Printemps arabe

Les soulèvements populaires qui ont touché les pays arabes vers la fin de l’année 2010 ne sont qu’un prolongement des révolutions colorées.

Domingo 8 de julio de 2012 por CEPRID

Ahmed Bensaada

CEPRID

Traducido por Julio Fucik


El 24 de junio de 2012, Farouk Sultan, Presidente de la Comisión de las elecciones presidenciales de Egipto, anunció la victoria de Mohamed Morsi al más alto cargo un año, cuatro meses y trece días después de la calle derrocase a Mubarak.

El candidato de la poderosa Hermandad Musulmana derrotó a la segunda ronda a Ahmed Shafik, ex militar y, sobre todo, el último primer ministro de Mubarak, después de un proceso electoral que tuvo lugar durante no menos de un mes. El evento fue digno del mejor "mousselssalates" [1], las elecciones se celebraron con suspense en una población dividida por la dolorosa elección entre un estado religioso y uno militar.


” Propaganda is to democracy what violence is to dictatorship
N. Chomsky

It is true that we live in an era of “information society”. Never has so much our lives have been influenced by the waves of new drained by what we call now, the information technology and communication (ICT). Newspapers, televisions, radios, mobile phones, computers: all spoof an inextricable tirelessly deluge of information. Internet, Tweeter, Facebook, Google, Youtube and other creatures of cyberspace have radically changed the way we communicate and inform us. Everything is scrutinized, reviewed, analyzed and disseminated in real time. 
But there remains one constant that has not been affected by this technology boom: the lies, propaganda and media manipulation are still there, more present than ever, as these viruses become more sophisticated, so they are always more powerful than software that is supposed to protect us. The media lies (a term so dear to Michel Collon) proliferated as never before, especially in times of trouble like the one we now live.

Egitto, luglio 2012 - Il 24 giugno 2012 Farouk Sultan, presidente della Commissione per le elezioni presidenziali egiziane, ha annunciato la vittoria di Mohamed Morsi, un anno, quattro mesi e tredici giorni dopo che la piazza aveva cacciato Mubarak (nella foto, Mohamed Morsi)

 

 

 

Egitto: elezioni presidenziali molto influenzate

Ahmed Bensaada (27 giugno 2012)

Traduzione: OSSIN

 

Il 24 giugno 2012 Farouk Sultan, presidente della Commissione per le elezioni presidenziali egiziane, ha annunciato la vittoria di Mohamed Morsi, un anno, quattro mesi e tredici giorni dopo che la piazza aveva cacciato Mubarak.
Candidato della potente confraternita dei Fratelli mussulmani, ha sconfitto al secondo turno Ahmed Chafik, ex militare e, soprattutto, ultimo primo ministro di Mubarak, all’esito di un processo elettorale che si è prolungato non meno di un mese.
Piene di colpi di scena degni delle migliori “mousselssalates” (1), le elezioni hanno tenuto col fiato sospeso una popolazione divisa nella dolorosa scelta tra uno stato religioso e uno stato militare, dopo che la “terza via” del campo democratico era già stata espulsa dal paesaggio politico, tanto dalla imparzialità delle urne, che da abili accordi politici.

 

ICNC Founder Peter Ackerman

(This is the last of five posts about the American godfather of nonviolent resistance, Gene Sharp, and the role of CIA and Pentagon-funded foundations and think tanks in funding and promoting nonviolent resistance)

In the Arab Spring revolutions of 2011, Sharp and the Albert Einstein Institution (AEI) seem to have handed the baton to his disciple Peter Ackerman. According to Louis Proyect, the latter is a former AEI board member and founder (in 2002) of the International Center for Nonviolent Conflict (ICNC). It was the ICNC that offered nonviolence training sessions in Cairo for Egyptian and Tunisian activists.

