió!)

Es así como ella reaccionó al anuncio del sórdido linchamiento del jefe libio, con una risa de felicidad y ojos espumeantes de alegría [17].


Reacción de Hillary Clinton al anuncio de la muerte de Kadhafi



Subcontratando la destrucción de Libia con sus aliados europeos y árabes del Golfo, el gobierno de Estados Unidos no sólo ha provocado la muerte de miles de libios, sino que ha logrado convertir este país que fue próspero en una tierra donde reina el caos y las hordas desenfrenadas de yihadistas islamistas. Y como en el caso de Ucrania, la inestabilidad generada en Libia ha producido metástasis en toda la región, afectando permanentemente a numerosos países africanos vecinos [18].


Sirte (Libia) bajo los escombros


La "primaverización" de Siria representa sin duda alguna el summum de la política "pacifista" del presidente Obama. Iniciada por manifestaciones no violentas de apariencia espontánea, la revuelta popular de la calle siria fue meticulosamente urdida por agencias de Estados Unidos a de "exportación" de la democracia [19]. Rápidamente se metamorfoseó en una guerra civil, la más terrible de este principio de siglo.

Y las cifras de este país arruinado hablan por sí solas: casi medio millón de muertos [20], más del % de la población desplazada, de la cual casi casi 5 millones huyó al extranjero [21].

Según recientes datos de la Comisión Europea:

« Los refugiados sirios constituyen de aquí en adelante la más importante población de refugiados en el mundo, salida de un mismo país en una misma generación» [22].


Refugiados sirios en el punto del pasaje Peshkhabour en Dahuk (430 km al noroeste de Baghdad, Irak), le martes, 20 de agosto de 2013

(AP / Hadi Mizban)


Según el Washington Post, la CIA no gasta menos de un billón de dólares por año para armar y entrenar a los rebeldes sirios [23]. Numerosos testimonios e investigaciones muestran que la administración de Estados Unidos ayuda a los "cortadores de gargantas " y "devoradores de corazones" yihadistas con el fin de derrocar al gobierno sirio [24, 25].


Yihadistas sirios en una tienda suministrada por la USAID


Para hacerlos más “amables” a los ojos de la opinión pública, especialistas en relaciones públicas han sido encargados de darles un Look “respetable”.  Así, por ejemplo, los medios de comunicación de todo el mundo que nos han inundado con imágenes de salvadores heroicos, arriesgando sus vidas para salvar las de sus conciudadanos bombardeados por la aviación siria. Estos "héroes", reconocibles por sus cascos blancos - los "Cascos Blancos" - se han convertido en los protagonistas de un documental producido por Netflix en su honor [26]. Incluso los han propuesto para el premio Nobel de la paz con estrellas estadounidenses como George Clooney, Ben Affleck, Daniel Craig o Justin Timberlake [27].  Nada más y nada menos.


Los "White Helmets", Cascos Blancos: la historia interior


En dos artículos notables, el periodista Max Blumenthal desmonta toda la maquinaria de propaganda que se oculta detrás de los "White Helmets" o "Cascos Blancos" [28, 29]. Estos temerarios salvadores no son en realidad más que yihadistas "casqueados", financiados por la "United States Agency for International Development" (USAID), el más importante de los organismos norteamericanos de "exportación" de la democracia [30]. Un documento del Departamento de Estado de fecha 27 de abril el año 2016 muestra que esta organización ha financiado a los "Cascos Blancos" por una suma de $ 23 millones [31]. Una pequeña parte del presupuesto de alrededor de $ 340 millones de dólares aportados por USAID para « actividades de apoyo que persiguen una transición pacífica hacia una Siria democrática y estable » [32].

