Ahmed Bensaada

Il y a pire que de ne pas être informé: c’est penser l’être

Politique

Politique

Traduzione: OSSIN


Per quanto la loro genesi sia molto più antica, le entità note come organizzazioni non governative (ONG) sono cresciute notevolmente negli anni 1980 e 1990 dell’ultimo secolo e i loro campi di intervento si sono diversificati: emergenza umanitaria, alimentazione, diritti umani o ambiente



Secondo gli specialisti, questo sviluppo coincide con l’affermarsi del neoliberalismo degli anni Reagan-Thatcher. Secondo l’attivista Ana Minski, «la proliferazione delle ONG nel Sud, negli anni 1990, è indubitabilmente dovuta alla riduzione delle capacità dei governi di offrire servizi pubblici, risultato delle politiche neoliberali che si sono imposte nel contesto di un capitalismo mondializzato e fortemente finanziarizzato».
A causa delle politiche di austerità e di riduzione della spesa pubblica, i governi si sono rivolti alle ONG per fornire servizi a basso costo, servizi cui una volta provvedevano direttamente nei settori della sanità, della scuola, della cultura, ecc. Specificamente sul punto, la scrittrice indiana Arundhati Roy precisa che le ONG distribuiscono «al contagocce, sotto forma di aiuti o di volontariato, quello cui la gente dovrebbe normalmente avere diritto». E questo porta alcuni specialisti a definire le ONG come il «cavallo di Troia» del neoliberismo.


 


Da una conferenza tenutasi a San Francisco, in California, il 16 agosto 2004


Con la fine della Guerra Fredda, le ONG hanno cominciato ad essere utilizzate per altri scopi. Si trattava di «democratizzare» i paesi dell’Est già appartenenti all’area sovietica, per sottrarli all’influenza russa. A tal fine, gli Stati Uniti hanno mobilitato un arsenale di organizzazioni specificamente impegnate in questa mission. Citiamo, a titolo di esempio: l’USAID (United States Agency for International Development), la NED (National Endowment for Democracy) e i suoi quattro satelliti, Freedom House e l’Open Society di George Soros. A parte quest’ultima che è privata, tutte le altre organizzazioni sono finanziate direttamente o indirettamente, parzialmente o interamente dal governo statunitense.
I satelliti della NED sono ben conosciuti: l’IRI (International Republican Institute), il NDI (National Democratic Institute), il Solidarity Center e il CIPE (Center for International Private Enterprise).
Per poter rivendicare la denominazione di ONG, un’organizzazione deve soddisfare almeno le cinque seguenti condizioni: l’origine privata della sua costituzione, le finalità non lucrative della sua azione, la sua indipendenza politica e il carattere di interesse pubblico della sua mission. Nel caso delle organizzazioni statunitensi di cui prima ho detto e dei gruppi che esse finanziano nei paesi presi di mira, queste condizioni non sussistono.
L’uso di queste organizzazioni ha dimostrato l’efficacia del «soft power» statunitense nelle operazioni di «regime change». Questo è apparso chiaramente nelle rivoluzioni colorate in Serbia, in Georgia o in Ucraina. Durante la «primavera» araba, queste stesse organizzazioni statunitensi di «esportazione» della democrazia sono state impegnate in Tunisia, in Egitto, in Libia, in Siria e in Yemen e il risultato disastroso del loro coinvolgimento è oramai noto, soprattutto nei tre ultimi paesi.
Il modus operandi di questa «democratizzazione» è sempre lo stesso. Alcuni attivisti locali, iscritti o meno in ONG locali, vengono selezionati, finanziati, formati e resettati nella loro regione di appartenenza (nel caso dei paesi arabi, si tratta della regione MENA/Middle East and North Africa). Nel corso di eventuali proteste popolari legittime causate da reali problemi sociali, questi attivisti si mettono in prima linea nelle manifestazioni e tentano di dirigerle secondo agende elaborate all’estero.
Per illustrare questo punto, citiamo attivisti come Slim Amamou (Tunisia), Mohamed Adel (Movimento del 6 aprile - Egitto), Ali Ramadan Abouzaakouk, (Libya Human and Political Development Forum – Libia), Aussama Monajed (Movement for Justice and Development – Siria) e Tawakkol Karman (Women Journalists Without Chains – Yemen).



In Algeria, diverse ONG locali finanziate dalle organizzazioni statunitensi sono state molto in vista nelle manifestazioni, sia nel 2011 che durante l’Hirak, nel 2019-2020. Parliamo, tra l’altro, della Ligue algérienne de défense des droits de l’homme (LADDH), del Rassemblement Actions Jeunesse (RAJ), del Collectif des familles de disparus en Algérie (CFDA), ecc. E’ quanto meno curioso constatare che le ONG che ricevono sussidi stranieri sono tutte in perfetta sintonia per quanto riguarda le loro rivendicazioni. Nemmeno una minuscola discordanza?
Definite d’ONG – Organizzazione Non Grata -, le organizzazioni statunitensi di «esportazione» della democrazia sono state bandite da taluni paesi come la Russia, che ha cacciato USAID per «ingerenza nella vita politica russa». La lista delle ONG «indesiderabili» in Russia si è allungata e attualmente comprende la NED, il NDI, l’IRI, Freedom House e l’Open Society di Soros.
In America del Sud, i paesi dell’ALBA (Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América) hanno firmato una risoluzione nel 2012 che chiede l’espulsione immediata dell’USAID dai paesi membri dell’alleanza (la Bolivia, Cuba, l’Ecuador, la Dominicana, il Nicaragua e il Venezuela).
D’altra parte, alcuni paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Africa del sud) hanno adottato leggi che vietano o rafforzano i controlli sulle ONG presenti sul loro suolo.
Dal 2014, le ONG che operano in Egitto hanno obbligo di registrarsi presso le autorità, in mancanza rischiano il sequestro dei loro beni o inchieste giudiziarie. Inoltre, spetta alle autorità di approvare anche qualsiasi finanziamento venga dall’estero.
Tra gli altri paesi arabi, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno proceduto, nel 2012, alla chiusura delle sedi di diverse ONG straniere tra cui NDI. Da parte sua, il deputato giordano Zakaria Al-Cheikh ha chiesto, nel gennaio 2016, alla Camera bassa del Parlamento della Giordania di porre termine alle attività di questa organizzazione sostenendo che essa «costituisce un pericolo per la sicurezza nazionale».
Va precisato che simili attività svolte in territorio statunitense sono disciplinate dal «Foreign Agents Registration Act» che è una legge statunitense che impone la registrazione dei lobbisti che rappresentano interessi politici o economici stranieri.
Infine non bisogna assolutamente credere che solo le ONG statunitensi siano attive in Algeria. Sono presenti anche altre ONG europee.
C’è dunque bisogno di una legge che disciplini, controlli e perfino vieti il finanziamento straniero delle ONG in Algeria? Si tratta certamente di una questione che bisogna affrontare seriamente nell’immediato futuro.






È ormai sotto gli occhi di tutti: Non appena si parla di finanziamenti esteri, si attiva immediatamente una reazione pavloviana: gli occhi si gonfiano, si produce saliva e le tastiere sono inesorabilmente soggette alla frenesia delle falangi. Solo le meningi rimangono in modalità "riposo". Non importa quanti documenti seri, referenze solide o testimonianze concrete siano esposti. Niente aiuta. Ma non perdiamo la speranza e cerchiamo di risvegliare queste meningi anestetizzate.

Quando ho iniziato a scrivere il mio articolo "Otto anni dopo: la "primaverizzazione" dell'Algeria" (pubblicato il 4 aprile 2019), ho dovuto consultare il sito web della National Endowment for Democracy (NED) per conoscere i finanziamenti delle ONG algerine.


Apriamo qui una piccola parentesi. Nel 2011, quando ho scritto il mio primo libro sulla "primavera" araba, "American Arabesque", il sito della NED offriva la possibilità di consultare i rapporti degli ultimi sei anni. Dopo la pubblicazione di questo libro, l'accesso è stato consentito solo al rapporto dell'anno precedente. Il che vale ancora oggi.


Sono quindi andato a scaricare il rapporto NED 2018 sull'Algeria del 26 marzo 2019, come menzionato nel documento che può essere consultato online cliccando sul seguente link:


Rapporto della NED sull'Algeria 2018 (26 marzo 2019)



Come si può vedere, gli importi e i beneficiari sono chiaramente indicati. Per la prima sovvenzione, il CIPE (Center for International Private Enterprise), uno dei quattro satelliti della NED, è nominato per intero.?

La pubblicazione del mio articolo sulla primaverilizzazione dell'Algeria aveva suscitato scalpore e sollevato interrogativi, ma aveva anche dato origine a tonnellate di cori gridando al "complottismo".?

A fini di verifica, sono tornato sul sito della NED l'8 ottobre 2019 per esaminare i finanziamenti per l'Algeria 2018. Con mia grande sorpresa, ho notato che il rapporto era stato modificato:


Clicca qui per leggere il rapporto della NED Algeria 2018 (8 ottobre 2019)



I testi e gli importi sono gli stessi, ma la designazione dei beneficiari è completamente scomparsa.

Perché un'istituzione così grande come la NED ha dovuto cancellare i nomi dei beneficiari delle sue sovvenzioni ?