As Proyect makes clear Ackerman, like Sharp and Zunes, is no progressive. A Wall Street financier and hedge fund manager (formerly number two in Michael Milken’s junk bond empire), Ackerman is a member of the Council of Foreign Relations (CFR), as well as a former director of Freedom House, previously run by former CIA director James Woolsey. Ackerman also sits on the board of Spirit of America, a group that is “dedicated to spreading US influence worldwide, with a particular emphasis on covert cyber-intelligence measures.” Ackerman is also on the advisory board of the ultraconservative Cato Institute’s Project on Social Security Choice, which proposes to privatize Social Security and allow younger workers to invest their Social Security taxes in private retirement accounts.

Le 24 juin 2012, Farouk Sultan, président de la Commission de l’élection présidentielle égyptienne, annonça la victoire de Mohamed Morsi à la magistrature suprême de l’Égypte un an, quatre mois et treize jours après que la rue ait chassé Moubarak.

 

Annonce de la victoire de Mohamed Morsi (Euronews)

 

Candidat de la puissante confrérie des Frères musulmans, il a défait au deuxième tour Ahmed Chafik, ancien militaire et, surtout, dernier premier ministre de Moubarak, à la suite d’un processus électoral qui s’est étalé sur pas moins d’un mois. Riches en rebondissements dignes des meilleurs « mousselssalates » [1], les élections  ont tenu en haleine une population divisée par le douloureux choix entre un état religieux et un état militaire, la troisième voie du camp « pro-démocratie » ayant été écartée du paysage politique par aussi bien l’impartialité des urnes que de subtiles tractations politiciennes.

 

 

 

Egitto, giugno 2012 - Da banale e abbastanza qualunque luogo sovraffollato di autobus e venditori di ogni genere, la piazza Tahrir si è trasformata, nello spazio di una “primavera” invernale, in epicentro dell’effervescenza sociale “democratizzante” dell’Egitto (nella foto, piazza Tahrir nel 1983)

 

Da banale e abbastanza qualunque luogo sovraffollato di autobus e venditori di ogni genere, la piazza Tahrir si è trasformata, nello spazio di una “primavera” invernale, in epicentro dell’effervescenza sociale “democratizzante” dell’Egitto (sotto, piazza Tahrir nel 2011)





Le diverse manifestazioni popolari che vi si sono svolte dall’inizio del 2011 hanno dimostrato che l’ideologia di resistenza non violenta, teorizzata da Gene Sharp, abbinata ad una applicazione pratica dei concetti acquisiti attraverso i formatori del “Center for Applied Non Violent Action and Strategies” (CANVAS, Belgrado), è indubitabilmente efficace nella destabilizzazione dei regimi autocratici (1). I giovani cyberattivisti e militanti “filo-democratici” egiziani, formati da organizzazioni di “esportazione” della democrazia (soprattutto USA), hanno saputo efficacemente combinare la potenza delle reti sociali nella mobilitazione delle folle nello spazio virtuale e la stretta applicazione, nello spazio reale, dei “metodi di azione non violenti” chiaramente messi a punto da CANVAS. Il presidente Mubarak ne ha pagato il prezzo: è stato cacciato dai “ribelli” della piazza Tahrir dopo tre decenni di potere non condiviso. Lo stesso Gene Sharp ha dichiarato che era particolarmente fiero di quanto i cyberattivisti egiziani avevano realizzato (2).

 

Nel mese di febbraio un nuovo tassello si è aggiunto al già complesso quadro della transizione egiziana, caratterizzato da incertezze legate alla frammentazione politica, al confuso calendario delle elezioni presidenziali, e al deterioramento della situazione di sicurezza nel paese: una crisi diplomatica fra il Cairo e Washington definita da più parti come la più grave degli ultimi decenni.

A scatenare tale crisi è stato il processo che avrà inizio il 26 febbraio e che vede imputati quasi una ventina di cittadini americani – oltre a egiziani, tedeschi, palestinesi e giordani, per un totale di 43 persone indagate – nell’ambito di un’inchiesta che ha coinvolto ONG egiziane e straniere impegnate nella “promozione della democrazia” in Egitto.