Uno de los más grandes éxitos de los especialistas de relaciones públicas que trabajan con los rebeldes sirios es el caso del "niño pequeño en el asiento naranja".  Se trata de la fotografía estéticamente emotiva de un niño sirio de cinco años llamado "Omran Daqneesh". La foto, que ha provocado un zumbido en internet, ha sido también ampliamente difundida por los principales medios de "comunicación". Ella muestra a un niño sentado en el asiento naranja de una ambulancia, cubierto de polvo, con el rostro ensangrentado y aspecto demacrado. El niño habría sido extraído de los escombros de un barrio de la ciudad de Alepo por los "Cascos Blancos".

Omran Daqneesh en la portada de New York Times (19 agosto 2016)


La fotografía es tan impactante que hizo reaccionar a un niño estadounidense de seis años, Alex, que escribió al presidente Obama en persona. Él le pidió que hiciera lo necesario para conducir al pequeño Omran a los Estados Unidos a fin de acogerlo en su casa dar la bienvenida a su casa y compartir con él sus juguetes y los de su hermana.

Ah! Buenos sentimientos de los niños! Tan hermoso como la imagen del pequeño Omran! Tan hermoso que la carta fue publicado en su totalidad en el sitio web de la Casa Blanca acompañado de un video del pequeño Alex [33]. La vacilante escritura joven estadounidense, infantil y aplicada, ha roto la blogosfera, tanto como la foto del "niño pequeño en el asiento de naranja".


Alex escribió a Obama (21 septiembre 2016)


Pero el máximo interés está en la persona que ha fotografiado al niño sirio herido porque entonces la historia se vuelve quebradiza. El fotógrafo es un tal Mahmoud Raslan que trabaja con el AMC (Aleppo Media Center).  Según algunos observadores de la escena siria, el AMC está financiado por el Gobierno de Estados Unidos, y también por el de Francia y de Gran Bretaña [34].

Lo más dramático, es que Mahmoud Raslan no oculta su simpatía por bárbaros yihadistas, especialmente los del grupo de Al Zinki [35]. Este grupo de rebeldes que ha sido acusado por Amnistía Internacional de secuestros, torturas y ejecuciones sumarias [36]. Estos mismos rebeldes que degollaron, unas semanas antes, a un niño de doce años, y que han llevado el horror hasta filmar el mismo momento de cometer su crimen abominable [37], horrible crimen que no ha conocido el mismo bombo mediático que el del pequeño Omran salvado por los "White Helmets" o "Cascos Blancos".


Omran Daqneesh: la historia interior


Estos mismos rebeldes que los Estados Unidos financian, arman y cuyos salarios pagan a través del MOM (Centro de operaciones conjuntas) [38, 39].

¿Ha habido cartas escritas al Presidente Obama para denunciar el comportamiento bestial de estos rebeldes? ¿Misivas para llorar al niño decapitado? La respuesta es, por supuesto, negativa.

La Casa Blanca ha difundido ampliamente la carta del pequeño Alex. Obama la ha leído en su discurso ante los líderes mundiales en la cumbre sobre los refugiados celebrada en la ONU el 20 de septiembre último.  Él ha posteado después el siguiente mensaje en su página de Facebook:

«Estas son las palabras de un niño de 6 años de edad: un niño que no ha aprendido a ser cínico, sospechoso, o tener miedo de los demás debido a su procedencia, del aspecto que tienen o cómo rezan. [...] Imagínense lo que sería el mundo si todos fuéramos como Alex » [40].


 

Obama habla de Alex en la ONU (20 septiembre 2016)


Fue « un muy buen golpe de com'» según algunos [41]. Es lo menos que podemos decir, porque si bien es cierto que la verdad sale de la boca de los niños, ella sale raramente de la de los adultos.

Sobre todo de la de un adulto que está al mando del país más poderoso del mundo y que tiene el poder de poner fin a la desgracia de "Omran" o al drama de los "Aylan" [42].

Pero en lugar de esto, él continúa financiando, apoyando y provocando las desgracias y los dramas.

El pequeño Alex debería saber que durante los dos períodos del presidente Obama, cientos de "Aylan" y miles de "Omran" palestinos fueron víctimas de las bombas