Ha ricevuto istruzioni dai suoi amministratori ? O le ONG algerine si sono lamentate ?

In ogni caso, entrambe le possibilità suggeriscono una collaborazione attiva tra le ONG e la NED durante l'Hirak.

Proseguiamo il nostro ragionamento. Cosa dice il rapporto del 2019 ? Scopriremo i nomi delle fortunate ONG algerine che hanno vinto il jackpot, o sarà messo a tacere?

Ecco il rapporto del 2019 online:


Rapporto della NED Algeria 2019



Denaro, aree di attività, missioni, ma nessun beneficiario. Viene quindi adottata la nuova regola di non menzionare i nomi delle ONG algerine finanziate.?Ciò che è molto interessante, tuttavia, è il motivo di questo finanziamento in questo periodo cruciale della storia dell'Algeria.

Ecco una traduzione in italiano di questo rapporto del 2019:

 

NED - Algeria 2019


Difesa della giustizia di transizione e dello stato di diritto

Diritti umani

36.000 dollari

Promuovere lo stato di diritto, i diritti umani e le pratiche di giustizia di transizione.

L'organizzazione organizzerà dibattiti e una conferenza sullo stato di diritto e l'indipendenza della magistratura, organizzerà un seminario sulla memoria collettiva e la giustizia di transizione, continuerà a sostenere il suo centro di ricerca sulla conservazione della memoria e dei diritti umani e rafforzerà il suo programma radiofonico settimanale sui temi legati ai diritti umani e alla giustizia di transizione in Algeria.




Porre le basi per un impegno politico

Istituto Repubblicano Internazionale (IRI)

200 000 $

Sostenere i democratici algerini nella loro partecipazione attiva alla transizione politica in corso. L'Istituto coinvolgerà vari attori governativi e non governativi attraverso consultazioni e la costruzione di un dialogo sulle loro priorità ed esigenze iniziali. L'istituto costruirà relazioni con questi attori e getterà le basi per un impegno futuro volto a ristabilire la fiducia tra i principali attori politici e della società civile attraverso il dialogo su questioni politiche, sociali ed economiche fondamentali.



Promozione dei diritti umani

Diritti umani

30 000 $


Rafforzare le capacità dei difensori dei diritti umani in Algeria. L'organizzazione organizzerà seminari di formazione sulla comunicazione avanzata, sulle strategie di lobby e sui meccanismi dell'ONU e dei diritti umani a livello regionale. Si organizzeranno inoltre consultazioni sulla sicurezza dei difensori dei diritti umani e si produrrà un manuale di documentazione per registrare e monitorare i casi dei difensori dei diritti umani.



Promuovere l'impegno dei giovani

Educazione civica

25 000 $

Promuovere l'attivismo civico tra i giovani emarginati in Algeria. L'organizzazione organizzerà una serie di seminari di sviluppo delle capacità per i giovani e gli attori civici sulle capacità di leadership, i diritti dei cittadini, la partecipazione politica dei giovani, i valori democratici e il sistema economico e politico algerino; organizzerà visite sul campo alle imprese locali e alle organizzazioni della comunità; e condurrà progetti di azione sociale basati sulla comunità.





Prima di tutto, iniziamo con l’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI). Questa componente della NED era guidato dal defunto senatore John McCain (1936 - 2018). Questo bellicoso senatore è stato personalmente molto coinvolto nelle colorate rivoluzioni, ma anche nell'Euromaidan (Ucraina) e nella "primavera" araba. Fu un fervente seguace della "lotta non violenta" teorizzata dal filosofo americano Gene Sharp (1928 - 2018) e resa popolare dai serbi di CANVAS.

 

Viktor Yushchenko e John McCain (Kiev, febbraio 2005) Rivoluzione arancione (Ucraina)


 

John Mc Cain (Kiev, 15 dicembre 2013) Euromaidan (Ucraina)


E che cosa ha offerto l'IRI al nostro Hirak? 200.000 dollari per "sostenere i democratici algerini nella loro partecipazione attiva alla transizione politica in corso".

Ci sarebbe piaciuto molto conoscere il fortunato destinatario della ONG !

Ah! La generosità dell'IRI ! Peccato, John McCain in persona avrebbe vagato per le strade di Algeri dopo la "democratizzazione" dell'Algeria.


John Mc Cain visita i paesi della primavera araba. Un semplice controllo dei suoi "investimenti"




La generosità della NED non si ferma qui: 36.000 dollari per "promuovere lo stato di diritto", 30.000 dollari per "rafforzare la capacità dei difensori dei diritti umani in Algeria" e 25.000 dollari per "promuovere l'attivismo civico tra i giovani emarginati in Algeria".

La NED viene in soccorso dei "democratici", dello "Stato di diritto", dei "difensori dei diritti umani" e degli "attivisti civici". In mezzo all'Hirak ! Che impulso altruista !

Allora, la reazione pavloviana è ancora lì, o le meningi sono finalmente uscite dal loro torpore?



Traduzione

 


 

Version française de l'article


 

Purificación G. de la Blanca

Ojos para la Paz


Estados Unidos orquestó las llamadas "primaveras" árabes, y las revoluciones de colores, desestabilizando numerosos países y llevándolos incluso a la guerra (Yemen, Libia, Bolivia...) Para ello cuenta con sus agencias de exportación de "su democracia". Además del NED y sus cuatro satélites, que son el Instituto Nacional Democrático (NDI), el Instituto Republicano Internacional (IRI), el Centro de Solidaridad y el Centro para la Empresa Privada Internacional (CIPE), este sistema incluye USAID, Freedom House, MEPI (Middle East Partnership Initiative), POMED (Proyecto sobre la democracia en Oriente Medio) y OSI (Open Society Institute) pertenecientes a las fundaciones de George Soros. Ahmed Bensaada ha denunciado el mismo juego en Argelia. Y se ha armado...

NUESTRO COMPAÑERO DE OJOS PARA LA PAZ, AHMED BENSAADA, PROFESOR DE LA UNIVERSIDAD DE ORÁN DENUNCIA LA INTERFERENCIA DE EE. UU. EN LA HIRAK ARGELINA.

HA CREADO UNA FUERTE POLEMICA

CONVIENE TOMAR NOTA

BENSAADA, ha pasado años investigando el juego de los EE.UU. en las llamadas “primaveras árabes” y en las “revoluciones de colores”. Fruto de ello han sido sus libros: “Arabesco americano”; “Arabesque$, investigación sobre el papel de EEUU en las revueltas árabes”, y “¿Quiénes son los autoproclamados tenores del Hirak argelino? “, en el que denuncia, con nombres y apellidos, a una serie de individuos que trabajan a sueldo de las fundaciones de Soros, la Freedom House, el IRI, el NDI, la NED, el OSI, la USAID…., que, en nombre de la democracia, trabajan para el Estado Islámico y para las agencias mencionadas que tratan de desestabilizar Argelia.

Ya hemos visto cómo en países ya desestabilizados, o en vías de, las agencias de Soros y del Departamento de Estado de los EE.UU., van de la mano del Estado Islámico y de los extremistas utilizados por EE.UU. para destruir los países que están en su objetivo. (NOTA: El Hirak, son protestas populares y, supuestamente, un movimiento espontáneo que, en la calle, reclama democracia)

Ahmed Bensaada tiene una valentía fuera de lo común, pues ha creado una fuerte polémica en Argelia, al hacer frente a los poderes más perversos. No se nos olvide que Argelia tiene petróleo y gas.

 

DAMOS PASO A UNA ENTREVISTA QUE ACABAN DE PUBLICAR EN el periódico Al-Akhbar (Líbano)

 


Periodista: Lina Kennouche

Traducción: Purificación G. de la Blanca (Ojos para la Paz)


1- Su último trabajo ha suscitado fuertes críticas en cierta prensa argelina, las publicaciones lo acusan erróneamente de tratar de desacreditar el Hirak que sería explotado desde el extranjero o al menos tener una visión muy reduccionista de él. Otros sospechan que oculta ciertos hechos, especialmente cuando destaca las relaciones mantenidas por ciertas figuras, como el ex miembro del FIS Larbi Zitout y las agencias extranjeras sin volver a su pasado como ex miembro de los servicios de inteligencia de Argelia " y por lo tanto cuestiona el propósito de tu libro. Se entenderá que estas críticas tienen poco que ver con el contenido de su trabajo de investigación y toman la forma de ataques personales y juicios de intenciones. (En otras palabras, frente a la tenacidad de los hechos que atestiguan el apoyo brindado a ciertas personalidades por las agencias y ONG estadounidenses, ¿estamos tratando de minimizar esta realidad, pero está cargada de consecuencias? ¿Redirigir el debate a otro campo? ¿Cuál es el objetivo de estos ataques a su libro?)


Cuando escribí mi libro, estaba seguro de que provocaría una protesta. De hecho, el Hirak fue considerado, desde su nacimiento, como un objeto sagrado y cualquier embrión de crítica se considera inmediatamente como herejía. Prueba de esto es que la mayoría de mis primeros detractores admitieron que no habían leído mi libro. Ayer mismo, se publicó en un blog un texto interminable contra mí (y no contra mi libro) y su autor admitió (sic), en su preámbulo, no haber leído el trabajo que afirmó criticar.