Egitto, giugno 2012 - Questa duplice delusione elettorale ha consolidato tra i militanti egiziani “filo-democratici” il sentimento che la loro “rivoluzione” abbia finito per essere loro “democraticamente” confiscata. E’ per questo che un centinaio di essi si è ritrovato a piazza Tahrir, per denunciare la presenza del “fouloul” Ahmed Chafik al secondo turno delle presidenziali (nella foto, il dito "marchiato" di chi ha già votato)

 

Nel quartiere scic di Zamalek, proprio affianco alla pasticceria Fauchon, “The Bakery Shop” (TBS) è il “tempio” cairota della ciambella nord-americana. Questo negozio, in uno slancio di impegno sociale e fervore democratico, ha deciso di partecipare alla grande kermesse delle prime elezioni presidenziali libere del paese. Ha promesso di offrire graziosamente dei dolci alle persone che mostrino la “mano bianca”, vale a dire un dito macchiato di inchiostro indelebile, prova irrefutabile di partecipazione al voto. (Agli elettori che votano viene segnato un dito con inchiostro indelebile, ndt). Un impegno comunitario che non tenta nemmeno di nascondere un marketing “collegato”, divulgato come si deve nei social network, image de l’entreprise oblige (1).

 

"Arabesque américaine " a été édité en Algérie par les éditions Synergie. Son lancement, dans la semaine du 3 au 10 mars 2012, a connu une remarquable couverture médiatique.

  • Radio: Alger chaîne 3 (5 mars 2012)

 

 

  • Télévision: Canal Algérie (9 mars 2012)

 

 

 


D’un banal et assez quelconque lieu continuellement bondé d’autobus et de vendeurs en tous genres, la place Tahrir s’est métamorphosée, l’espace d’un « printemps » hivernal, en épicentre de l’effervescence sociale « démocratisante » de l’Égypte.

 

Place Tahrir (1983)
Place Tahrir (2011)

 

Les différentes manifestations populaires qui s’y sont déroulées début 2011 ont démontré que l’idéologie de résistance non violente, théorisée par Gene Sharp, jumelée à une application pratique des concepts acquise grâce aux formations du « Center for Applied Non Violent Action and Strategies » (CANVAS, Belgrade) est d’une redoutable efficacité dans la déstabilisation des régimes autocratiques [1]. Les jeunes cyberactivistes et militants « pro-démocratie » égyptiens formés par des organismes d’ « exportation » de la démocratie (en particulier américains) ont su efficacement combiner la puissance des réseaux sociaux dans la mobilisation des foules dans l’espace virtuel et l’application stricte, dans l’espace réel, des « méthodes d’action non violente » clairement établies par CANVAS. Le président Moubarak en a fait les frais : il a été chassé par les « révoltés » de la place Tahrir après trois décennies de pouvoir sans partage. Gene Sharp a lui-même déclaré qu’il était particulièrement fier de ce que les cyberdissidents égyptiens avaient réalisé [2].

Mais, depuis cette historique journée du 11 février 2011 qui a vu le déboulonnage du raïs, les succès du camp « révolutionnaire » se sont faits plutôt rares, malgré le bouillonnement quasi-permanent de la place Tahrir. Jugez-en.

Radio-Canada

C'est bien meilleur le matin

Un autre regard

Le mercredi 29 février 2012

 

La situation au Moyen Orient inquiète la communauté internationale. Le gouvernement syrien attaque toujours les rebelle à Homs et l'Iran, et son programme nucléaire, est dans la mire d'Israël et des puissances occidentale. Par ailleurs, les pays qui font face à l'après-révolution se retrouvent aussi dans des situations complexes, souvent inquiétantes. René Homier-Roy fait le point sur tout ça avec le politologue Ahmed Bensaada, auteur du livre Arabesque américaine : le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe.


Dans son livre, le politologue remet en question la vision romantique du printemps arabe, condamne et les agissements des nombreux régimes autoritaires de la région et les agissements de l'administration américaine et des puissances occidentales au Moyen-Orient. 

Arabesque américaine : le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe est publié chez Michel Brûlé.