Experimenté este tipo de reacción en 2011, cuando publiqué mi libro "Arabesque American" sobre la "primavera" árabe. Me di cuenta, de hecho, que el romanticismo "revolucionario" estaba más arraigado en las personas que el razonamiento fáctico. A las personas les ha llevado años adherirse a mi visión a pesar de la evidencia avanzada en mis escritos. Sin embargo, mientras tanto, países como Siria, Libia y Yemen han sido destruidos …y todavía estamos esperando que la democracia se arraigue en nuestra región.

Lo que es preocupante, en el caso de Argelia, es que los intelectuales argelinos que aplaudieron y elogiaron mi libro "Arabesque$" (publicado en 2015 en Bruselas y en 2016 en Argel) me rechazaron por completo cuando Comencé a analizar el Hirak argelino con un enfoque similar al adoptado para los países de la región MENA (Medio Oriente y África del Norte). Para estas personas, Argelia es un país aparte e Hirak es un fenómeno intocable que no puede ser criticado. Esta combinación de deificación de Hirak e ingenuidad de análisis es muy sorprendente cuando proviene de personas que supuestamente han seguido los trastornos sangrientos y dramáticos de nuestra área de pertenencia geoestratégica.

Para otros, la explicación es más simple. Se trata de defender sus posiciones y sus intereses (y, por supuesto, los de sus patrocinadores) en la situación problemática que Argelia está experimentando actualmente. Sin embargo, es sorprendente ver que las ONG argelinas que reciben fondos del National Endowment for Democracy (NED) y que participan en Hirak están todas unidas en torno a la misma visión, la de confrontación con las bases del Estado. nación. Recordemos que la NED es una de las principales organizaciones de un dispositivo estadounidense para la "exportación" de la democracia cuyo papel fue muy importante en las revoluciones de color y la "primavera" árabe, sin olvidar el Euromaidan (Ucrania), Los disturbios de Hong Kong y muchos otros movimientos de protesta populares en todo el mundo.

 

Para leer mi artículo sobre el Euromaidan (Ucrania)

Ucrania, autopsia de un golpe de Estado

3 de marzo de 2014

 

 

Para leer mi artículo sobre Hong Kong (en francés)

Hong Kong : un virus sous le parapluie

12 de octubre de 2014

 

Tenga en cuenta aquí que NED no es la única organización involucrada en Argelia, pero es sin duda la más emblemática.

Si bien pensé que mi libro iba a ser una oportunidad para abrir un debate serio sobre Hirak y sus diferentes componentes, se lanzaron ataques ad personam, parasitando y paralizando cualquier iniciativa en esta dirección. Una técnica tan antigua como el mundo: desacreditar al autor para descalificarlo y matar cualquier discusión de raíz. Pero la gente no se deja engañar y el debate se ha desatado en las redes sociales.

Sin embargo, todo el alboroto que acompañó el lanzamiento de mi libro reveló una realidad inquietante: la enorme pobreza del sistema de medios argelino. Este último se distinguió por una falta de profesionalidad y una falta de ética inaceptable, especialmente en este período crucial que nuestro país está experimentando. En cuanto a los medios impresos, sólo dos periódicos, "L'Expression" y "Reporters", se tomaron la molestia de leer mi libro y ofrecer a sus lectores críticas honestas o entrevistas con ciertos protagonistas del libro.

El periódico "El Watan", fiel a sus ideas de la primavera de Argelia, patrocinó no menos de cinco (5) artículos que hablar sobre mi posición "pro-poder" y "anti-Hirak" completando con éxito su giro de imponer que nunca se hable de mi libro. Calumnia, calumnia, que algo queda.

Para todos los demás periódicos, es un apagón de radio, como si mi libro no existiera. No mojarse también es una estrategia ganadora cuando quieres comer en todos los estantes.

En cuanto a los medios audiovisuales, aparte de dos transmisiones de radio en canales estatales, no recibí ninguna otra invitación. Ninguna otra radio o televisión se ha atrevido a abrir el debate sobre el tema propuesto por mi libro, ignorando toda la agitación que ha sacudido (y todavía sacude) el ciberespacio.

Al hacerlo, el comportamiento del sistema de medios de comunicación argelino se ve completamente abrumado por los acontecimientos y en completa contradicción con las aspiraciones de una nueva Argelia que exige integridad, transparencia y ética.

Por lo tanto, al ignorar mi libro o descalificar a su autor, buscamos huir del debate sustantivo que consiste en identificar intervenciones extranjeras en la escena política argelina y erradicarlas. Porque solo un Hirak argelino-argelino es beneficioso para nuestro país.


2- La idea de este libro, que es una continuación de sus investigaciones anteriores, nació en respuesta a una declaración de Lahouari Addi, quien menos de un mes después del comienzo del Hirak pidió la renuncia del presidente de la República y el nombramiento de un cuerpo de transición en el que Mustapha Bouchachi, Zoubida Assoul y Karim Tabbou estarían representados. Según usted, ¿qué explica la elección de estas tres personas dentro de un Hirak que no tenían líderes, qué vínculos tienen con Addi? ¿Este llamado respondió a las prioridades de una agenda extranjera?


De hecho, mi libro es parte de un trabajo de investigación que llevo a cabo durante varios años para comprender el papel de las diversas organizaciones estadounidenses de "exportación" de democracia, así como su modus operandi en el "cambio de régimen" utilizando el "poder blando". "

Pero la idea precisa de este libro surgió de una declaración del sociólogo Lahouari Addi que afirmó de la siguiente manera, menos de un mes después del inicio del Hirak:

" Debe pedirse a Mustapha Bouchachi, Zoubida Assoul y Karim Tabbou que ejerzan las prerrogativas de una presidencia colegiada que designará un gobierno provisional que gestionará los asuntos actuales y preparará las elecciones presidenciales y legislativas en un plazo de 6 a 12 meses". "

Me pareció extraño que para un movimiento que se dice que no tiene líderes, se proponga un triunvirato tan rápidamente. ¿Con qué criterios fueron elegidas estas personas? ¿Se han organizado encuestas de opinión? ¿Se conocían estas personas antes del Hirak? ¿Qué prerrogativa utilizó el Sr. Addi para presentar ciertos nombres y no otros?

Otro signo notable: la omnipresencia de las personas citadas en ciertos medios (argelinos, islamistas u occidentales) que abogan abiertamente por la propuesta del sociólogo y no dan espacio para opiniones opuestas.

Mientras evito deliberadamente tratar el caso del Sr. Tabbou, dado que actualmente está en prisión y en espera de juicio, he tratado de encontrar hilos comunes que puedan vincular a estas personas. He detectado dos de ellos: i) su proximidad a los intereses estadounidenses y ii) sus estrechos vínculos con representantes del FIS (Frente de Salvación Islámico) disuelto. Docenas de referencias y una sección importante que contiene varios documentos relacionados con los hechos citados respaldan esta doble relación.

Debe entenderse que mi libro no pretende ser una acusación contra las personas, sino que presenta hechos relacionados con la multitud de medios utilizados por las organizaciones estadounidenses para preparar una orientación para los movimientos populares cuando se activan.

Quiero aclarar que no fueron estas organizaciones las que crearon el Hirak ni ninguna otra revuelta en la calle árabe. La protesta popular es causada por problemas reales en la sociedad, como la falta de democracia, la distribución desigual de la riqueza, la mala gestión, el desempleo endémico, la “hogra” (Desprecio y abuso de poder), el favoritismo, la corrupción, etc.

Por otro lado, tan pronto como la calle retumba y las manifestaciones cobran impulso, los grupos entrenados en "lucha no violenta" y en ciberactivismo suben al nicho para orientar ideológicamente la protesta con el apoyo de una exageración complaciente. Y ahí es cuando se implementan las agendas extranjeras.


3- ¿Cómo trabajaron las agencias extranjeras para infiltrarse en el Hirak argelino y cuáles son las similitudes que observas con el movimiento de protesta nacido en el Líbano en 2015 en respuesta a la crisis de los residuos?


En su plan para exportar la democracia, Estados Unidos divide el mundo en regiones. El que nos interesa en el contexto de esta discusión es la región MENA, que incluye una gran parte de los países árabes. En esta área geográfica, las ONG locales son financiadas y sus activistas entrenados por organizaciones que pertenecen a agencias de “exportación” de la democracia estadounidense. Además del NED y sus cuatro satélites, que son el Instituto Nacional Democrático (NDI), el Instituto Republicano Internacional (IRI), el Centro de Solidaridad y el Centro para la Empresa Privada Internacional (CIPE), este sistema incluye USAID, Freedom House, MEPI (Middle East Partnership Initiative), POMED (Proyecto sobre la democracia en Oriente Medio) y OSI (Open Society Institute) pertenecientes a las fundaciones de George Soros.

En Argelia, como en el Líbano (y en todos los demás países de la región MENA), muchas organizaciones no gubernamentales locales son financiadas por estas organizaciones, y especialmente por el NED. Para algunos observadores, sirven como un "caballo de Troya" que se puede activar a su debido tiempo.

Es importante saber que Líbano fue el primer país árabe en ser blanco del "poder blando" estadounidense, mucho antes de la "primavera" árabe. Ya en 2005, muchas ONG libanesas financiadas por algunas de estas organizaciones estaban muy involucradas en lo que se llamó "la revolución del cedro". Por otro lado, el papel de Freedom House se ha establecido claramente y algunas figuras del movimiento de protesta han estado en contacto con diplomáticos estadounidenses en Beirut. En el pastel, activistas serbios de Otpor, fundadores del Centro para la Acción y Estrategias Aplicadas No Violentas (CANVAS) estuvieron presentes en persona en Beirut para ofrecer capacitación en "lucha no violenta" a los manifestantes.

 

Para leer mi artículo sobre el Líbano

Líbano 2005-2015 : de una « revolución » de color a otra

14 de septiembre de 2015


Diez años después, durante la "crisis de la basura" de 2015, los activistas más destacados y publicitados fueron financiados y capacitados por estas organizaciones estadounidenses. Algunos de ellos fueron parte de lo que se ha llamado la "Liga Árabe de la Red". Es un grupo de ciberactivistas árabes de la región MENA que se han reunido en varios lugares para recibir capacitación en la gestión del ciberespacio, el anonimato en línea y las nuevas tecnologías. Algunos de estos entrenamientos incluso tuvieron lugar en Beirut, mucho antes de la "crisis de residuos". Tenga en cuenta que algunos activistas involucrados en la "crisis de la basura" habían fabricado sus armas en la "revolución del cedro", diez años antes.

Todos los "ingredientes" observados en el Líbano, a saber, las ONG financiadas por las organizaciones estadounidenses que "exportan" la democracia, la proximidad de ciertos activistas a la embajada estadounidense, la cobertura mediática de las figuras de protesta de los medios complacientes, El uso sobre el terreno de las técnicas de "lucha no violenta" popularizadas por los serbios de CANVAS, el uso efectivo de las nuevas tecnologías, están presentes en el Hirak argelino.

Además, es interesante observar, tanto en Líbano como en Argelia, la participación activa de ciertos tenores de la "revuelta" dentro de las organizaciones estadounidenses.

Tantas similitudes en ningún caso pueden ser el resultado del azar.


4- ¿Cuáles son las afirmaciones o acciones presentadas en el contexto del Hirak que lo alertaron sobre el deseo de ciertos actores exógenos de desestabilizar al estado argelino y sus instituciones?


En abril de 2019, unas semanas después del inicio de las protestas, publiqué un artículo detallado en el que analicé a fondo las técnicas utilizadas en el Hirak argelino. Mostré que muchas de estas técnicas siguieron el manual de CANVAS al pie de la letra donde se enumeran los 199 métodos de acción no violenta. Dominar estas técnicas solo podría ser el resultado de un entrenamiento previo.

 

Para leer mi artículo sobre la "primaverizacion" de Argelia

Ocho años después: La “primaverización” de Argelia

4 de abril de 2019


En el mismo período de tiempo, surgieron figuras del Hirak y comenzaron a recibir mucha atención de los medios. Y aunque el leitmotiv del levantamiento popular es el rechazo categórico a la estructura, los nombres han comenzado a circular, incluidos los propuestos por Lahouari Addi. Por otro lado, las demandas de Hirak experimentaron una alta inflación ya que los viernes se sucedieron el uno al otro, incluso después de que el presidente Bouteflika fue removido, que era el requisito inicial. Luego surgieron dos rutas: la ruta constitucional que conduce a las elecciones (defendida por la institución militar) y la ruta de la fase de transición solicitada por algunos de los manifestantes. Desde "Djeich Chaab Khawa Khawa" (Ejército Popular, hermano hermano), las consignas se endurecieron hasta "Dawla Madaniya, Machi 3askaria" (estado civil y no militar).

Después de las elecciones de diciembre de 2019, las posiciones se endurecieron y se volvieron irreconciliables. Pero lo que me llamó la atención fue el hecho de que las ONG financiadas por organizaciones estadounidenses que habían sido visibles en Hirak desde el principio, estaban haciendo campaña para la fase de transición. Además, los "tenores" de esta opción eran muy visibles en los medios extranjeros (especialmente en francés) y en el canal Al Magharibia (cercano al ex-FIS). Muy poco (si alguno) se le dio espacio a los partidarios de la ruta constitucional. Este doble rasero, contrario a todos los nobles principios transmitidos por el propio Hirak, fue sorprendente. El deseo de alimentar la confrontación con la institución militar y crear un clima de desestabilización era claramente palpable.


5- Usted menciona la necesidad de supervisar la financiación de ciertas ONG locales que están vinculadas a intereses extranjeros o de prohibir la financiación de agencias del gobierno estadounidense como es el caso en Rusia, por qué en un país como Argelia, cuyas constantes históricas sabemos (soberanía, independencia), ¿no se ha tenido en cuenta esta dimensión hasta ahora?


Unas semanas antes de la publicación de mi libro, había argumentado en un artículo que había hecho ruido, por un marco estricto, incluso una prohibición de financiación extranjera de ONG argelinas. Es inconcebible que los individuos u organizaciones reciban subsidios de un país extranjero con el propósito de desestabilización política o "cambio de régimen". El establecimiento de la democracia es ciertamente digno de elogio, pero no se hace con el apoyo y la asistencia de países extranjeros que trabajan a escondidas. La filantropía no existe en esta área. Todos los fondos son para un propósito político específico que sirve a los intereses del país donante en detrimento del país de quienes los reciben. La historia de las revoluciones de colores y, más recientemente, el de la catastrófica "primavera" árabe son ejemplos pedagógicos de los cuales es imprescindible aprender lecciones. Y lo sorprendente es que tales prácticas están prohibidas en los Estados Unidos.

Países como Rusia, Egipto, India, Venezuela (y muchos otros) han prohibido o impuesto controles estrictos sobre las actividades de estos organismos tóxicos que promueven la democracia.

 

Para leer mi artículo sobre las ONG

ONG: Organizaciones Non Grata

4 de junio de 2016

 

Con la publicación en Argel de mis libros "Arabesque américaine" en 2012 y "Arabesque$" en 2016, esperaba llamar la atención de las autoridades públicas sobre este problema, pero no se ha hecho nada en serio. Es por esta razón que solicité nuevamente un marco y un control de las actividades y la financiación de estas organizaciones que se extendieron por varios campos de la vida social en Argelia.


6- ¿Los intelectuales argelinos que apoyan incondicionalmente al Hirak y te acusan de conspiración, son ciegos a esta dimensión de interferencia extranjera? ¿O tienden a idealizar el Hirak al considerar que las interferencias no tienen influencia en la realidad? (O peor aún, como en Siria, ¿la interferencia extranjera parece ser una solución aceptable tan pronto como se deshaga de este régimen?)


Desde las revoluciones de color, esta cuestión de interferencia extranjera a menudo se ha abordado y se han dado diferentes respuestas.

La primera es decir que para deshacerse del poder en el lugar, la colaboración con una potencia extranjera es esencial, independientemente del precio que se pagará más adelante.

El segundo, imbuido de ingenuidad, es aceptar la interferencia extranjera y minimizar las consecuencias. Este es el caso, por ejemplo, del ciber activista tunecino Slim Amamou que reconoció la ayuda estadounidense, pero negó la interferencia: "No son ellos quienes deciden, son los tunecinos quienes deciden. Y simplemente eligen a quién apoyar”, dijo en una entrevista.

 

Para ver el video de Slim Amamou (en francés)

18 de junio de 2011

 

Finalmente, el tercero se debe a una falta de conocimiento (incluso ignorancia) del fenómeno de la interferencia extranjera porque es muy poco publicitado o incluso ignorado por los medios de comunicación. Sobre todo, porque el concepto ha sido usado en exceso en campañas de propaganda. Esta concepción, que a menudo va de la mano con una santificación de Hirak, instintivamente conduce a acusaciones de conspiranoicos y conspiración.

En todos estos casos, no tomar en serio la interferencia extranjera en tales movimientos populares de protesta puede conducir al caos, como se puede ver en los países "primaverales" de nuestra región, en particular Libia, Siria o el Yemen.

 

Ahmed Bensaada


 

 

primaverización

Par Islem B.

 

Un vieil adage nous rappelle une triste réalité aujourd’hui: « Il n’est pire sourd que celui qui ne veut pas entendre » ou « celui qui ne veut pas lire ». A l’évidence, c’est devenu une tâche herculéenne pour les « intellectuels » du Hirak que de tendre l’oreille, étant donné qu’ils n’ont cessé d’attaquer et de salir M. Bensaada depuis des semaines, lui faisant le mauvais procès de vouloir déstabiliser ce mouvement, alors qu’à la page 66 de son livre, il revendique clairement : « Le Hirak, qui a été un événement unique et grandiose dans l’histoire de l’Algérie, se doit d’être intrinsèquement algéro-algérien et de ne permettre aucune collusion avec des intérêts étrangers. »

N’est-ce pas ce qu’exigeait le Hirak au tout début ? Avec toutes ces pancartes qui honnissaient les pays étrangers connus pour leurs politiques d’ingérence et de récupération des mouvements, Ou bien était-ce juste un subterfuge ?