Cliquez pour écouter


Le vent tourne pour nos jeunes cyber-dissidents tunisiens qui, dans peu de temps seront connu sous la dénomination de cyber-collabos américains. 
Ce n'est plus une hypothèse mais une thèse sérieuse, voire même un fait avéré.

Les Slim Amamou, Haythem el mekki, Azyz Amami, Emna Ben Jemaa, Lina Ben Mhenni, Emna El Hammi, Amira Yahyaoui, Lamia Slim. Yassine El-Ayari et le chef de la secte Farès Mabrouk , ...ont bel et bien été recruté par des ONG-écran de la CIA, qui, moyennant voyages gratuits et argent, les ont formés à la "révolution 2.0".

 

Le lancement de l'édition algérienne d'"Arabesque américaine" aura lieu en Algérie dans la semaine 3 au 10 mars 2012


Programme

Date

Évènement

Lieu

Samedi

3 mars 2012

Conférence de presse

à partir de 14h30

Journal Liberté (Alger)


Dimanche

4 mars 2012


Vente-dédicace

à partir de 14h

Librairie du Tiers-Monde,

Place de l'émir Abdelkader, Alger

Tél : 021 71 57 72


Lundi

5 Mars 2012



Vente-dédicace

à partir de 14h

Média-Book (Librairie de l'ENAG),

26 rue Ahmed Zabana, Alger

Tél : 021 74 33 13

 

Mercredi

7 mars 2012

Conférence-débat

de 10h à 12h

ILTIQAYAT

(Faculté des sciences sociales de l'Université d'Oran)

 

Salle de conférence Belahcene-IGMO

Oran

 

Au plaisir de vous rencontrer dans l'un ou l'autre des évènements

Ahmed Bensaada


Dans le chic quartier de Zamalek, tout juste à coté de la pâtisserie Fauchon, « The Bakery Shop » (TBS) est le « temple » cairote du beigne nord-américain. Cette boutique, dans un élan d’engagement social et de ferveur démocratique, a décidé de se joindre à la grande kermesse des premières élections présidentielles libres du pays. Elle a promis d’offrir gracieusement des gâteaux aux personnes montrant « patte blanche », c'est-à-dire un doigt teinté d’encre indélébile, preuve irréfutable de la participation au vote. Un engagement communautaire qui ne cache en rien un marketing « branché », relayé comme il se doit par les réseaux sociaux, image de l’entreprise oblige [1].

 

Note de lecture pour un débat: "Arabesque américaine" d'Ahmed Bensaada


Souvent évoqué, parfois décrié, mais rarement analysé, le rôle des États Unis dans les révoltes de la rue arabe fait enfin l’objet d’un travail sérieux, rigoureux et fort bien documenté. Arabesque américaine* est l’ouvrage d’Ahmed Bensaada, un chercheur algérien établi à Montréal.

Dès les premières lignes, l’auteur annonce la couleur  « une chose est évidente : le mode opératoire de ces révoltes a toutes les caractéristiques des révolutions colorées qui ont secoué les pays de l’Est dans les années 2000. Comme il est de notoriété publique que ces révolutions ont été structurées, formées et financées par des organismes américains, il serait logique de conclure qu’il y a présence d’une main américaine derrière ces révoltes de la rue arabe ». Tous les faits et les arguments présentés sont vérifiables, selon l’auteur, par simple consultation des références mentionnées.

Divisé en six chapitres, l’ouvrage part des révolutions colorées en passant par les organismes américains qui exportent la Démocratie, le cas de l’Egypte et les autres pays arabes, avant de fournir par une liste exhaustive des O.N.G, des organismes, des personnes et des financements, par pays concernés par ce supposé « printemps arabe », euphémisme que les médias occidentaux de la «  bien pensance » ont rapidement imposé comme évidence.

by Colin Todhunter (Morning Star, UK)

 

It's a familiar scenario. A major political event occurs and the mainstream media opts for simplistic explanations.

Take the so-called Arab Spring for instance.