 


Cependant, au lieu de confronter les idées et les théories (Soft power, « regime change », la théorie du « chaos contrôlé » …) de « débattre » et de soulever les voiles de la « réalité ». On invite à l’autodafé, au lynchage. Quel signe de maturité intellectuelle !!!
Or, les sophistes de la « raison pure » du Hirak, devraient connaître ce concept un peu poussiéreux qu’on appelle « l’anti-impérialisme » qui est le cheval de bataille de M. Bensaada depuis plus de dix ans et cela ne date pas du 22 février.
Ainsi, tout porte à croire donc, que ce « coup de filet » du Hirak ou ce réseau bien structuré des happy few qui n’hésitent pas à prendre conseil une ou deux fois par an chez des « think tank » américains pour « l’exportation de la démocratie » est assurément salutaire pour la santé des peuples qui veulent prendre en main leurs destinées… Décidément, ils sont tellement humanistes ces oligarques américains qu’ils n’arrêtent pas depuis 20 ans de subventionner des opposants dans le monde arabe pour le bien de l’humanité, n’y voyez aucun « conflit d’intérêts » sinon vous êtes « complotistes » et surtout si vous trouvez de troublantes ressemblances entre les modes opératoires dans ce genre de mouvement: Égypte, Tunisie, Bahreïn, Yémen, Iran… ne vous inquiétez pas ce n’est que la fameuse « ruse de la Raison dans l’Histoire » de Hegel.

Nous serions tentés de poursuivre le questionnement, pourquoi donc un tel mouvement avec une jeunesse algérienne si dense, n’a pas engendré ni « nouvelle pensée politique » ni « partis politiques » ni « organisations » ni « leaders » ni même un vulgaire « Manifeste du 22 Février » durant les six premiers mois ? On a juste vu défiler les « mêmes » opposants d’il y a 10-20-30 ans… tandis qu’au même moment les « gilets jaunes » ont vu émerger des figures comme : « Éric Drouet », « Ingrid Levavasseur », « Juan Branco », « Maxime Nicolle », « Jacline Mouraud » … tous moins de 50 ans et sortis du bon vieux « peuple » et avec des « projets ». Donc, on l’a compris il est interdit de s’organiser et de « problématiser » tant que « Mouwatana » & Co. gèrent avec leurs petits compagnons la contestation. En un mot un beau « sabotage » des forces « réellement » vives.

Une « élite » sortie de nulle part…

En résumé, après la « pensée magique » de la « Révolution du sourire » sortie par certains médias (faites confiance à leur connaissance de la Philosophie et de l’Histoire), la « pensée unique » est maintenant bien installée avec cette « élite » sortie de nulle part qui ne procède d’aucune pensée ni philosophique ni politique, qui refuse tout dialogue ou débat, qui distribue les cartes des « journalistes du Hirak », qui insulte, vitupère et excommunie, Cette « élite » est prête pour l’Inquisition, il ne lui manque que le pouvoir, comme le disait Sonia Siam (psychiatre du Documentaire de Fr 5) : « Beaucoup sont tombés dans des travers qu’eux-mêmes dénoncent. »

En conclusion, je salue le courage de M. Bensaada qui a osé dès le début du mouvement faire sa lecture géopolitique, il me rappelle un « certain » Raymond Aron, au lendemain de Mai 68, face à des étudiants et à des philosophes déchaînés, qui a sorti « la Révolution introuvable » en parlant de « Carnaval » et de « Psychodrame » …

Le Hirak est-il prêt à écouter d’autres sons de cloches que le fameux “Yetna7aw Ga3” ?



Par Boualem Snaoui

 

C’est la période des soldes avant l’heure, les commerçants des « révolutions des arabes » ont sorti leurs invendus dans le « Hirak » par la buse de la presse populiste de caniveau, pour tenter de se refaire une santé idéologique sur le dos du peuple algérien. Le climat est pestiférant, je ne peux plus respirer, comme disait Georges Floyd, surtout après que des agents de l’administration judiciaire m’ont expliqué, en ce 3 décembre 2019, que j’étais sous le coup de la « justice du téléphone », avec le rejet de régularisation de la situation de mon fils adoptif, qui vient d’en haut. J’ai compris que le ciel colonial a encore frappé un petit garçon, mon petit garçon: la double peine. Suis-je l’Arche de Zoé, à moi tout seul ?

https://www.leparisien.fr/culture-loisirs/dans-le-retro-le-fiasco-humanitaire-de-l-arche-de-zoe-18-01-2016-5461703.php

Ne pouvant supporter le confinement politique, imposé par les forces de neutralisation du débat contradictoire, positionnées, y compris, à gauche, j’ai décidé de braver « l’interdit démocratique » qui frappe ma famille et moi-même. L’appel profond des braves à « la résistance » a été lancé, par-delà la Méditerranée, et se soustraire constitue une complicité avérée avec des crimes annoncés avant l’heure.

Le parti politique « Rachad », dirigé par notre prix Nobel, Mourad Dhina, carburant d’Eric Zemmour, vient de lancer, le 20juin 2020, une « fatwa nucléaire » contre Madame Aklouch Samia, une femme, magistrate au tribunal de Cherraga. Ce parti vient donc d’inaugurer la seconde vague démocratique et pacifique, après celle des années de plomb (1990), de l’extermination des cadres et des intellectuels algériens. Ils lancent une recherche de la photo de Madame Aklouch Samia, peut-être pour l’inscrire d’office dans leur agence matrimoniale.

https://www.facebook.com/rachad.algeria/photos/a.402171263150725/3455364101164744/?type=3&theater

 

 

Traduction: Aklouch Samia, Juge aux ordres de la bande (maffieuse), Tribunal de Cheraga

Avez-vous sa photo?

 


Les géniteurs de la théorie du « qui tue qui ? » viennent de subir un démenti franc, clair et limpide, de la part de leurs protégés. Les défenseurs des « Droits de l’Homme » et de l’égalité « Homme- Femme », qui leur prêtaient main forte dans le passé, y compris récent, notre savant déclaré « grand » à Lyon, autour de la fumeuse théorie de « la régression féconde », en ont eu pour leur compte. Ces activistes qui se présentaient sous une burka « pacifiste », viennent de se dévoiler, et d’étaler leur vrai visage. Il faut dire qu’ils ont été un peu obligés de se présenter en arborant un sourire démocratique : c’était juste pour la photo de famille. Le syndicat des magistrats s’est-il lui aussi déclaré aux abonnés absents ?

Chassez le naturel, il revient au galop. Ils ont fait des progrès ces soldats de l’organe colonial, ils ne font plus circuler les noms des victimes sous le manteau, comme à l’époque, ils les exposent publiquement et en toute impunité, sur les réseaux sociaux qui leurs sont ouverts sans censure. L’appel au lynchage et à la lapidation publique serait démocratique, et la recherche de la photo de cette honorable dame, est certainement destinée à l’inscrire d’office dans une agence matrimoniale.

Voilà un peu à quoi ils veulent faire ressembler « leur nouvelle Algérie ».

Qui peut imaginer, un seul instant, que l’on lance ce type de « fatwa » contre des femmes en France ou en Belgique, en Europe? Les multinationales des « Droits de l’Homme », les partis et les associations politiques, n’ont rien vu. Ils ont baissé le rideau, ils détournent le regard, ces organismes reviendront pour les séances de distribution de bananes dans les rues d’Alger, et signeront les appels à rassemblement sur les places parisiennes avec toute la galaxie d’extrême droite algérienne. Cela ne grandit pas ces organisations politiques et associatives, qui se précipitent à chaque fois pour signer des textes politisés, dès l’annonce de l’abattage de l’« Algérie ». Ils veulent à tout prix atteler cette terre libérée du joug du colon par des révolutionnaires, des vrais, à la charrue du « printemps des arabes » qui fait « jubiler » les civilisateurs. Ils vont certainement venir à l’aide de ces groupes

Une autre victime de « la régression féconde », Karim Chikh, l’éditeur du livre du docteur Ahmed Bensaada « Qui sont les ténors autoproclamés du Hirak algérien? », vient d’être victime d’une lâche agression à son domicile. Il ne doit la vie sauve qu’à l’intervention de ses voisins. Je n’ai pas vu passer de réactions des soldats de la société dite « civile ». Ils sont peut-être occupés à préparer les tracts, fabriqués par les laboratoires démocratiques, pour les prochaines déambulations. Ils viennent de signer leur « indignation sélective » dans le système, le vrai, qu’ils veulent injecter au peuple algérien, sans témoins.

La chasse est ouverte, ces battues organisées contre la matière grise et contre la femme algérienne font bien partie du projet de « système » de ces apprentis sorciers, commercialisés au nom des « Droits de l’Homme ».

Il faut dire que le docteur Ahmed Bensaada, d’une précision chirurgicale, a opéré un vrai nettoyage au « karcher de Starkozy » du « printemps des arabes » en Algérie. Un travail d’assainissement qui a fait sortir de leurs trous y compris les arthropodes qui se meuvent, à visage caché dans les interstices de la colère populaire. Les dictateurs, déguisés en démocrates, dont le plan est de nous greffer définitivement des muselières décorées de slogans creux, ont été aussi dégommés par ce tir de laser, à ne pas confondre avec le coup du laser. Elle est belle leur démocratie, celle qui laboure le terrain aux guerres, où les marchands de morts se font de l’or.

Les commanditaires et leurs agents, logés dans les palaces de décideurs, à l’abri des tempêtes, déclarent qu’ils n’ont pas accédé aux preuves irréfutables, exposées par l’expert de notre monde des « manipulations géostratégiques », fabriquées par les organismes spécialisés dans l’exportation de la démocratie, mais ils ont quand même un avis (de type indigène ?) à faire entendre. Comprendre « ils n’ont pas lu l’ouvrage, mais ils s’invitent pour assurer le service après-vente avant l’heure de la stratégie du « qui tue qui ? ».

En plus des vendeurs à la sauvette de slogans élaborés dans les laboratoires des multinationales des « Droits de l’Homme », on vient de croiser les grossistes de produits de manipulations périmés. J’ai rencontré un neurone sortit de son hibernation, pour venir distribuer des cartes professionnelles de « documentaliste du Net », « inquisiteur », « inconsistance des analyses », « crédibilité éthique et intellectuelle ». Pour son deuxième bavardage de l’année 2020, ce héros du « hirak » des « bananistes » avoue lui aussi, qu’il n’a pas lu, l’œuvre d’assainissement de la vie publique en Algérie, mais a un avis (une idée, ce n’est pas le mot…) qu’il nous déroule au moyen d’une encre empruntée à l’école des reptiles. Dès les premières lignes de son bavardage, il plante le décor:

« Ahmed Bensaada ne donne pas les meilleures garanties de crédibilité éthique et intellectuelle » …

Il oublie, juste, de nous exposer ses propres garanties. Il aurait mieux fait de poursuivre son hibernation littéraire, cela aurait été meilleur pour tout le monde. C’est sans doute un neurone atteint d’une crampe, qui pour sa santé mentale devrait, de toute urgence, consulter un sorcier. C’est dans l’intérêt public.

Un autre neurone « constructeur » s’est pointé pour élever le débat au rang de « la misère intellectuelle ». A croire que cet architecte idéologique veut nous fourguer ses maisons préfabriquées pour des demeures construites hors normes « antisismiques ». Il veut nous convaincre que l’Algérie est une planète à part, et que l’encerclement militaire du Nord au Sud, d’Est en Ouest, n’est qu’une vue de l’esprit. Les exercices militaires de haute intensité qui se déroulent, autour de l’Algérie, en Méditerranée et au Sahel sont juste des campagnes de jardinages pour planter des roses de la paix. La récupération insidieuse de l’histoire des héros de la guerre d’Algérie, et de la libération nationale, dans ce qu’on peut appeler sans hésitation « des déambulations », n’est qu’une mauvaise interprétation des slogans préparés dans « les laboratoires du chaos ».

Rassemblés, ces deux neurones semblent conseiller à Ahmed Bensaada de participer au commerce idéologique de « la stratégie du choc » brillamment décrite par Noami Klein. Il sait ce qu’il lui reste, le docteur Bensaada, s’il veut échapper à leurs plumes bourrées d’encre de la haine et être du bon côté du manche : diffuser leurs tracts subversifs dans ses prochains ouvrages.

Un expert, encore un, un vrai spéléologue consacré aux énergies fossiles, est apparu lors de l’inauguration estivales (20 juin est la journée de l’été) des bavardages de comptoirs, pour nourrir le journal d’El Watan. Il aurait bien fait d’attendre une semaine, pas plus, pour découvrir que la véritable guerre mondiale se passe en Algérie. En attendant, il aurait pu se rendre utile, en fouillant les archives de ce même canard en date du 23 octobre 2013, et trouver peut-être la liste de ces démocrates - Algériens recrutés et formés à New York et Washington dans le cadre du programme Leaders for Democracy Fellowship. C’est un journal d’informations ou de formations ?

Pour revenir aux Pokémons de la politique, et à leurs appels, sans succès, à la désobéissance civile, à la grève générale, au blocage du pays, au boycott de l’Etat, à la casse des bureaux de vote, aux menaces et à l’agression des citoyens, à porter le drapeau de Jacques Benêt, et même à bruler nos quartiers et nos maisons, le livre de Ahmed Bensaada les met à nu. Une vraie panique s’est emparée du paquebot des « complotistes », qui veulent à tout prix canaliser la colère du peuple algérien. Beaucoup de personnages sortis directement des studios « Walt Disney » qui animent la toile, les radios de la pandémie du « Corona Virus » et les écrans de chaînes Low Cost (à l’image de leur politique), réagissent avant même d’être touchés par le biocide du docteur Ahmed Bensaada. Ils sont sortis de leur tanière pour ne pas perdre leurs business de « révolutionnaires ».

Un des gros poissons pêchés Ahmed Bensaada, est un animateur des banquets de la NED et d’organismes exportateurs de la démocratie. Lahouari Addi, pris la main dans le sac, comme un vendeur à la sauvette de slogans « prêt à porter », s’est fait introniser comme entomologiste qualifiant Ahmed Bensaada de « doubab » - mouche. Je tairai le reste de son « vocabulaire d’académicien » qui nous donne une idée sur les échanges pédagogiques qu’il doit avoir avec ses étudiants à l’IEP de Lyon. Il menace de déposer plainte contre l’auteur du livre, et son éditeur, sans nous préciser l’objet de sa plainte. Peut-être pour un « délit d’opinion démocratique » non conforme aux prescriptions des employeurs.

Cet expert des plateaux de télévision et du « printemps des arabes » des exportateurs de la démocratie, déploie une énergie folle pour tenter d’échapper au piège de la vérité et des preuves écrites noir sur blanc par l’auteur de « Qui sont ces ténors auto-proclamés du Hirak? ». Il pratique à la perfection la politique du « courage fuyons ».

Le peuple algérien ne lui a jamais demandé de traverser l’océan atlantique pour participer à des banquets d’exportation de la démocratie, mais juste de traverser la rue, à Lyon (que notre commandeur Macron me pardonne pour l’emprunt de son expression), pour écrire l’histoire de ces algériens condamnés à mort et guillotinés à la prison de Montluc.

Il a de la chance Lahouari Addi, ce connaisseur du « b.a.ba de la science politique », il détient certainement la formule magique du « printemps des arabes » qui ne franchit jamais les monarchies, et qui est cantonné aux Républiques. Cela me rappelle la campagne d’information menée par les médias proclamés « grands », sur le nuage nucléaire de Tchernobyl, qui s’arrêta soudainement aux frontières françaises. C’est peut-être notre « nucléaire en chef », Mourad Dhina qui l’a inspiré.

Les « reptiles » de la politique, qui proclament haut et fort sur les ondes maléfiques du colon, que les destructions des peuples sont des actes de libération, de démocratie et de liberté, vont perdre leur business et n’avoueront jamais que sous d’autres cieux, Ahmed Bensaada, aurait été élevé et décoré avec les honneurs.

Notre commandeur, Emanuel Macron, avec qui je ne partage aucune des orientations politiques, économiques et sociales, a eu le courage de dire, mais pas encore de tout faire sur les « crimes coloniaux ». Il pourra peut-être inscrire son nom dans l’histoire de la réconciliation des peuples de France et d’Algérie, en répondant favorablement à « l’opinion de la majorité des Français ». Cela nous grandira, cela le grandira, et permettra sans aucun doute de dépoussiérer la place « des imposteurs de Roland Gori ».

Solidarité avec Madame Aklouch Samia,

Solidarité avec l’éditeur, Karim Chikh, l’éditeur du livre du docteur Ahmed Bensaada.

 


Notes

 

https://www.leparisien.fr/culture-loisirs/dans-le-retro-le-fiasco-humanitaire-de-l-arche-de-zoe-18-01-2016-5461703.php

https://www.facebook.com/rachad.algeria/photos/a.402171263150725/3455364101164744/?type=3&theater

https://www.youtube.com/watch?v=5mEpedUd9QM

https://frontieresblog.wordpress.com/2020/06/26/la-veritable-guerre-mondiale-est-en-algerie/

http://le-blog-sam-la-touch.over-blog.com/2015/11/lorsque-le-quotidien-algerien-el-watan-relayait-le-grand-satan-americain-mondafrique.html

https://www.algerie360.com/sondage-ifop-sur-la-colonisation-52-des-francais-sont-daccord-avec-macron/

https://www.youtube.com/watch?v=2FEtiA18lZU&feature=youtu.be

 


 

Journaliste : Lina Kennouche

 


1- Votre dernier ouvrage a suscité de vives critiques dans une certaine presse algérienne, des publications vous accusent à tort de chercher à décrédibiliser le Hirak qui serait instrumentalisé depuis l'étranger ou du moins d'en avoir une vision fortement réductrice. D'autres vous soupçonnent d'occulter certains faits, notamment lorsque vous mettez en lumière les relations entretenues par certaines figures comme l’ex membre du FIS Larbi Zitout et des officines étrangères sans revenir sur son passé d'ancien membre des services renseignements algériens » et questionnent donc la finalité de votre livre. On l'aura compris ces critiques portent peu sur le contenu de votre travail d'enquête et prennent la forme d'attaques personnelles et de procès d'intentions. Comment expliquez-vous cette levée de bouclier et de quoi ces réactions sont-elles l'indicateur ?(Autrement-dit est-ce que face à la ténacité des faits qui attestent du soutien apporté à certains personnalités par des ONG américaines, on cherche à minimiser cette réalité pourtant lourde de conséquences ? À réorienter le débat sur un autre terrain ? Quelle est la fonction aujourd'hui de ces attaques dont votre travail est l’objet?)