The overriding narrative is about how Facebook and Twitter has changed that part of the world.

The premise is that widespread, spontaneous, grassroots uprisings spread within individual countries and then from one country to another, largely as a result of the use of social media technology.

However, what we were not informed of was the extent to which many of these events had been managed and preplanned.

In many ways the Arab Spring is reminiscent of the earlier revolutions in Eastern Europe which occurred following the collapse of the Soviet Union.

Also portrayed by the media as grassroots uprisings, many of those "revolutions" were in fact destabilisation regime change operations - funded and orchestrated by the US.

Although many independently acting ordinary folk did actually become involved, they ended up being highly disillusioned with the outcome. But the West got what it wanted - pro-western governments in power.

The covert US funding and management of the revolutions in Eastern Europe has been well documented. A series of governments were overthrown by mobilising disaffected, pro-western people financed by the US government via various foundations, such as National Endowment for Democracy, National Democratic Institute for International Affairs, Freedom House, the Centre for Non-Violent Action and Strategies and the United States Agency for International Development.

The same has been true of the Arab Spring - a nice media-friendly soundbite denoting renewal and hope.

Lunes 13 de febrero de 2012 por CEPRID

Ahmed Bensaada

CEPRID

Traducido por Purificación González de la Blanca, integrante de Ojos para la Paz

Como toda primavera que se respete, esta que es calificada de « árabe » tiene evidentemente permitida la perpetuación de ideas de líneas puras pero, fenómeno sorprendente, ha igualmente facilitado y catalizado la hibridación de esquemas de pensamiento que, hasta muy recientemente, han sido conceptuados como no hibridables. . Así, he aquí a dos ilustres personajes que todo habría debido separar : Youssef Al-Qardaoui y Bernard-Henry Lévy (BHL). El uno es un puro producto de Oriente, mientras que el otro es un occidental inveterado. El uno se cubre en la austera costumbre tradicional apretada al cuello de los sabios de Al-Azhar (larga gallabeyya, caftán y turbante) mientras que el otro es un verdadero dandy enarbolando una eterna camisa blanca inmaculada de Casa Charvet, especialmente concebida para él y que luce ampliamente desabotonada.

Série de conférences publiques pour l’année 2011-2012

Démocratie(s) et pluralisme(s) au fil de temps

 

Chaire de Recherche du Canada : Islam, Pluralisme et Globalisation

Faculté de Théologie et de Sciences des Religions

Université de Montréal

Titre de la conférence : « États-Unis, printemps arabe et démocratie »

Conférencier : M. Ahmed Bensaada, Ph.D.

 

Date : 9 février 2012

Heure : 17h à 19h

Lieu : CRC-IPG, bureau 5031, Pavillon Marguerite D'Youville

Université de Montréal, 2375 Chemin de la Côte Ste-Catherine, Montréal

 

Résumé :

Depuis janvier 2011, des marées humaines ont défilé dans les rues de nombreux pays arabes maniant avec véhémence une parole si longtemps confisquée et arborant une dignité outrageusement bafouée. Cependant, s’il n’y a rien de plus émouvant que de voir un peuple recouvrer sa liberté après avoir subi le joug du despotisme et retrouver sa fierté après des années d’humiliation, ces révoltes montrent d’évidentes similitudes avec celles qui ont bouleversé le paysage politique des pays de l’Europe de l’Est ou des ex-Républiques soviétiques et qui ont été qualifiées de « révolutions colorées ». Comme il est de notoriété publique que ces révolutions colorées ont été structurées, formées et financées par des organismes étasuniens d’« exportation » de la démocratie, serait-il possible qu’il en soit de même pour ces révoltes qui ont secoué la rue arabe?

Source


Les Révolutions, un an après.
TV5Monde, 05.02.2012

Première chaîne internationale francophone, TV5MONDE produit un magazine hebdomadaire, « MAGHREB-ORIENT-EXPRESS » (#MOE), qui propose, chaque dimanche à 20 h*, un décryptage de l’actualité du monde arabe méditerranéen – Maghreb - Machrek – et du Golfe, et particulièrement à travers le prisme du « Printemps arabe ».