À l’écriture de mon livre, j’étais certain qu’il allait susciter une levée de boucliers. En effet, le Hirak a été considéré, depuis sa naissance, comme un objet sacré et tout embryon de critique est immédiatement considéré comme une hérésie. Preuve en est que la plupart de mes premiers détracteurs reconnaissaient ne pas avoir lu mon livre. Hier encore, un interminable texte à charge contre moi (et non contre mon livre) a été publié sur un blog et son auteur a admis (sic), dans son préambule, ne pas avoir lu l’ouvrage qu’il prétendait critiquer.

J’ai connu ce type de réaction en 2011, à la sortie de mon livre « Arabesque américaine » sur le « printemps » arabe. Je me suis rendu compte, en fait, que le romantisme « révolutionnaire » était plus fortement ancré chez les gens que le raisonnement factuel. Cela a pris des années pour que les gens adhèrent à ma vision malgré les preuves avancées dans mes écrits. Mais, entretemps, des pays comme la Syrie, la Libye ou le Yémen ont été détruits et on attend toujours que la démocratie s’installe dans notre région.

Ce qui est inquiétant dans le cas de l’Algérie, c’est que des intellectuels algériens qui avaient applaudi et encensé mon livre « Arabesques$ » (édité en 2015 à Bruxelles et en 2016 à Alger) m’ont totalement désavoué lorsque j’ai commencé à analyser le Hirak algérien avec une approche similaire à celle adoptée pour les pays de la région MENA (Middle East and North Africa). Pour ces personnes, l’Algérie est un pays à part et le Hirak est un phénomène intouchable et non critiquable. Cette combinaison de divinisation du Hirak et de naïveté d’analyse est très surprenante lorsqu’elle émane de personnes censées avoir suivi les soubresauts sanglants et dramatiques de notre zone d’appartenance géostratégique.

Pour d’autres, l’explication est plus simple. Il s’agit de défendre leurs positions et leurs intérêts (et bien sûr de ceux de leurs commanditaires) dans la situation trouble que vit actuellement l’Algérie. Il est quand même étonnant de voir que les ONG algériennes qui reçoivent du financement de la National Endowment for Democracy (NED) et qui participent au Hirak soient toutes coalisées autour de la même vision, celle de la confrontation avec les fondements de l’État-nation. Rappelons que la NED est une des principales organisations d’un dispositif américain d’« exportation » de la démocratie dont le rôle a été très important dans les révolutions colorées et le « printemps » arabe, sans oublier l’Euromaïdan (Ukraine), les émeutes de Hong Kong et bien d’autres mouvements de contestation populaire à travers le monde.

 

Pour lire mon article sur l’Euromaïdan (Ukraine)

Ukraine: autopsie d’un coup d’état

3 mars 2014

 

Pour lire mon article sur Hong Kong

Hong Kong : un virus sous le parapluie

12 octobre 2014


Précisons ici que la NED n’est pas le seul organisme impliqué en Algérie, mais en est certainement le plus emblématique.

Alors que j’avais pensé que mon livre allait être une occasion pour ouvrir un débat sérieux sur le Hirak et ses différentes composantes, les attaques ad personam ont fusé, parasitant et paralysant toute initiative dans ce sens. Une technique vieille comme le monde : jeter le discrédit sur l’auteur pour le disqualifier et tuer dans l’œuf toute discussion. Mais le peuple n’est pas dupe et le débat a fait rage sur les réseaux sociaux.

Tout le vacarme qui a accompagné la sortie de mon livre a cependant révélé une inquiétante réalité: l’énorme indigence du système médiatique algérien. Ce dernier s’est distingué par un manque de professionnalisme et une absence d’éthique inacceptables, surtout dans cette période cruciale que vit notre pays. Du côté de la presse écrite, seuls deux journaux, « L’Expression » et « Reporters », ont pris la peine de lire mon livre et de proposer à leurs lecteurs des recensions honnêtes ou des entrevues avec certains protagonistes du livre.

Le journal « El Watan », fidèle à ses idées otanesques de printanisation de l’Algérie a commandité pas moins de cinq (5) articles que pour parler de ma position « pro-pouvoir » et « anti-Hirak » en réussissant le tour de force de ne jamais parler de mon livre.

Calomniez, calomniez, il en restera toujours quelque chose.

Pour tous les autres journaux, c’est silence radio, comme si mon livre n’avait jamais existé. Ne pas se mouiller, c’est aussi une stratégie gagnante quand on veut manger à tous les râteliers.

Quant aux médias audiovisuels, mis à part deux émissions radio dans des chaînes étatiques, je n’ai reçu aucune autre invitation. Aucune autre radio ni aucune télévision n’a osé ouvrir le débat sur le sujet proposé par mon livre, faisant fi de toute l’agitation qui a secoué (et qui secoue encore) le cyberespace.

Ce faisant, le comportement du système médiatique algérien est complètement dépassé par les évènements et en parfaite contradiction avec les aspirations d’une Algérie nouvelle qui exige intégrité, transparence et déontologie.

Ainsi, en ignorant mon livre ou en disqualifiant son auteur, on cherche à fuir le débat de fond qui consiste à identifier les interventions étrangères dans la scène politique algérienne et à les éradiquer. Car seul un le Hirak intrinsèquement algéro-algérien est salutaire pour notre pays.


2- L'idée de ce livre, qui s'inscrit dans la continuité de vos enquêtes précédentes, est née en réaction à une déclaration de Lahouari Addi qui moins d'un mois après le début du Hirak a appelé à la démission du président de la République et la nomination d’une instance de transition au sein de laquelle serait représenté Mustapha Bouchachi, Zoubida Assoul et Karim Tabbou. Selon vous qu'est ce qui explique le choix de ces trois personnes au sein d’un Hirak qui n’avait pas de leaders, quels liens entretiennent-elles avec Addi ? Est-ce que cet appel répondait aux priorités d’un agenda étranger?


Mon livre s’inscrit effectivement dans un travail de recherche que je mène depuis plusieurs années pour comprendre le rôle des différents organismes américains d’« exportation » de la démocratie ainsi que leur modus operandi dans les « regime change » en utilisant le « soft power ».

Mais l’idée précise de ce livre est née d’une déclaration du sociologue Lahouari Addi qu’il a énoncée ainsi, moins d’un mois après le début du Hirak:

« Mustapha Bouchachi, Zoubida Assoul et Karim Tabbou devraient être sollicités pour exercer les prérogatives d’une présidence collégiale qui nommera un gouvernement provisoire qui gérera les affaires courantes et préparera les élections présidentielle et législative dans un délai de 6 à 12 mois. »

J’ai trouvé étrange que pour un mouvement qu’on prétend sans leader, un triumvirat soit proposé aussi rapidement. Sur quels critères ces personnes ont-elles été choisies? Des sondages d’opinion ont-ils été organisés? Ces personnes se connaissaient-elles avant le Hirak? De quelle prérogative a usé M. Addi pour mettre en avant certains noms et pas d’autres?

Autre signe notable : l’omniprésence des personnes citées dans certains médias (algériens, islamistes ou occidentaux) prônant ouvertement la proposition du sociologue et ne donnant aucun espace pour les opinions opposées.

Tout en évitant sciemment de traiter du cas de M. Tabbou ― étant donné qu’il est actuellement emprisonné et en attente d’un procès ―, j’ai essayé de trouver des dénominateurs communs susceptibles de relier ces personnes. J’en ai décelé deux : i) leur proximité avec des intérêts étasuniens et ii) leurs liens étroits avec des représentants du FIS (Front Islamique du Salut) dissous. Des dizaines de références ainsi qu’une importante section contenant divers documents relatifs au faits cités appuient cette double relation.

Il faut comprendre que mon livre n’est nullement conçu comme un réquisitoire contre des personnes mais présente des faits relatifs à la foultitude de moyens utilisés par les organismes étasuniens afin de préparer une orientation des mouvements populaires lorsqu’ils se déclenchent.

Je tiens à préciser que ce ne sont pas ces organismes qui ont créé le Hirak ou toute autre révolte de la rue arabe. La contestation populaire est causée par de véritables problèmes de société comme le déficit de démocratie, la répartition non équitable des richesses, la mauvaise gestion, le chômage endémique, la hogra, le favoritisme, la corruption, etc.

Par contre, dès que la rue gronde et que les manifestations prennent de l’ampleur, les groupes formés à la « lutte non violente » et au cyberactivisme montent au créneau pour orienter idéologiquement la contestation avec l’appui d’un fort battage médiatique complaisant. Et c’est à ce moment que les agendas étrangers sont déployés.


3- Comment les officines étrangères ont-elles travaillé pour infiltrer le Hirak algérien et quelles sont les similitudes que vous observez avec le mouvement de contestation né au Liban en 2015 en réaction à la crise des déchets ?


Dans leur plan d’exportation de la démocratie, les États-Unis divisent le monde en régions. Celle qui nous intéresse dans le cadre de cette discussion est la région MENA qui englobe une très grande partie des pays arabes. Dans cette zone géographique, des ONG locales sont financées et leurs activistes formés par des organismes appartenant à un dispositif américain d’« exportation » de la démocratie. Outre la NED et ses quatre satellites qui sont le NDI (National Democratic Institute), l’IRI (International Republican Institute), le Solidarity Center et le CIPE (Center for International Private Enterprise), ce dispositif regroupe l’USAID, Freedom House, le MEPI (Middle East Partnership Initiative), POMED (Project on Middle East Democracy) et l’OSI (Open Society Institute) appartenant aux fondations de George Soros.

En Algérie, comme au Liban (et tous les autres pays de la région MENA), de nombreuses ONG locales sont financées par ces organismes, et tout particulièrement la NED. Pour certains observateurs, elles servent de « cheval de Troie » qu’il est possible d’activer au temps opportun.

Il est important de savoir que le Liban a été le premier pays arabe à être ciblé par le « soft power » américain, bien avant le « printemps » arabe. Déjà, en 2005, de nombreuses ONG libanaises financées par quelques-uns de ces organismes ont été très impliquées dans ce qui a été nommé « la révolution du Cèdre ». D’autre part, le rôle de Freedom House a été clairement établi et quelques figures du mouvement de contestation ont été en contact avec les diplomates américains à Beyrouth. Cerise sur le gâteau, les activistes serbes d’Otpor, fondateurs du centre CANVAS (Center for Applied Non Violent Action and Strategies) étaient présents en personne à Beyrouth pour offrir des formations à la « lutte non violente » aux manifestants.

 

Pour lire mon article sur le Liban

Liban 2005-2015 : d’une « révolution » colorée à l'autre

14 septembre 2015


Dix ans plus tard, lors de « la crise des déchets » de 2015, les activistes les plus en vue et les plus médiatisés étaient tous financés et formés par ces organismes américains. Certains d’entre eux faisaient partie de ce qu’on a appelé la « ligue arabe du Net ». Il s’agit d’un groupe de cyberactivistes arabes de la région MENA qui ont été regroupé dans des différents meetings pour y recevoir des formations relatives à la maîtrise du cyberespace, de l’anonymat en ligne et des nouvelles technologies. Quelques-unes de ces formations ont même eu lieu à Beyrouth, bien avant la « crise des déchets ». À noter que quelques activistes impliqués dans la « crise des ordures » avaient fait leurs armes dans la « révolution du cèdre », dix ans plus tôt.

Tous les « ingrédients » observés au Liban, à savoir des ONG financées par les organismes américains d’«exportation » de la démocratie, la proximité de certains activistes avec l’ambassade américaine, la surmédiatisation des figures de la contestation par des médias complaisants, l’utilisation sur le terrain des techniques de la « lutte non violente » vulgarisées par les Serbes de CANVAS, l’usage efficace des nouvelles technologies, sont présents dans le Hirak algérien.

En plus, il est intéressant de noter, aussi bien au Liban qu’en Algérie, une implication active de certains ténors de la « révolte » au sein même des organismes américains.

Autant de similitudes ne peut être, en aucun cas, le fruit du hasard.


4- Quelles sont les revendications ou actions mises en avant dans le cadre du Hirak qui vous ont alerté sur la volonté de certains acteurs exogènes de déstabiliser l'Etat algérien et ses institutions?


Au mois d’avril 2019, soit quelques semaines après le début des manifestations, j’ai publié un article fouillé dans lequel j’ai minutieusement analysé les techniques utilisées dans le Hirak algérien. J’y ai montré que nombre de ces techniques suivaient à la lettre le manuel de CANVAS où sont recensées les 199 méthodes d’actions non violentes. La maîtrise de ces techniques ne pouvait être que le résultat de formations préalables.

 

Pour lire mon article sur la "printanisation" de l'Algérie

Huit ans après : la « printanisation » de l’Algérie

4 avril 2019


Dans ce même laps de temps, des figures émergèrent du Hirak et ont commencé à être très médiatisées. Et bien que le leitmotiv du soulèvement populaire soit le refus catégorique de structuration, des noms ont commencé à circuler, dont ceux proposés par Lahouari Addi. D’autre part, les demandes du Hirak ont connu une forte inflation à mesure que les vendredis se succédaient, même après l’écartement du président Bouteflika, qui était l’exigence initiale. Deux voies se sont alors dessinées : la voie constitutionnelle menant à des élections (prônée par l’institution militaire) et la voie de la phase transitoire demandée par une partie des manifestants. De « Djeich Chaab Khawa Khawa » (Armée peuple, frère frère), les slogans se sont durcis jusqu’à « Dawla Madaniya, Machi 3askaria » (État civil et non militaire).

Après les élections de décembre 2019, les positions se sont durcies et sont devenues inconciliables. Mais ce qui a attiré mon attention, c’est le fait que les ONG financées par les organismes américains qui étaient visibles dans le Hirak depuis de début, militaient toutes pour la phase transitoire. De plus, les « ténors » de cette option étaient très visibles dans les médias étrangers (surtout français) et la chaîne Al Magharibia (proche de l’ex-FIS). Très peu de place (voire aucune) n’était accordée aux partisans de la voie constitutionnelle. Ce double standard, contraire à tous les nobles principes véhiculés par le Hirak lui-même, était surprenant. Une volonté d’alimenter la confrontation avec l’institution militaire et de créer un climat de déstabilisation était clairement palpable.


5- Vous évoquez la nécessité d’encadrer les financements de certaines ONG locales qui ont partie liée à des intérêts étrangers ou d’interdire le financement en provenance d’agences gouvernementales américaines comme c'est le cas en Russie, pourquoi dans un pays comme l'Algérie dont on connaît les constantes historiques (souveraineté, indépendance), cette dimension n'a pas été prise en compte jusque-là ?


Quelques semaines avant la parution de mon livre, j’avais plaidé dans un article qui avait fait du bruit, pour un encadrement strict, voire une interdiction du financement étranger des ONG algériennes. Il est inconcevable que des individus ou des organismes reçoivent des subventions d’un pays étranger dans un but de déstabilisation politique ou de « regime change ». L’instauration de la démocratie est certes louable, mais elle ne se fait pas avec l’appui et l’assistance de pays étrangers qui travaillent en catimini. La philanthropie n’existe pas dans ce domaine. Tout financement se fait dans un but politique précis qui sert les intérêts du pays donateur au détriment du pays de ceux qui le reçoivent. L’histoire des révolutions colorées et, plus récemment, celle du catastrophique « printemps » arabe sont des exemples pédagogiques dont il faut impérativement tirer des leçons. Et ce qui est étonnant, c’est que de telles pratiques sont interdites sur le sol des États-Unis.

Des pays comme la Russie, l’Égypte, l’Inde, le Venezuela (et bien d’autres) ont interdit ou imposé un contrôle strict des activités de ces organismes toxiques de promotion de la démocratie.

 

Pour lire mon article sur les ONG

ONG : Organisations Non Grata

4 juin 2016


Avec la publication à Alger de mes livres « Arabesque américaine » en 2012 et « Arabesque$ » en 2016, j’avais espéré attirer l’attention des pouvoirs publics sur cette problématique, mais rien n’a été sérieusement fait. C’est pour cette raison que j’ai plaidé de nouveau pour un encadrement et un contrôle des activités et des financements de ces organismes qui se sont faufilés dans différents domaines de la vie sociale en Algérie.

 

6- Est-ce que les intellectuels algériens qui soutiennent inconditionnellement le Hirak et vous accusent de complotisme, sont aveugles à cette dimension des ingérences étrangères ? ou est-ce qu’ils ont tendance à idéaliser le Hirak en considérant que les ingérences n'ont aucune prise sur la réalité ? (Ou pire encore, comme en Syrie, l'ingérence étrangère apparaitrait elle comme une solution acceptable dès lors qu'elle permettrait de se débarrasser de ce régime ?)


Depuis les révolutions colorées, cette question de l’ingérence étrangère a souvent été abordée et différentes réponses ont été données.

La première est de dire que pour se débarrasser du pouvoir en place, la collaboration avec une puissance étrangère est indispensable et ce, quel que soit le prix à payer par la suite.

La seconde, empreinte de naïveté, est d’accepter l’ingérence étrangère et d’en minimiser les conséquences. C’est le cas, par exemple, du cyberactiviste tunisien Slim Amamou qui a reconnu l’aide américaine mais nie l’ingérence : « Ce ne sont pas eux qui décident, c’est le peuple tunisien qui décide. Et eux, ils choisissent juste qui soutenir », a-t-il déclaré dans une interview.

 

Pour visionner la vidéo de Slim Amamou

18 juin 2011


Enfin, la troisième relève d’une méconnaissance (voire ignorance) du phénomène d’ingérence étrangère car il est très peu médiatisé, ou même passé sous silence par les médias mainstream. D’autant plus que le concept a été galvaudé par sa surutilisation dans des campagnes de propagande. Cette conception, qui va souvent de pair avec une sanctification du Hirak, mène instinctivement à des accusations de complotisme et de conspirationnisme.

Dans tous ces cas, ne pas prendre au sérieux l’ingérence étrangère dans de tels mouvements populaires de contestation peut mener au chaos, comme on peut le voir dans les pays « printanisés » de notre région, en particulier la Libye, la Syrie ou le Yémen.


 

 

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