Image ci-dessus : le journaliste Mohamed Kaci, animateur de « MAGHREB-ORIENT-EXPRESS ». Capture vidéo. © TV5MONDE


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Xavier Marquet est le Rédacteur en chef de l’édition de dimanche 5 février 2012 à 20 h 00 du magazine d’actualité « MAGHREB-ORIENT-EXPRESS » (26 minutes), présenté et animé par le journaliste Mohamed Kaci.

 

Dans cette édition de Maghreb-Orient Express, dimanche 5 février 2012 à 20 h 00*, Mohamed Kaci et ses invités explorent la thématique du Printemps arabe, un an après :

Une année après les soulèvements de la dignité en Méditerranée, la révolution brûle-t-elle toujours ? Avec la victoire des partis islamistes en Tunisie, au Maroc et en Egypte, faut-il continuer à s’inquiéter ou définitivement l’accepter ? Comment expliquer les malentendus tenaces entre Islam et Occident ? Quid du monde des affaires ?


Les invités de ce dimanche sur le plateau de « MAGHREB-ORIENT-EXPRESS » : 
- Farah Khadhar, anthropologue tunisienne et réalisatrice du film« Brûlures » (en cours de tournage en Tunisie) 
- Franco Rizzi, professeur italien d’histoire de l’Europe et de la Méditerranée à l’université de Rome (Roma Tre) et auteur de « L’Islam et l’Occident. Conversations autour de quelques lieux communs » 
- Ahmed Bensaada, essayiste d'origine algérienne et auteur de « Arabesque américaine : le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe » (en duplex de Montréal).

- Reportage : « le monde des affaires au Maroc après la victoire des islamistes » (réalisation Mehdi Meddeb)


* DIFFUSIONS :

- TV5MONDE France - Belgique - Suisse : dimanche 5 février 20102 à 20 h 00 (heure de Paris)

- TV5MONDE Europe : dimanche 5 février20102 à 20 h 00 (heure de Berlin)

- TV5MONDE Maghreb - Orient : dimanche 5 février 2012 à 21 h 00 (heure de Beyrouth)

- TV5MONDE Afrique : dimanche 5 février 20102 à 20 h 00 (heure de Dakar)

 

Source


 

 

(*) Traducido para Rebelión por Caty R.

 

Mientras que la estación que vio emerger muchedumbres en las calles árabes no tenía nada que ver con la primavera, Birmania nos ofrece una auténtica «revolución primaveral» sin «¡váyanse!» ni «¡fuera!». Más todavía, el cambio innegable que experimenta en la actualidad la vida política birmana se está operando sin la ayuda de Facebook, Twiter u otras redes sociales, herramientas de protesta por excelencia de las «primaveras árabes». Sin embargo las revoluciones árabe y birmana presentan una sorprendente sincronía: la primera comenzó con la trágica autoinmolación a fuego de Mohamed Bouazizi, el 17 de diciembre de 2010, y la segunda con la liberación de la militante Aung San Suu Kyi por la junta militar birmana el 13 de noviembre de 2010, es decir, un mes antes. ¿Cómo explicar la flagrante diferencia entre los modos operativos de las profundas transformaciones del panorama político de esas dos regiones del mundo

Para ello tenemos que remontarnos a veinte años antes, la época en la que los disidentes birmanos no consiguieron llevar a cabo la primera de las revoluciones de colores.

Il y a ceux qui disent et confirment avec preuves à l'appui que les États-Unis ont  une main de pieuvre dans le déclenchement des révoltes de la rue arabe.  Il y a ceux aussi, qui sont irrités par la dégarniture des dessous, car ils se sentent démasqués et qu'on a levé le voile et déterré la collaboration de la main étrangère.

Et il y a bien sûr et également, ceux et celles qui s'en fichent de l'implication de l'un ou de l'inculpation de l'autre.  Ils forment la grande majorité.  Pour ceux-là, l'essentiel est que les tyrans soient renvoyés à jamais dans l'enfer de l'humiliation et de l'oubli.

À Montréal, dans l'enceinte universitaire québécoise où, à l'intérieur de l'amphithéâtre du pavillon J. A. De Sève, le thermomètre explosait de chaleur nord africaine alors, qu'à l'extérieur, il frôlait et caressait le moins vingt degrés Celsius.  L'occasion rassemblait trois conférenciers invités à parler du premier anniversaire du printemps arabe et discuter justement de la naissance, l'ingérence et de la montée de la couleur islamiste teintant les résultats des élections post-révoltes.

Le débat, si on peut l'appeler ainsi, a été entre le scientifique, le social-politique et le philoso-politique.

 

Birmania, aprile 2012 - Nel giugno scorso, Aung San Suu Kyi ha dichiarato che la “primavera araba costituisce un motivo di ispirazione per il popolo birmano”. Per come stanno andando le cose in Birmania e alla luce di quello che la “primavera” araba ha partorito, è assai probabile che, in un prossimo avvenire, saranno i popoli arabi a dire la stessa cosa a proposito della primavera birmana (nella foto, Aung San Suu Kyi).

La primavera birmana
Ahmed Bensaada
Traduzione dal francese: OSSIN


Mentre la stagione che ha riempito le piazze arabe non ha niente a che vedere con la primavera, ecco che la Birmania ci offre una vera “rivoluzione” primaverile, senza “Irhal” (vattene, ndt), né “Sparisci”. E senza che l’innegabile cambiamento che caratterizza attualmente la vita politica birmana abbia beneficiato dell’aiuto di Facebook, Twitter e degli altri social media, strumenti di contestazione per eccellenza della “primavera” araba.  E tuttavia le “rivoluzioni” araba e birmana sono state straordinariamente sincrone: la prima ha debuttato con il gesto tragico di Mohamed Bouazizi il 17 dicembre 2010 e la seconda con la liberazione della militante Aung San Suu Kyi da parte della giunta militare birmana, il 13 novembre 2010, vale a dire un mese prima. Come spiegare allora la evidente differenza tra i modi in cui si sono operate profonde trasformazioni del paesaggio politico in queste due regioni del mondo?


Per fare ciò, occorre ritornare a vent’anni prima, al tempo in cui i dissidenti birmani hanno fallito la prima delle rivoluzioni colorate.

 

Conférence:

Le " printemps arabe ", un an après: révolte, ingérence et islamisme


Date
: Vendredi 20 janvier 2012, de 18h30 à 21h

Lieu: Université du Québec à Montréal (UQAM), local DS-R525, Pavillon J. A. De Sève, 320, rue Sainte-Catherine Est (coin Sanguinet), Métro Berri-UQAM

 

Conférenciers:

 

Modérateur: M. Frédéric Castel, religiologue, historien, géographe, membre du GRIMER et de la CRIEC à l'UQAM

 

Entrée libre

Vente-dédicace de livres



Affiche de la conférence

Évènement Facebook


 

Alors que la saison qui a vu déferler les foules dans les rues arabes n'avait rien à voir avec le printemps, voilà que la Birmanie nous offre une vraie « révolution » printanière sans « Irhal » ni « Dégage ». Plus encore, l’indéniable changement que connaît actuellement la vie politique birmane s’est opéré sans le concours de Facebook, Twitter et autres médias sociaux, outils de contestation par excellence du « printemps » arabe. Pourtant les « révolutions » arabe et birmane ont été étonnamment synchrones : la première a débuté avec le geste tragique de feu Mohamed Bouazizi le 17 décembre 2010 et la seconde avec la libération de la militante Aung San Suu Kyi par la junte militaire birmane le 13 novembre 2010, soit un mois auparavant. Comment alors expliquer la flagrante différence entre les modes opératoires des profondes transformations du paysage politique de ces deux régions du monde?

Pour cela, il faut remonter vingt ans plus tôt, du temps où les dissidents birmans ont failli réaliser la première des révolutions colorées.